domenica 19 marzo 2017

Il tema di una prossima puntata



Ieri sera andava in televisione un’altra puntata di teatro beckettiano, stavolta sul tema: “lavorare gratis, lavorare tutti”. Dei quattro ospiti della signora Gruber, quello astemio sembrava essere “l’economista in collegamento da Milano”. Invece il sociologo presente in studio, probabilmente con un bottiglione di lambrusco sotto il tavolo, proponeva la cessione di quattro ore di lavoro settimanali (a parità di salario?) a chi non ha lavoro. In tal modo, sosteneva, si possono creare milioni di posti di lavoro aggiuntivi. Ecco di che cosa si nutrono le chiacchiere dei ciarlatani borghesi, invece di chiedersi: come è avvenuta la riduzione della giornata lavorativa da 12 a 10 ore e poi alle attuali otto?  E perché da quasi un secolo, nonostante l’enorme aumento della produttività, la giornata lavorativa normale è inchiodata sulle otto ore?

Tutta questa gente è abituata a vedere il capitalismo con gli occhiali della propria classe di riferimento, e perciò si potrebbe chiedere loro: sì, la tecnologia è una gran bella cosa, ma per quale motivo i padroni tendono a sostituire lavoro vivo con lavoro morto, e dunque perché tendono a modificare incessantemente la composizione tecnica del capitale per risparmiare lavoro? Qual è la differenza, tanto per citare, tra composizione tecnica del capitale e composizione di valore? Tra lavoro produttivo e improduttivo, tra plusvalore assoluto e quello relativo (si tratta di categorie economiche reali, non immaginarie e ideologiche), tra plusvalore e profitto (non sono la stessa cosa, asini), perché la categoria del saggio del profitto svolge un ruolo fondamentale nell’economia politica? Dopo aver risposto esattamente a queste domande, allora si potrà passare alla questione dei rapporti di forza tra le parti, cioè tra lavoro e capitale.

Il tema di una prossima puntata potrebbe pertanto essere questo: “Perché gente inutile come noi potrebbe cedere ad altri tutte le sue ore settimanali di chiacchiere (e relativo compenso) senza che nessuno avesse nulla da ridire (tranne i diretti interessati, ovviamente) e invece, nel caso degli operai, anche la riduzione di un’ora sola di lavoro produce tante resistenze dal lato dei padroni e tante stronzate da parte dei suoi lacchè”? Titolo un po’ lungo, ammetto, ma esaustivo. Pubblicità.

2 commenti:

  1. > abituata a vedere il capitalismo con gli occhiali della propria classe di riferimento

    E' del tutto ovvio che ciascuna persona osservi la società dal punto di vista dei propri interessi. Eccezioni a parte (persone con tensioni morali extra-ordinarie oppure con problemi mentali) una persona sana e ragionevole fa i propri interessi.
    La realtà dimostra che la più grande tensione del "proletariato" è quella di divenire borghesia e che lo sfruttamento occulto, travisato, da parte dei neosoviet, delle castalie progressiste, transnazionali, ultracapitaliste che ha sostituito, de-facto, quello "tradizionale" del clero, della borghesia "locali", nazionali, che Lenin, allegoricamente e realmente, scacciò, in alcune parti del mondo, a colpi di ramazza.

    Purtroppo questo non coincide con una visione ideologica "ugualista" che riduce le persone a classi e a masse indistinte, ugualizzate, omogeneizzate, numerificate.
    L'esperienza reale e storica delle distopie del marxismo e comunismo reali, sono state significative sul grado di alienazione raggiunto e raggiungibili.

    Direi questo punto è paradigmatico sullo scollamento "religioso", settario dell'oppio marxista dalla realtà.

    Semplicemente una teoria morale costruita su assiomi sbagliati come l'ugualismo che nega la diversità, la negazione dell'ecologia e dell'etologia o depreca interessi, la difesa del territorio, la competizione.

    Mah.

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    1. lei è un imbecille (tecnicamente, non in senso marxista)

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