La
Brexit, la vittoria di Trump, la sconfitta dei partiti di governo,
rappresentano la rivolta contro quel Leviatano onnipossente che chiamiamo
globalizzazione. In superficie, tali fenomeni evidenziano il robusto calo di
autorevolezza politica e culturale che da lungo tempo caratterizza il declino occidentale.
Più in profondità, si palesa l’illusorietà di politiche riformistiche che possano mutare
di segno il capitalismo, il quale opera senza altro vincolo che il nudo
interesse, concentrando l’immane ricchezza prodotta dal lavoro di miliardi di
esseri umani in poche mani.
Di
fronte al fallimento del liberismo dottrinario, la borghesia ha buon gioco
nell’alimentare i movimenti di tipo nazionalistico e xenofobo, ossia di
paventare il ritorno a modelli di gestione dell’economia e della finanza di altre
epoche. Nella fase attuale tutto ciò è risibile e anzi pericolosissimo. La
globalizzazione rappresenta un processo che potrà essere contrastato,
rallentato, ma che infine s’imporrà inevitabilmente. Salvo che, per risolvere
le contraddizioni del sistema, non si percorra la vecchia strada del conflitto
armato generalizzato, partendo da una casuale controversia locale.
Questa
opzione richiede però, anche se non necessariamente, un cambio del quadro
politico e anche, in parte, delle alleanze. È cosa sulla quale molti paesi si
stanno generosamente impegnando.
"la globalizzazione si imporrà inevitabilmente."
RispondiEliminaè un errore molto comune quello di ritenere inevitabile ciò che si ritiene auspicabile.