martedì 3 gennaio 2017

Deliberata falsificazione



La notizia dello pseudo attacco hacker alla rete elettrica dello Stato del Vermont ad opera dei “russi” è stata data con grande evidenza dalla stampa borghese. L’accusa era partita dalle pagine del Washington Post. Lo stesso foglio ieri ha pubblicato una smentita. L’avete letta sui fogliacci italiani?

Spesso il lavoro nei giornali è una mera faccenda di copia incolla del “foraggio” che passano le agenzie, di redazionali pubblicitari o lobbistici camuffati da articoli specialistici, di comunicati stampa governativi fatti di annunci volutamente contraddittori e di contraddittorie smentite, di prove tecniche di confusione per sondare le reazioni. È un comportamento conforme al mercato e necessario per garantirsi i contributi governativi per l’editoria.

Ma non sempre si tratta solo di insipienza, servilismo, marchette. Su talune questioni “scottanti”, “strategiche”, entrano in gioco gli specialisti della disinformazione, dell’intossicazione sistematica dell’opinione pubblica. Sanno che le successive smentite non avranno nemmeno lontanamente la presa che hanno avuto le menzogne. Il parlamento degli Stati Uniti, ossia Senato e Congresso, hanno appena stanziato decine di milioni di dollari per il Countering Disinformation and Propaganda Act, ossia per raccontarci la loro verità.


Non si spacci per giornalismo libero la sottomissione alle leggi di mercato, e l’arte della disinformazione come l’arte di portare la “verità” tra la gente. La libertà di stampa dei quotidiani, la libertà d’informazione delle tivù, venga riconosciuta per ciò che è: fattore di profitto, inganno ai lettori, quando non è, appunto, deliberata falsificazione, oppure opportunismo. L'opportunismo non fa altro che offrire l'alibi a una classe dominante che poggia il proprio strapotere su dei rapporti sociali illiberali e schiavisti.

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