domenica 8 gennaio 2017

Senza che un figlio di puttana pendesse dal lampione



In nome di Marx sono state costruite società dove la libertà non era di casa. Marx non c'entrava nulla. Per me (noi) è cosa ovvia, ma per moltissimi altri non è così. Questi ultimi, la maggioranza, seguendo una mistificazione ben consolidata e diffusa a piene mani dai produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del nostro tempo, pensano che Marx abbia idealizzato e prescritto una ricetta del “comunismo”, magari ne Il Capitale, opera che però ha per sottotitolo: Critica dell’economia politica. Dove di comunismo non si parla e il termine non vi compare mai. Una sola vota compare “società comunista”, ma senza alcun’altra specificazione.

Tuttavia una riflessione su questo è necessaria, partendo da una domanda minima: su quali basi economico-sociali sono state costruite quelle società che si sono poi chiamate “comuniste” o del “socialismo reale”? Intendo la Russia zarista, la Cina dei signori della guerra, il regime cubano di Batista e le società postcoloniali africane e asiatiche, poggiavano su adeguate condizioni di sviluppo per un passaggio a una qualche forma di socialismo avanzato? La risposta è molto semplice: nessuna di queste società aveva una struttura economica, produttiva e di mercato, tale che si potesse immaginare di realizzarvi, attraverso una rivoluzione sociale, qualcosa che non fosse diverso da un’altra distribuzione della povertà e del lavoro.



La questione del lavoro, del tipo di attività e di come viene svolta, è fondamentale sotto tale profilo. Non è data rivoluzione sociale, contro le condizioni presenti dello sfruttamento, se non partendo da una diversa “qualità” del lavoro. Già in uno scritto giovanile, ossia nell’Ideologia tedesca, Marx aveva ben chiaro il problema: “in tutte le rivoluzioni sinora avvenute non è mai stato toccato il tipo dell’attività, e si è trattato soltanto di un’altra distribuzione di questa attività, di una nuova distribuzione del lavoro ad altre persone, mentre la rivoluzione comunista si rivolge contro il modo dell’attività che si è avuto finora …”.

Siamo giunti in un’epoca nella quale non solo si rende sempre più palese la trasformazione del modo dell’attività, indipendentemente dalla volontà dei capitalisti e bensì sotto la spinta della necessità (in sintesi: ridurre il tempo di lavoro contenuto nella singola merce), ma viepiù si palesa marcata la possibilità di regolare il lavoro in modo da sottrarlo allo sfruttamento a vantaggio di una classe (*).

E tutto ciò mentre si blatera della necessità di ripristinare “verità e realismo” e di riscoprire “l’idea di autorità”. L’autorità dei padroni di comandare sul lavoro c’è da sempre. Inoltre, per fare un solo esempio, non già l’idea ma la pratica concreta di licenziare a piacere chi per sopravvivere e riprodursi come schiavo salariato è costretto a lavorare per un padrone, è stata reintrodotta in pompa magna senza neanche un’ora di sciopero generale, senza una barricata nelle strade, senza un assalto alle armerie e ai palazzi del potere, senza che un figlio di puttana pendesse dal lampione con un cartello al collo con scritto: bischero!

Si tratta dunque della comprensione dei rapporti reali e non della conciliazione dialettica di concetti. L’autorità, intesa borghesemente come diritto del più forte, che è anch’esso un diritto, può vivere in varie forme, e ciò difatti avviene anche nello Stato di diritto.


(*) Solo degli sciocchi o gente in malafede può mettersi a discutere su chi cucinerà il pranzo o svolgerà il lavoro di badante in una società comunista. Anche perché la nuova società non è qui dietro l’angolo, non è cosa che si cala dall’alto, che si compie d’un solo passo, ma è necessariamente un lungo processo di lotta, di scontro, di tentativi, di successi e d’inevitabili fallimenti.

10 commenti:

  1. Per me (noi) è cosa ovvia, ma per moltissimi altri non è così.

    questo suona come "autossolutorio" , perche' senza nemmeno scomodare l' evangelico " dai futti si riconoscono gli alberi " e' abbastanza evidente, dopo 150 anni di storia AGGIUNTIVA, che seppur le analisi di marx restano valide sono le "previsioni" che si sono dimostrate sbagliate.
    Ed in questo "scientificamente" non c' e' niente di male ma "politicamente" qualcosa certamente si
    ws

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  2. Cara Olympe,
    "scientificamente " non avrai mai la risposta.

    caino

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    1. Madame,intanto il regime cubano di Fidel Castro, je suppose.

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  3. A parte il solito pippone anti-comunista ti do un consiglio: rileggiti la parte del Capitale sul feticismo. Forse non c'è la parola "comunismo" (ma chissenefrega?) ma di certo c'è un bel riferimento ad una società comunista di liberi e associati. Basta con questo post superficialotti e con queste tirate sulla mancanza di libertà nei sistemi del '900 che di certo erano più che criticabili ma ormai sono morti da 30 anni. Chi continua a parlarne dalla mattina alla sera davvero non si rende conto di lavorare per il re di Prussia?

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    1. L’unico riferimento rinvenibile in tal senso nel capitolo sul “carattere di feticcio della merce e il suo arcano” è questo:

      «La figura del processo vitale sociale, cioè del processo materiale di produzione, si toglie il suo mistico velo di nebbie soltanto quando sta, come prodotto di uomini liberamente uniti in società, sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano. Tuttavia, affinché ciò avvenga si richiede un fondamento materiale della società, ossia una serie di condizioni materiali di esistenza che a loro volta sono il prodotto naturale originario della storia di uno svolgimento lungo e tormentoso».

      Vi è qui delineata, in dettaglio, l’idea del comunismo? Si dice semplicemente che in una società che ha raggiunto determinate “condizioni materiali di esistenza”, laddove gli uomini potranno avere la produzione “sotto il loro controllo cosciente e condotto secondo un piano”, allora il “mistico velo di nebbie” che avvolge la figura della merce, cadrà. Tali condizioni materiali di esistenza, tuttavia, sottolinea Marx, “a loro volta sono il prodotto naturale originario della storia di uno svolgimento lungo e tormentoso”.

      E io che cosa ho scritto?

      Soprattutto lei non coglie il senso di questi post. Lei non si rende conto di quanto ci sia bisogno di fare i conti con l’eredità del 900 spacciata per comunismo.

      Se non vuole leggere questo blog sa bene come fare.

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    2. Mi pare che Marco non si renda conto che la sostanza dell'essere comunista vuol dire fare i conti con la realtà, la cui dimensione è materiale e storica.Come leggere una possibilità di evoluzione futura se non si hanno ben presenti soprattutto i limiti e i fallimenti dei tentativi passati?
      Il re di prussia prospera sulla falsa idea che il comunismo si sia già realizzato e sia fallito, e che quindi non sia un orizzonte più proponibile e nemmeno discutibile.
      Questo si proporrebbe: di non discuterne?

      E poi tutto il blog testimonia altro, quindi non comprendo lo scatto di nervi di Marco.

      Buona giornata a tutti. g

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    3. grazie, buona giornata a te e a tutti i lettori del blog, anche quelli arrabbiati perché sono finite le vacanze ...

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    4. Ci sono nani che salgono sulle spalle dei giganti per vedere, scoprire, capire, imparare e nani che restano a razzolare.

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    5. Cronache televisive

      Un punto di vista "abbastanza" ufficiale sull'Unione sovietica dall'interno:

      Dmitry Kiselev ricorda il 25° anniversario ...
      http://www.pandoratv.it/

      ciao.g

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