In
un baratro, e nessuno può dire quanto sia profondo. Vi sono alcune evidenze: l’attuale
sistema economico-finanziario internazionale è come un ordigno a tempo, e ciò
si accompagna all’estrema incertezza del quadro geopolitico; gli arsenali
nucleari a disposizione delle varie potenze possono distruggere, se impiegati, più
e più volte questo pianeta. Nessuno,
a priori, può escludere questa eventualità. E anche laddove non fosse fatto uso
delle armi nucleari, così come nel caso non fosse fatto ricorso a un conflitto
armato generalizzato, per quanto riguarda le sorti di quella che chiamiamo civiltà
siamo a un punto di svolta, che si può cogliere sotto ogni aspetto delle straripanti
contraddizioni sociali e nella grave compromissione cui sono sottoposti gli
equilibri naturali.
Per
scongiurare queste catastrofi delle quali vediamo sempre più chiara
l’incombente minaccia, l’umanità ha una sola strada: cambiare. Due sono gli
aspetti fondamentali in cima al processo di cambiamento: la fine di un sistema
economico-finanziario che ha come esclusivo obiettivo l’accumulazione di
profitti senza alcuna cura per il resto; l’estinzione degli stati nazionali
quali li conosciamo oggi. Utopie? No, al contrario. Chi le chiama utopie sono gli illusionisti di un
riformismo sfinito che si sta spegnendo, mentre invece s’intravedono nuove possibilità
di liberazione dalle condizioni attuali.
Chiaro
che non si tratta di una passeggiata, ma della più inedita, ampia e profonda
rivoluzione sociale di ogni tempo, di un lungo percorso che incontrerà oggettivi
ostacoli e che non potrà non svolgersi sul terreno della lotta di classe, ossia
di una lotta tra chi difende l’esistente e dunque i propri particolari
interessi, e chi invece non ha altra alternativa che iniziare ad aprire un
nuova strada in maniera diversa da
quanto reso possibile in precedenza.
Ecco
dunque il punto: la possibilità e l’esigenza del cambiamento da un lato, e dall’altro
l’urgenza concreta che spinge inesorabilmente verso tale cammino. Il rischio è di
arrivare troppo tardi all’appuntamento, di essere travolti dagli eventi. Questo
non lo possiamo escludere e nascondere.
Quanto
al resto, Rosa Luxemburg scriveva molto opportunamente che ogni periodo forgia
il suo materiale umano e che se la nostra epoca avesse veramente bisogno di
lavori teorici, essa stessa creerebbe le forze necessarie alla sua
soddisfazione. È pur vero, soggiungo, che l’epoca attuale può offrire, in
generale, un saggio dell’intelligenza ma non un uso delle sue molteplici
possibilità, poiché essa è legata alla conservazione fondamentale di un ordine
antico. Già su questo terreno c’è da combattere, ognuno nel suo, una piccola battaglia
volta innanzitutto a far superare l’apatia e l’indifferenza, che metta l’essenziale
davanti agli occhi per una nuova immagine del mondo, e perché la lotta
ridiventi tema e sostanza della vita.
e questo è quanto, anche per me
RispondiEliminain due possiamo già formare un movimento :D
EliminaIn tre un esercito?
Eliminaun'avanguardia, dai
EliminaSintesi perfetta.
RispondiEliminaMi chiedevo – così, per mera curiosità – come declinare quell’obiettivo fondamentale che è «l’estinzione degli stati nazionali» a fronte della moda corrente del “sovranismo” …
Icaro
il "sovranismo" è figlio della crisi. se non ci fosse la crisi andremmo d'amore e d'accordo. col venir meno dei rapporti di tipo capitalistico dovrebbe essere anche più facile trovare delle intese e delle collaborazioni, soprattutto se a livello mondiale ci sarà un'istituzione paritetica che detti le linee guida, mutualistiche, entro le quali le nazioni devono muoversi ...
EliminaLa mia è una curiosità più prosaica, per così dire. Ed è relativa al presente, e non già all’approssimarsi del «regno della libertà». Insomma, parte della critica odierna al capitalismo avanza istanze sovraniste: per recuperare la possibilità delle classi lavoratrici di migliorare la propria condizione, bisogna prima di tutto riprendere la sovranità economica. Per quanto mi riguarda, questa posizione, oltre che essere anti-marxista (Cesaratto, di recente, ha contrapposto all’internazionalismo di Marx proprio il “sovranismo” di List), è incapace di cogliere l’interconnessione esistente tra le diverse fazioni del capitale (e degli stati), tale da rendere ogni riformismo nazionale (perché questo è il sovranismo) del tutto impraticabile. Sono due prospettive che alimentano pratiche diverse.
RispondiEliminaIcaro
concordo
Eliminal’estinzione degli stati nazionali quali li conosciamo oggi
RispondiEliminaallora, almeno qui in €ropa , il Kapitalismo sta facendo un buon lavoro...😎
ws
il capitalismo non sta affatto estinguendo gli stati nazionali (ma ti pare?) ne sta solo riscrivendo le classifiche di potenza e le funzioni infrastrutturali e sovrastrutturali. fare leva sul progetto de "il socialismo in un solo paese" oggi non è un errore, è un progetto con contenuti reazionari e particolarmente anti-proletari, esattamente come lo era l' originale.
RispondiEliminaCesaratto, Preve, il comunitarismo, il sovranismo ecc vanno studiati e rifiutati perchè oggi ancora più di ieri non è all' altezza del tempo -e non ci si guadagna nulla- anteporre la politica interna a quella estera, è il -solito- gioco dei ceti intermedi spaventati a cui il proletariato docilmente si accoda e se lo piglia nel culo.