domenica 3 agosto 2014

Scalfari esclude


Questa mattina devo prendere atto di due cose: che molta gente è in ferie e Il Gattopardo è di Lucchino Visconti (così come, anzitutto e conseguentemente, Il dottor Zivago sarebbe di David Lean). Visconti ha realizzato un capolavoro, il suo, ma non ha saputo tradurvi il senso più vero del romanzo, attratto più dal fasto del ballo, dall’ambientazione, dal carattere dei personaggi, che dal motivo più autentico del racconto, quello che molti credono di ravvisare nella quarta parte, mentre esso è quasi tutto raccolto nel finale (che nel film non c’è).



E dunque, prendendo per buona la versione viscontea, la situazione in cui ci troviamo è quella descritta nel film? Manco per sogno, dottor Scalfari. Non solo perché mancano i presupposti sociali e ambientali, ma soprattutto perché sono assenti i personaggi di quel calibro e le loro idee (anche quelle alle quali fingevano di credere). È invece questa Italia molto simile a quella che s'intravvede alla fine del romanzo di Tomasi. Certo, per molti aspetti diversa da quella di allora (e nel dirlo si sconfina abbondantemente nell’ovvio), perché lusingata da un benessere che si credeva infinito, e che scopre ora di essere con le pezze al culo; ma non tutti sono a mal partito, e anche chi vi si trova in qualche modo riesce a galleggiare. Però è un'Italia stanca, esausta, giunta alla fine di un ciclo, un'Italia di reliquie e di aspettative deluse.

Ci vuole ben altro per trovarsi in una situazione rivoluzionaria o almeno di rivolgimento sociale. Siamo ancora alla fase del mugugno o poco più. Stipendi e pensioni sono ancora corrisposti con regolarità, l’export regge, il mercato interno annaspa ma c’è chi ancora trae profitti, nei supermercati c’è di che sfamarsi a prezzi decrescenti, secondo possibilità. Le nuove generazioni non hanno futuro, ma è ancora presto per pensarci seriamente. Non hanno lavoro o ne hanno di precario, ma riescono per ora a barcamenarsi, anche se balere e bar risentono della crisi. Ristoranti e pizzerie però il sabato sera sono sempre pieni. All’ingresso subito ti chiedono: ha prenotato? Eccome, di questi tempi bui è d’obbligo!

Infine, Scalfari adombra e discute l’ipotesi di un eventuale diciotto brumaio. Per escludere.



6 commenti:

  1. - E pensare che ci mette una settimana a scrivere la sua articolessa.
    - Eh, sì. Ma al sacro fondatore giammai si correggono le bozze.

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    1. penso che abbia voluto assecondare la vulgata, quei lettori ingenui cui si riferisce il vaticano a proposito dei lettori di repubblica:
      http://www.repubblica.it/cultura/2014/07/13/news/intervista_scalfari_precisazioni_padre_lombardi-91442914/

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  2. Ero a Torino nei giorni scorsi. Nel centro storico, la sera, ristoranti strapieni, e non solo il sabato e la domenica. Ce n'è ancora di ciccia da togliere prima che si prospetti anche solo qualcosa di più del mugugno...

    A tutte le ore del giorno mandrie di giovani e giovinastri dall'aspetto tra lo svagato in ciabatte e il piccolo-delinquenziale trendy. Come vivono, con quali soldi, quali occupazioni, quali pensieri?

    Anch'io ci sono nella lunga estate, e seguo sempre Olympe con immutata stima e partecipazione.

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  3. C'è da augurarsi che sia rimasta una parte di giovani più concentrati e senza derive piccolo delinquenziali (nella disanima l'età è fondamentale). Questa è la parte che ha avuto sino ad oggi la possibilità di crescere sotto il profilo del sapere rispetto a vaste quote di predecessori, non ha lavoro ma almeno un pò di capacità critica in più.
    'Noi eravamo' certo meglio, come dicono i maturi, meno quattrini forse e più regole.

    A ciccia finita non sappiamo cosa si troverà e non c'è tanto da esserne ottimisti, l'unico vantaggio è che Scalfari non sarà più la nostra ossessione giornalistica.

    Cosa ne faremo allora dei giovani tendenzialmente piccoli delinquenti ? riapriremo una Kolyma mediterranea per rieducarli.

    (L'estate è cortissima,Luglio ce lo siamo mangiati a mollo).

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  4. sulla capacità critica in più non mi faccio alcuna illusione, anzi

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