domenica 23 febbraio 2014

Matteo de' Medici fu Alessandro


Tra gli statisti e i condottieri della storia mondiale che giovani hanno assunto il potere, Eugenio Scalfari nel suo consueto articolo domenicale cita nell’ordine Lorenzo il Magnifico, Napoleone e Alessandro. E fin qui nulla da dire. Sennonché a tali celebrità affianca il nome di Matteo Renzi, il più giovane presidente del consiglio dall’Unità. Il Renzi, infatti, ha compiuti 39 anni, come del resto Benito Mussolini (1883) quando ricevette lo stesso incarico nel 1922. Scalfari non cita il predappiese, e dire che il riferimento al duce – in bella vista sul vassoio del Novecento italiano – sarebbe stato ben più cogente rispetto agli altri tre personaggi.

“Altri tempi”, s’affretta a liquidare l’Eugenio, temendo una pernacchia corale da ogni città e borgo d’Italia e una nota di protesta ufficiale quantomeno dall’ambasciata di Francia.



Ci sarebbe da dire, a proposito di fiorentini, che la figura di Lorenzo gode di una buona dose di mito così come tutta la sua casata. Suo nonno, Cosimo, che consolidò il potere della famiglia, acclamato dopo la morte come “padre della patria”, in realtà – per dirla con Volker Reinardth – fu piuttosto un padrino, nel significato odierno del termine. E Lorenzo non gli fu da meno come padrino (*), oltre all’accusa comprovata di condurre il Banco Medici ad un inesorabile declino e di fare un uso quantomeno disinvolto del denaro pubblico (**). E molto ci sarebbe da dire anche sul mecenatismo, vero e presunto, della celebre famiglia, e sulle sue reali motivazioni.

Tuttavia stiamo parlando di giganti e ogni riferimento (non voglio dire confronto) con i nani attuali è semplicemente ridicolo. Non si tratta solo di “altri tempi”, bensì di uomini di ben altra statura, di livello culturale e preparazione professionale di cui oggi è raro trovarne.

Noi ci dobbiamo contentare di Renzi Matteo, il quale per ora, oltre al dato anagrafico e al suo stile giovanilista, non mi pare abbia dato prova di alcunché di speciale nella sua quasi ventennale carriera politica e nei numerosi incarichi amministrativi, a parte certe proposte balzane. Ma può darsi mi sbagli, non sia al corrente, e del resto quei milioni che l’hanno scelto quale segretario del Pd avranno avuto i loro buoni motivi (forse i suoi contendenti erano ancor più modesti e ciò basta per scegliere il meno peggio).

A proposito di Pd, partito che si definisce ancora di centro-sinistra, qualcuno mi sa dire (facendo finta che qualcosa di sinistra sia sopravvissuto in questo paese) quali dei ministri del nuovo governo sarebbe di centro e quali invece di sinistra?

Il Renzi ha detto, tra l'altro: "Il mio governo è il più di sinistra degli ultimi trent'anni". Può essere che abbia qualche ragione, senza saperlo.


(*) Volker Reinhardt, I Medici, potere e affari nella Firenze del Rinascimento, Carocci; Patrizia Salvadori, Rapporti personali, rapporti di potere nella corrispondenza di Lorenzo dei Medici, in Lorenzo il Magnifico e il suo tempo (a cura di G.C. Garfagnini), Olschki.

(**) Raymond de Roover, Il Banco Medici, dalle origini al declino (1397-1494), La Nuova Italia, 1970. Un’osservazione molto interessante di de Roover: “I risultati della presente indagine smentiscono la tesi di Max Weber, secondo cui lo spirito capitalistico è un prodotto della riforma calvinistica. I Medici sono anteriori di molti decenni alla Riforma, ma negare che erano capitalisti volti al conseguimento della ricchezza sarebbe far loro un’ingiustizia tutt’altro che lieve”.


Com’è ben noto i Medici non furono gli unici grandi banchieri (e quasi monopolisti del mercato dell’allume, un minerale fondamentale per l’epoca del quale ho accennato in questo post), già nel XIV secolo troviamo i Bardi e i Peruzzi – banchieri più potenti finanziariamente di quello che saranno poi i Medici – e gli Acciaiuoli, poi gli Alberti, i Pazzi, i Rucellai e gli Strozzi, solo per citarne alcuni. Ma anche Siena, nel XIII secolo, per tre quarti di secolo fu forse il principale centro bancario d’Europa con Piacenza. Eppure il librino del Weber gode di grande considerazione, a dimostrazione che non è necessario per raggiungere la fama letteraria scrivere cose esatte e intelligenti, basta scrivere quelle gradite a certi lettori.

4 commenti:

  1. "Le concessioni fatte durante il capitalismo fordista del dopoguerra sono a rischio di eliminazione perché, tra le altre cose, la privatizzazione del Welfare State offre opportunità di guadagno tali da consentire il recupero della caduta del saggio di profitto"...." Come scriveva recentemente Ulrich Beck, viviamo la tragedia di trovarci in momenti rivoluzionari senza rivoluzione e senza soggetto rivoluzionario. Non c’è nulla".

    Questo, e altre considerazioni, in

    http://www.asimmetrie.org/mission/uscire-dallincubo-delleuro-le-asimmetrie-delleurozona/

    In realtà parliamo di aria fritta, perché che si voglia abbattere l'euro o soltanto riformare un sistema che peraltro è irriformabile, si tratta di opzioni che coi rapporti di forza attuali non sono praticabili. Trovo comunque interessante, e mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Olympe, la questione dell'arresto, o del rallentamento, della caduta del saggio di profitto grazie anche al saccheggio del sistema pubblico.

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    1. come mi pare di aver scritto fin troppe volete (alcuni lettori del blog lamentano nausea) l'attacco al welfare, la distrazione del plusvalore nella ripartizione sociale della ricchezza prodotta a favore del capitale, è una delle principali cause antagonistiche messe in campo dal capitale.
      ciao

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    2. preciso: antagonistiche alla caduta del saggio del profitto, ecc.

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  2. In effetti - e a qualche blogger l'ho anche chiesto senza averne risposta - non ho mai capito perché fra Weber e Veblen perlopiù si scegliesse il primo, anche se (al netto forse di qualche errore metodologico), la classe descritta dal secondo ci fosse molto più familiare e riconoscibile.

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