Sono i partiti ad eleggere i
rappresentanti del popolo sovrano in uno stato di auto cooptazione reciproca e
circolare. Succede poi, da qualche tempo, che al governo vengano chiamate
persone esterne al parlamento, dei “tecnici”, e ciò per dare l’illusione che
governare sia anzitutto una questione di competenze tecniche, specie nelle
materie economiche. Una convinzione questa molto diffusa e ben radicata ma i
cui motivi vanno ricercati piuttosto nella crisi delle istituzioni borghesi e
nelle forme politiche in cui s’esprime il totalitarismo economico.
In realtà non c’è “tecnica” e
competenza che tenga, è solo escamotage. L’élite politica e tecnocratica, i
grandi gruppi economici e gli interessi corporativi sono tutti alleati per
stroncare la sovranità popolare e ciò che dovrebbe rappresentarla.
Al piccolo popolo non meno che alla piccola borghesia in crisi non resta che abbozzare e recarsi alle
urne, esercitare il diritto-dovere di deporre la scheda nell’urna scegliendo
ciò che in quel momento può apparire come il meno peggio, ad ogni modo elementi
espressione dei corporativismi – avvocati, insegnanti, medici –, e poi falliti
di vario genere in cerca di fortune politiche. Tutti elementi interessati a che
nulla cambi e tutto invece s’adatti, poiché finché lo Stato eroga appalti,
incarichi, pensioni e stipendi, a loro va bene così (*).
Grillo ha colto la cogenza di tale
stato di cose (altrimenti bisognerebbe vivere su Marte) ma l’ha interpretato alla
sua maniera, impossibilitato di svolgere un’analisi corretta dei rapporti di
classe a causa della sua stessa
posizione di classe. Perciò permane su posizioni di rancore, livore e
invettiva, ossia su un piano di mera soggettività protestataria in attesa di
eventi favorevoli, peraltro possibili in siffatta deriva.
Con il suo movimento ha provato un
po’ a rimescolare le carte della rappresentanza, e di ciò gli va dato atto, ma
non avendo dei quadri idonei e pronti per un ricambio, ha arruolato in
parlamento un’accozzaglia di semiproletari, di piccoli intellettuali irrequieti
e ansiosi, in qualche caso di veri e propri spostati che combattono gli
organismi che hanno deluso le loro ambizioni. Nell’insieme una massa eterogenea
che serve solo ad alimentare lo spettacolo mediatico e far stampare quintali di
carta di progetti e proposte legislative che resteranno lettera morta.
Del resto, un’alleanza
programmatica con i vecchi marpioni della politica avrebbe significato sporcarsi
le mani, perdere la propria verginità e in qualche caso scoprire quanto è
venale il potere. E la politica che cos’altro può essere in una società di
classe e dove il denaro può decidere tutto?
Si tratta innanzitutto di
analizzare i rapporti di forza e alla luce di questi porre in essere dei
compromessi, accettare degli equilibri, che pur senza snaturare troppo la
natura delle proprie proposte permettano di raggiungere alcuni degli obiettivi
più rimarchevoli di un programma politico realistico.
Si tratta della natura stessa del
riformismo, dunque di cose sollecitate da una pluralità di soggetti sociali, e
però per mettere in atto tali propositi ci vuole una preparazione adeguata, un
programma che non sia solo un elenco di desiderata e un’organizzazione che dal
basso selezioni attraverso filtri successivi una nuova classe dirigente
nazionale adeguata al compito di rinnovare concretamente qualcosa.
Pertanto l’entusiasmo e la
leadership carismatica non bastano, tantomeno i miti dell’assemblearismo
telematico, e l’improvvisazione fa grossi danni e produce delusioni, derive reazionarie
che a un certo punto catalizzeranno inevitabilmente gli elementi più
spregiudicati e in cerca di avventure politiche, derive che le élite borghesi
non avranno difficoltà di cavalcare.
S’è perso un anno e in mano al
movimento di Grillo c’è solo un pugno di mosche, la speranza del tanto meglio
tanto peggio per rosicchiare qualche punto percentuale nei sondaggi. In questo
modo, di là delle velleità di conquista del potere, il movimento di Grillo è
diventato la controfacciata di questo sistema dei partiti, ma in nessun caso un’alternativa
operante. In primo piano, di là delle nebbie mediatiche, permane l’acutezza di
una crisi economica infinita, il rinvilire dell’offerta lavorativa e dei
salari, la crisi di un modello sociale che fatica ad adattarsi alle nuove
condizioni dettate dal mercato mondiale.
(*) Per esempio, l’urgenza con la
quale era stata posta in rilievo la faccenda della nuova legge elettorale, da
varare al massimo a febbraio, è già passata nel dimenticatoio. E tuttavia,
nella sostanza, essa non avrebbe cambiato nulla. S’insiste tanto, per esempio
sulle cosiddette quote rosa, ma si dimenticano le quote di rappresentanza
sociale, il quarto stato, tanto per dirla alla vecchia maniera.
Rimarrebbero da definire i contenuti di idoneità e competenza da attribuire ai rappresentanti del quarto stato, almeno in linea teorica. Intendendo l'aspetto etico il perimetro determinate per l'idoneità.
RispondiEliminaFinchè il denaro - e la sfera economica - rimarrà la misura essenziale dell'uomo, il cammino si presenta lungo e difficile.
Sono d'accordo sull'analisi del M5s e del suo leader: "soggettività protestataria" è una definizione che li descrive perfettamente.
RispondiEliminaPer loro il problema non è il sistema capitalistico in quanto tale ma il modo con cui viene gestito. Che il capitalismo possa mettere a profitto risorse naturali o ricreare le proprie contraddizioni e le proprie storture anche con la green economy, ad esempio, evidentemente non è un problema, anzi....
Aggiungerei, oltre alla ovvietà che hanno riempito spazi lasciati liberi a sinistra e a destra, anche altre due cose:
-nella campagna elettorale delle ultime politiche sono stati attenti a trovare temi che non dividessero, li hanno affrontati con slogan e "risolti" con la leadership di Grillo e di Casaleggio. Un gioco condotto così non può durare in eterno e infatti...
-La tanto decantata strutturazione a livello locale è andata praticamente in pezzi tra personalismi e mancanza di concretezza: guardiamo il caso di Parma ma anche il fatto che in Sardegna non si sono nemmeno presentati alle ultime regionali, in Friuli erano andati malissimo così come a Roma, Napoli, Milano...
Non so se queste espulsioni di ieri e la crisi che vivono sarà definitiva, probabilmente no, anche perchè il sistema ha in qualche modo bisogno di loro...
hai integrato benissimo
EliminaOltre alle dinamiche della giornata (mattina e pomeriggio) - perchè tali sono i tempi della nostra politica -, bisognerà dedicare qualche spazio di indagine teorica all'eziologia della secessione. Non per altro, per non semplificare in modo eccessivo il nesso tra le contraddizione oggettive fra capitale e lavoro e lo sviluppo di una soggettività che si spera non eternamente ideologica.
RispondiEliminapuò chiarirmi, per cortesia, cosa intende per "sviluppo di una soggettività che si spera non eternamente ideologica" ?
EliminaLa mia attenzione è sempre rivolta ai giovani e il desiderio consisterebbe in una loro preparazione 'di base' (al minimo: di informazione) che li indirizzi verso scelte il più possibile consapevoli, in qualsiasi orizzonte stiano. Oggi, ma anche ieri peraltro, anche quando ottimisticamente le scelte siano ideologiche hanno più attinenza alla tifoseria calcistica che non ad un quadro sociopolitico di riferimento. Per i più vecchi non ho timori, la 'crema più informata' in pensione digerirà col tempo la Controriforma e supererà finalmente l'età dei Comuni. Pensieri molto semplici e scolastici, non so far di meglio.
RispondiEliminaPer cosa dovrà attendersi la nostra società dalle generazioni degli attuali adolescenti e preadolescenti riponiamo grande fiducia nelle volonterose maestre, sperando che i loro racconti sui disastri parentali da famiglie allargate siano limitati e del tutto pessimistici.