mercoledì 30 novembre 2022

Un fenomeno "astronomico"

 

187 anni or sono, a Florida, Missouri, nasceva il futuro vicepresidente della Lega americana antimperialista, tale Samuel Langhorne Clemens. Disse che a portarlo a Florida non era stata la cicogna, bensì la cometa di Halley. Molti anni dopo, nel 1909, affermò che sarebbe stata una grande delusione se non se ne fosse andato al prossimo passaggio della cometa. Halley fece la sua comparsa l’anno dopo.

Uno dei suoi romanzi più celebri, penso il migliore, fu accusato più volte di oscenità tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, mentre del protagonista del libro si parlava come di “spazzatura buona solo per le topaie”.

Nella seconda metà del Novecento, le avventure raccontate in quel suo libro sono diventate protagoniste di un grande dibattito sull’appropriatezza di far leggere ai bambini il libro a scuola per l’uso frequentissimo della parola “nigger”.

Nel 2011, la casa editrice NewSouth Books, ha addirittura pubblicato un’edizione del libro sostituendo in circa 200 occasioni in cui compare la parola “nigger” con la parola “slave”. Nel 2015, la Friends’ Central School di Filadelfia, una delle scuole più prestigiose della città, gestita dai quaccheri, decise di eliminare il testo dai programmi di studio.

Ernest Hemingway scrisse che tutta la letteratura americana viene da quel libro, che non c’era niente prima e non c’è stato niente del genere dopo.

Giorni di duro lavoro e tanto fil di ferro

 

Se 13,7 milioni di persone morte in un anno vi sembrano poche. Non c’è solo il Covid, infezione virale, ma anche le infezioni batteriche, seconda causa di morte più frequente a livello globale dopo la cardiopatia ischemica.

La rivista medica The Lancet ha pubblicato il primo studio con stime complete globali dei decessi associati a 33 agenti patogeni batterici in 11 principali sindromi infettive. Lo studio ha riguardato 343 milioni di record individuali o isolati che coprono 11.361 anni di studio- luogo, con stime per tutte le età e per uomini e donne in 204 paesi e territori nell’anno 2019.

In quell’anno, più di 6 milioni di decessi si sono verificati a seguito di tre sindromi infettive batteriche, con infezioni delle vie respiratorie inferiori e infezioni del flusso sanguigno che hanno causato ciascuna più di 2 milioni di morti e infezioni peritoneali e intra-addominali che hanno causato più di 1 milione di morti.

Vero è che la falcidia batterica riguarda prevalentemente i paesi poveri e che nelle aree geografiche ad alto reddito si sono contati per ogni 100.000 abitanti quasi un quinto di morti in meno rispetto all’Africa subsahariana, e dunque bisogna ringraziare la disponibilità di antibiotici, vaccini e misure sanitarie e igieniche migliori, però bisogna tener conto che i patogeni batterici comuni sono sempre più resistenti agli antimicrobici.

I 7,7 milioni di decessi associati ai 33 patogeni batterici comprendevano il 13,6% (10,2–18,1) di tutti i decessi globali e il 56,2% (52,1–60,1) di tutti i decessi correlati alla sepsi nel 2019 Cinque principali patogeni: Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Streptococcus pneumoniae, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa, sono stati responsabili del 54,9% (52,9-56,9) dei decessi tra i batteri studiati.

*

Suggerisco la lettura di questo articolo del Corriere della sera. Il mio pensiero va alla povera gente dell’Ucraina, che non ha ancora preso la decisione di appendere per il grasso collo Zelensky e i suoi scagnozzi. Poi potemmo fare il giro delle capitali. Sì, anche Mosca, ma cominciando da Washington. A Bruxelles serviranno giorni di duro lavoro e tanto fil di ferro (la corda non offre sicure garanzie). Pensate che le mie siano solo parole, che di fronte al compito avrei qualche resipiscenza a “sporcarmi le mani”, così come si esprimono i teologi moderni? Mi conoscete solo dal lato moderato.

martedì 29 novembre 2022

Libertà per Assange

 

Venerdì 18 novembre, è stato l’anniversario della morte di Proust, il suo centenario da quando morì nel 1922. Non ne parlo, ci ha pensato secondo il proprio stile il piccolo mondo culturale (le commemorazioni sostituiscono spesso la lettura).

In suo onore, proseguo citando l’incipit del suo romanzo: “A lungo mi sono coricato di buonora”, dopo aver dato un’occhiata alla tv, dove come ogni sera vengono propinati gli stessi racconti di guerre, omicidi, riscaldamento globale, e a quel punto niente è meglio di un letto caldo in cui accoccolarsi per dimenticare questa merda che domani, quando molto presto mi sveglierò, troverò intatta.

Siamo entrati in un mondo dove un miliardo d’idioti sono stati comprati da un miliardario idiota (non voglio dire che chi scrive su twitter è necessariamente un idiota, per carità, tuttavia il rischio di contaminazione è assai alto), e dunque non deve stupire che un uomo come Julian Assange, meritevole del Nobel per la pace, sia detenuto da tre anni e mezzo in una prigione britannica di massima sicurezza, solitamente utilizzata per terroristi e membri di gruppi della criminalità organizzata. Rischia l’estradizione negli Stati Uniti e una condanna fino a 175 anni in un carcere di massima sicurezza americano.

Sia pure con forte ritardo, i redattori e gli editori del New York Times, del Guardian, di Le Monde, di El País e Der Spiegel (Molinari non è ancora tornato dal suo fronte ucraino) hanno pubblicato una lettera aperta chiedendo al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di porre fine alle accuse contro Assange, basate sull’Espionage Act del 1917, una legge progettata per perseguire potenziali spie durante la prima guerra mondiale.

Hanno riconosciuto che il materiale pubblicato da Assange era di vitale interesse e importanza pubblica, osservando che ciò che ha pubblicato “ha rivelato corruzione, scandali diplomatici e affari di spionaggio su scala internazionale” e “decisioni che sono costate molto al Paese [gli Usa, perché gli altri non contano] in vite e denaro”. Anche adesso, scrivono, “giornalisti e storici continuano a pubblicare nuove rivelazioni, utilizzando un tesoro unico di documenti”.

Per quanto può contare un mio appello a coloro che non sono stati ancora contaminati dall’idiozia prevalente, invito a darsi da fare per la libertà di Assange.

Alla ricerca del tempo medio

 

I giovani laureati (ma anche quelli senza laurea) non vogliono accettare i lavori che gli vengono offerti; nessuno vuole più lavorare, mia brava signora, ai miei tempi, non ci lamentavamo tanto.

Ma c’è di peggio: sapete dove mediamente si lavora di più? In tre regioni della Grecia: 44 ore settimanali. I paesi dove si lavora di meno? In Germania. Chi l’avrebbe mai detto? Non conoscete bene i tedeschi. Quelli attuali, almeno. In Italia, il dato si attesta sulle 37 ore, leggermente al di sotto della media Ue, pari a 38,1. Differenze anche tra le regioni italiane. 

Lavorare di più non significa che la produttività del lavoro sia più alta. Spesso è il contrario. Ciò che conta non è il numero di ore trascorse a smanettare sul cellulare al lavoro. L’elevata produttività è data dall’impiego dei più efficienti mezzi di produzione.

Anche sul piano personale è necessario sviluppare “capacità relazionali, creatività ed empatia, che sono al centro del processo d’innovazione, fonti del futuro aumento della produttività”. Insomma, competenze trasversali, come le descrive l’attuale neolingua. Fosse per questo, a Napoli spetterebbe il più alto tasso di produttività d’Europa, forse del mondo.

L’incredibile aumento di produttività ci ha permesso di avere, durante la nostra vita, tanto tempo speso a fare qualcosa di diverso dallo sgobbare: scrivere fantastiche radicalità su twitter, per esempio, così come Kafka in un altro tempo le scriveva in una lettera a suo padre. Fine settimana e vacanze vissute nella metamorfosi della devastazione del paesaggio, interminabili giornate di shopping e persino anni e anni a guardare l’erba che cresce in giardino. In attesa che Piero venga a sfalciarmela con il tagliaerba a induzione cosmica.

Se mettiamo in relazione i miliardi di ore di lavoro non con il numero dei lavoratori, ma con la popolazione nel suo insieme, viene fuori che mediamente ognuno fa quasi un cazzo. Adoro la statistica che canta la vita, che ti dice che sei pigro mentre ti stai alzando dal letto prima delle sei per andare a lavorare, poi tornare a casa quando è già buio e la Gruber ha già formulato la sua tagliente domanda al collega giornalista: “Secondo te, ha ragione Travaglio quando dice che ...”. Un intero sciame di esseri ubiqui, che monetizza alleanze e potere, accompagna le nostre serate.

domenica 27 novembre 2022

Anche questa è America

 

Una delle espressioni più tossiche della crisi sociale che attraversano gli Stati Uniti è data dal fenomeno delle sparatorie con uccisioni e ferimenti in massa, un evento quasi quotidiano.

Martedì scorso, un dipendente di Walmart, Andre Bing, 31 anni, è entrato nel supermercato di Chesapeake, in Virginia, e ha ucciso, con una calibro 9, acquistata legalmente la mattina della sparatoria, sei persone prima di togliersi la vita.

Due giorni prima, domenica 20, Chen Wu, 45 anni, ha “giustiziato” tre uomini e una donna, tutti immigrati cinesi che lavoravano e vivevano in una fattoria di coltivazione di marijuana nella contea rurale di Kingfisher, in Oklahoma.Una quinta persona è rimasta ferita gravemente.

Il giorno prima, sabato, in una discoteca gay a Colorado Springs, il 22enne Anderson Lee Aldrich ha aperto il fuoco con un fucile semiautomatico AR-15, uccidendo cinque persone e ferendone almeno altre 19.

Queste sparatorie, che hanno provocato 22 morti e oltre 30 feriti gravi in pochi giorni, hanno le loro circostanze particolari, tuttavia la pervasività di tali atti sono espressione di una situazione sociale patologica.

Sappiamo tutto degli oligarchi russi, del dispotismo di Putin, del fatto che i russi trincano vodka da mane a sera, ma sappiamo troppo poco, da parte dei corrispondenti dagli Stati Uniti di giornali e tv, su quale sia la realtà sociale di decine di milioni di statunitensi.

Gli Stati Uniti sono il principale paese occidentale dove più marcata è la diseguaglianza economica e sociale. Vi sono più di 40 milioni di lavoratori negli Stati Unti che lavorano con un salario da fame. La metà di tutti i lavoratori americani ha una paga oraria al limite della sopravvivenza. Non è un modo di dire: 41,5 milioni di statunitensi fruiscono dei cosiddetti food stamps, ossia sostegni alimentari (Supplemental Nutrition Assistance Program).

Nella sola New York City, negli ultimi anni, “i senzatetto in questa città hanno raggiunto i livelli più alti dalla Grande Depressione negli anni 1930”. Nello Stato di NY i senzatetto sono quasi centomila, e le famiglie senza una abitazione sono oltre 15.000. Secondo dati ufficiali aggiornati al 2022, la California detiene il record dei senzatetto: 161.548. A costoro vanno aggiunti quelli che vivono doubled-up (un po’ nei dormitori ed un po’ in un alloggio).

Secondo il Zumper National Rent Report, pubblicato martedì scorso, i prezzi degli affitti, che avevano raggiunto livelli altissimi in molte grandi città, sono in lieve flessione in alcune località. A New York, l’affitto medio mensile per un alloggio con camera da letto è a 3.790 dollari; con due camere a 4.420; a Chicago, con una camera da letto 1.870 dollari, un aumento del 23% rispetto allo scorso anno. A Chesapeake, in Virginia, il luogo del massacro di martedì, il prezzo medio di un appartamento con una camera da letto è di 1.480 dollari, un aumento del 41% da un anno all’altro. Leggo ancora: “L’affitto medio di una camera da letto in Arizona era di 993 dollari nell’aprile 2020; due anni dopo è salito del 33,5%, a 1.326”.

Per molte persone e famiglie, la lotta quotidiana per sopravvivere è diventa troppo dura da sopportare. Nel 2020, i Centers for Disease Control and Prevention hanno registrato nel 2020 91.799 decessi per overdose. Il tasso di decessi per overdose aggiustato per età è aumentato del 31% dal 2019 (21,6 per 100.000) al 2020 (28,3 per 100.000). Tra dicembre 2020 e dicembre 2021, oltre 107.000 decessi per overdose, più di cinque volte i decessi registrati dall’agenzia nel 1999.

Possiamo pensarla in modi diversi per quanto riguarda le responsabilità della guerra in Ucraina, ma è indubbio che a pianificarla e provocarla siano stati gli Usa. È noto che Washington ha sempre avuto una predilezione nell’impiego di manodopera fascista per i propri scopi: Indonesia, Grecia, Cile e altri paesi latinoamericani, Italia (gli anni delle bombe), eccetera. Resta il fatto, oggi, che il conflitto ucraino, e l’inflazione che produce, viene messo sulle spalle dei ceti sociali più deboli attraverso l’aumento dei prezzi del carburante, delle case e del cibo. Anche questa è America, e non tutti si sono resi ancora ben conto in quale grosso guaio ci ha messo.

sabato 26 novembre 2022

La Germania copia l'Italia

 

Il noto Hartz IV, introdotto nel 2005, cambierà nome e si chiamerà reddito di cittadinanza (Bürgergeld, letteralmente “denaro del cittadino”). Una volta tanto i tedeschi copiano l’Italia, ma solo nel nome.

Ieri il Bundestag ha dato il via libera alla riforma, hanno votato a favore 557 parlamentari, contro 98, due si sono astenuti. Il provvedimento riguarda gli attuali 5,3 milioni di beneficiari dei pagamenti della previdenza sociale di quello che dal prossimo gennaio sarà l’ex Hartz IV.

Non è necessario presentare nuove domande. Chiunque stia attualmente ricevendo Hartz IV riceverà automaticamente il nuovo sussidio di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza è un’opzione anche per le persone il cui reddito da lavoro non sia sufficiente a coprire le proprie spese di sostentamento.

Possono richiederlo le persone “occupabili” di età pari o superiore a 15 anni; chi ha bisogno di aiuto sotto i 15 anni e sopra i 65 anni; le persone che non possono provvedere al proprio sostentamento da sole e quelle alle quali scadono i benefici ai sensi di ALG I (cioè l’indennità di disoccupazione).

L’assegno standard di base dovrebbe passare dagli attuali 449 a502 euro.Gli adulti conviventi ricevono 451 euro. I giovani dai 14 anni in su 420 euro, i bambini dai 6 ai 14 anni 348 euro, i minori di 6 anni 318 euro.

Sarà tenuto conto dell’inflazione e l’adeguamento dovrebbe riflettere l’andamento dei prezzi in modo tempestivo ed efficace.

Il reddito di cittadinanza viene corrisposto per sei mesi, trascorsi i quali occorre presentare una nuova domanda. C’è una prima novità: il patrimonio di una persona viene esaminato solo dopo che il reddito di cittadinanza è stato erogato per un anno. Il costo dell’affitto sarà riconosciuto per due anni senza tetto. Solo allora entrano in vigore i requisiti per lo spazio abitativo e l’affitto, e se sarà il caso i beneficiari di prestazioni dovranno trasferirsi in un appartamento più piccolo.

La principale modifica rispetto a Hartz IV è la rimozione del cosiddetto “periodo di fiducia” di sei mesi, durante il quale le persone in cerca di lavoro avrebbero ricevuto il pagamento integrale delle indennità anche se non si fossero presentate agli appuntamenti presso i centri per l’impiego. Ora, ci sarà una riduzione pari al 10% se si perde un appuntamento presso il centro per l’impiego; dopo sei mesi una riduzione del 20 per cento la prima volta, la seconda volta del 30.

Oltre al cosiddetto “periodo di fiducia” di sei mesi, anche il “periodo di attesa”, originariamente previsto di due anni, e l’importo dei risparmi che potevano essere trattenuti, sono stati ridotti: a 40.000 euro per il titolare (originariamente 60.000 euro) e a 15.000 euro per ogni persona in più appartenente al nucleo familiare (originariamente 30.000 euro).

Al contrario, il governo francese sta pianificando di frenare i sussidi di disoccupazione quando il tasso di disoccupazione è inferiore al 9%, nell’ambito di un piano presentato lunedì che mira a far fronte alla carenza di forza-lavoro.

Anche in Italia si sta predisponendo una riforma, per il momento a base di minacce e chiacchiere.

venerdì 25 novembre 2022

[...]

 




Diciottobrumaio è spesso in anticipo sulle notizie. Qui per intero.

Salvo movimenti astrali al momento imperscrutabili, difficilmente si arriverà a qualcosa di concreto (tantomeno in Italia).


Effettivamente ciò che penso del capitalismo

 

Sono in attesa che l’ex metalmeccanico Maurizio Landini, attuale segretario generale della Cgil, proclami uno sciopero generale di quattro ore per la quarta domenica del mese prossimo.

*

«Certi mezzi di comunicazione di massa al servizio d’interessi più o meno mascherati rovesceranno sul mondo, con visioni e rumori fantomatici, un oppio dei popoli più insidioso di quello che nessuna religione sia mai stata accusata di diffondere. Una falsa abbondanza, dissimulando l’erosione crescente delle risorse, distribuirà cibi sempre più adulterati e divertimenti sempre più gregari, panem et circenses di società che si credono libere» (Marguerite Yourcenar, Archivi del Nord, Einaudi, p. 259).

*

Faccio seguito al post di ieri, che qualche lettore forse incautamente s’è spinto a leggere integralmente. Da esso si potrebbe ricavare l’impressione di un mio giudizio positivo per quanto riguarda il capitalismo, nel senso che è grazie al modo di produzione capitalistico che la produttività del lavoro, favorita dallo sviluppo della tecnologia e delle tecniche di produzione, ha raggiunto livelli fino a poco tempo fa inediti e forse inimmaginabili, consentendo un miglioramento generale, seppur di grado diverso, delle condizioni di vita di larga parte della popolazione mondiale.

giovedì 24 novembre 2022

Una delle caratteristiche principali della storia moderna

 

Il 15 novembre 2022, circa 367.000 donne hanno partorito in tutto il mondo. Tra questi neonati, secondo le proiezioni statistiche delle Nazioni Unite, c’era l’otto miliardesimo essere vivente sulla Terra. La stima delle Nazioni Unite ha rilevato che ci sono voluti 12 anni, da quando la popolazione mondiale ha superato la soglia dei sette miliardi, per aggiungere un altro miliardo di esseri umani.

mercoledì 23 novembre 2022

Sfruttatori senza nome

 

Le sei del mattino è l’ora ideale per prendere una decisione “irrevocabile” (sto adeguando il vocabolario alla stagione politica), più tardi ci lasciamo un po’ andare dal disbrigo delle solite pratiche. Dalle 12.00 alle 14.00, non cambieremo mai il mondo, per ovvi motivi. Alle 15.00 è troppo tardi per iniziare qualsiasi cosa, specie se il cielo è quello di ieri (forse per voi, che leggete da un parallelo diverso, il cielo di oggi). Già vorremmo che fosse sera, e quali che fossero le luci casuali che appariranno nel pomeriggio, quali che fossero i volti incontrati, ci sarà un solo desiderio immenso, ostinato, crepuscolare: andare fino in fondo alla giornata che sarà stata fragile e uguale alle altre, per me di malinconia imprecisa e fantasticherie depresse.

La sera, poi, se accendi il televisore tutto assume le sembianze di una minaccia. Meglio scappar via. Verso le otto e mezza già prendo sonno. Registro puntante che poi cancello quasi sempre senza averle guardate. Solo a vedere certe facce, ad audio spento, vien voglia di scappare. La fine delle ideologie, tanto invocata, ha incontrato il suo doppio materialista, non meno spietato per i dimenticati dalla storia e i dannati della Terra. Questo ci dovrebbero raccontare i giornalisti ben pagati della televisione; ossia del vuoto e della perdita dell’orientamento. Su quale narrazione collettiva dovremmo riporre le nostre speranze? Appunto, dico, sono ben pagati, vivono nella loro realtà ovattata e spettacolare, i loro discorsi non possono essere altro che variazioni sullo stesso motivo, presentati come qualcosa di essenziale nella rappresentazione della realtà sociale.

Ne avete mai visto uno, dico uno solo, che s’alzi dalla seggiola per dire: ma di che cazzo stiamo parlando noi che guadagniamo 200mila l’anno e ci aspetta una pensione almeno dieci volte quella minima? Potremmo noi dire qualcosa di realmente sensato che sveli al pubblico la grande truffa su cui regge questo sistema? Qualcosa che vada al nocciolo della questione, che dica su che cosa si basa realmente la nostra democrazia, la libertà vigilata concessa in cambio di lavoro e tributi non più dovuti a un signore feudale, ma a una classe sociale di sfruttatori in gran parte senza nome?

martedì 22 novembre 2022

Bonanotte ar secchio

 

Prossimo decreto: più velocità per tutti

Quella del governo Meloni è una manovra economica di destra? Che domanda è mai questa, a chi può venire in mente? Qual è la totalità concreta nella quale lo Stato si definisce? Non è forse la formazione economico-sociale capitalistica? Pertanto, qual è il “motore” di questa formazione economico-sociale al livello più oggettivo?

Possiamo discettare sulle aliquote iva dei pannolini e del caviale quanto ci pare, ma innanzitutto bisogna aver chiare delle risposte a queste domande. Che a molti potranno apparire astratte se non astruse, e che invece riguardano la genesi, la sostanza e le dinamiche della società in cui viviamo e moriamo.

La scissione fra interesse particolare e interesse comune è scissione-antagonismo tra interessi di classi sociali diverse, delle quali una domina su tutte le altre. L’interesse collettivo prende una configurazione autonoma come Stato, separato dai reali interessi singoli e generali, e in pari tempo come “comunità illusoria”, direbbe quel barbone di Treviri.

Comunità illusoria, ossia surrogato di comunità, è l’organizzazione che classi dominanti si danno per difendere i loro privilegi particolari, i loro particolari interessi, presentati come generali, universali, come interesse generale illusorio sotto forma di Stato.

Del resto, sorto dalla necessità di contenere le spinte disintegrative che gli interessi antagonistici di classi sociali contrapposte portarono con sé, lo Stato è allo stesso tempo il loro prodotto, la loro manifestazione. Il tipo di Stato è il garante di un certo modo di produzione e della sua riproduzione.

Considerata da questo punto di vista, la manovra economica del governo Meloni, così come le manovre dei governi che l’hanno preceduta e di quelli che la seguiranno, appare perfettamente coerente.

Ogni considerazione da un punto di vista diverso rispetto a questa realtà storica oggettiva, non farà che riproporre, nella sua logica, il discorso caro all’ideologia dominante, ossia la riproposizione delle contrapposizioni, critiche laterali e auspici riformatori che hanno luogo in ogni momento nello spettacolo mediatico.

Guerra commerciale: il gas americano vince sui pannolini italici

 

L’Unione Europea è stupita, per non dire indignata, dal piano di Biden per sostenere le case automobilistiche americane. Stupita che Joe non debba chiedere, e tantomeno tener conto, dell’opinione di Bruxelles. Del resto, Washington può provocare una guerra in Europa, imporre sanzioni alla Russia che danneggiano soprattutto i Paesi della UE, far sabotare i gasdotti, imporre il proprio costosissimo gas, eccetera.

Nello specifico, l’obiettivo di Joe Biden è proteggere le sue industrie, il reddito e il lavoro dei suoi concittadini, che sono i suoi elettori. Per questo firma un assegno, fino a 7.500 dollari, per chiunque risieda sul suolo americano e acquisti un SUV elettrico da due tonnellate per percorrere i 500 m che separano i propri figli obesi dalla loro scuola, a patto che il mostro su ruote provenga da una fabbrica nordamericana, vale a dire degli Stati Uniti, del Canada o del Messico, vincolati da un accordo di libero scambio, ma anche la batteria dell’auto sia stata prodotta nel paese esportatore di democrazia.

“Inaccettabile”, dice Jozef Sikela, ministro dell’Industria ceco, il cui Paese detiene fino alla fine dell’anno la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. I Ventisette non vogliono che il piano di Biden sostenga le case automobilistiche americane, la cui misure ritengono “discriminatorie” nei confronti delle proprie industrie automobilistiche.

Una misura protezionistica, discriminatoria e nazionalista? Certo. Il problema è che l’UE non può farci nulla. Così come con il gas. Poiché i sussidi statunitensi creano una distorsione della concorrenza, Bruxelles può trascinare Washington davanti all’organo di risoluzione delle controversie, il tribunale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Americani ed europei si accusano reciprocamente davanti a questo organismo, in particolare per i cospicui sussidi che concedono alle loro industrie agricole e aeronautiche, perché il libero scambio è bello a parole ma insostenibile nella pratica, ed è necessario imbrogliare con soldi pubblici per essere “competitivi” e per evitare manifestazioni di agricoltori e operai davanti ai palazzi del potere.

Vedremo se l’UE attaccherà gli Stati Uniti all’OMC, posto che ormai è dipendente dalle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, a un prezzo molto più alto di quello russo. Da parte loro, i tedeschi sono atlantisti e dipendono dal mercato americano per vendervi le loro auto.

Anche se la procedura al WTO dovesse essere avviata, e portare a un giudizio favorevole alla UE, ci vorrebbero anni, durante i quali i veicoli prodotti negli Stati Uniti sarebbero venduti agli americani con denaro pubblico, mentre qui le nostre tasse vanno all’acquisto di veicoli asiatici (prossimamente elettriche cinesi per il proletariato europeo).

Fondamentalmente, il problema è che l’energia utilizzata dallindustria, il gas, è ora considerevolmente più economica negli Stati Uniti che in Europa. La “reindustrializzazione” di cui si è tanto parlato ultimamente avverrà davvero, dall’altra parte dell’Atlantico.

Intanto, il sindacato IG Metall ha ottenuto un aumento dei salari biennale dell8,5%. Non moltissimo, ma pur sempre molto meglio della riduzione delliva sui pannolini decisa dalle camicie nere della rivoluzione per combattere la débâcle demografica e raggiungere gli otto milioni di baionette previsti dal PNNR.

lunedì 21 novembre 2022

Calcio e doping

 

I controlli antidoping effettuati durante tutti i Mondiali di calcio dal 1966 al 2010 sono stati in totale 2.854. Quanti calciatori sorpresi in flagranza di doping? Solo tre casi positivi, non uno di più! Lo 0,11% degli atleti testati. Secondo queste statistiche, i calciatori non si doperebbero.

Questa è anche la conclusione della Federcalcio internazionale. Nel suo ultimo rapporto antidoping 2020/2021, presenta i risultati dei test effettuati durante l’anno. Su 602 test (75% di tutti i campioni da calciatori maschi), tenetevi forte: un solo caso positivo! Tra l’altro, non è nemmeno dovuto a un prodotto dopante secondo la Fifa, che ritiene che “il consumo di carne sia la fonte più probabile di questo risultato atipico”. Dunque, anche quell’unico caso è stato archiviato. Ancora una volta, va tutto bene, i calciatori non si dopano.

Certo, il calcio è un po’ più tecnico del ciclismo, dove devi solo pedalare come uno schiavo. Il know-how dipende però anche dalla condizione fisica: più il calciatore è in forma e meno ha il fiatone.

Posso in tal senso dare degli utili consigli, ma certamente non ne hanno bisogno: steroidi anabolizzanti, per una migliore capacità di recupero e un aumento della resistenza, EPO per ottenere una migliore ossigenazione del tessuto muscolare, cocaina, consente migliore reattività, decisioni più rapide, o diuretici, utilissimi per aumentare la quantità di urina escreta e mascherare altri prodotti vietati. Eccetera.

La realtà è ben diversa, come dimostrano anche altri sport, in primis il ciclismo (la vicenda Armstrong è eloquente), fin dagli atleti più giovani (lo sanno tutti, ma nessuno alza il velo di omertà): i laboratori cercano sostanze che gli atleti non assumono, mentre fanno uso di dopanti che le analisi non rilevano.

L’Agenzia mondiale antidoping stabilisce due liste: quella delle sostanze proibite “in competizione” e quella delle sostanze proibite “permanentemente”. Questi elenchi non coincidono. Ci sono quindi molecole vietate durante le partite, ma non durante gli allenamenti. È il caso, ad esempio, della cannabis, della cocaina o del captagon (è uno stimolante, meglio conosciuto come la “droga dei jihadisti”).

Se aumenti la capacità fisica in allenamento, ne trai beneficio il giorno della partita. Anche il portiere, che si potrebbe pensare sia al sicuro dal doping visto che corre pochissimo, può prendere la cannabis per aumentare la visione periferica.

A proposito di captagon, cioè di fenetillina: è un composto derivato dal raddoppiamento molecolare tra metamfetamina e caffeina, per entrambe le quali funge da profarmaco. La caffeina, che cosa c’è di più banale? Non si tratta di bere una o due tazze prima della partita. Per un effetto concreto, i calciatori assumono questa sostanza in compresse o iniezioni. Di conseguenza, aumentano l’eccitabilità, il rilassamento delle gambe e la potenza e precisione del tiro. È contenuta anche in una famosa bevanda, uno dei principali sponsor del Comitato Olimpico Internazionale, e forse questo è uno dei motivi per cui non è ricercata.

Gli amminoacidi ramificati, proposti per contrastare l’affaticamento, migliorare la concentrazione e le performance atletiche e ridurre la perdita di massa muscolare durante l’esercizio, secondo uno studio dell’Istituto farmacologico Mario Negri, potrebbero avere una correlazione con la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), ed essere una concausa con altri fattori scatenanti, per esempio l’abuso di antidolorifici e forti sospetti di correlazione anche per quanto riguarda i prodotti fitosanitari (pesticidi e biocidi usati sui terreni di gioco), quindi i microtraumi di gioco (anche nel rugby e football americano l’alta frequenza è sospetta). Solo prendendo in considerazione la serie A, il rapporto tra SLA ed ex calciatori risulta superiore di sei volte la media, e l’insorgenza della patologia è molto più precoce, anche se finora non sono del tutto chiare le cause che la favoriscono.

Quindi la creatina, in uso da molti decenni, come ben sanno i campioni di varie nazionali, per esempio. Solo Zinedine Zidane ha ammesso di aver assunto creatina quando era alla Juventus. Secondo un articolo del Corriere dello sport, il calciatore Garra Dembélé ha raccontato alcuni episodi della propria carriera: “In Bulgaria, al termine delle partite di Europa League, facevamo delle flebo. C’era un’infermiera in camice bianco. Ci toglievamo le scarpe e ci attaccavano subito le flebo, perché 2-3 giorni dopo ci aspettava un’altra partita. Quando sono andato al Friburgo, assumevo sostanze che non erano ammesse in Germania. Ero drogato, probabilmente erano ormoni, non lo so ... Ogni volta andavo io al test antidoping: urinavo ma non c’era traccia di quello che prendevo”. Eccetera. Anche Marcel Desailly, nella sua autobiografia Captain, racconta i suoi ricordi nel Marsiglia: in pullman passava uno dei medici “con la sua scatola dei miracoli e distribuiva pillole”, sotto lo sguardo dell’allenatore.

Come tutti gli sport professionistici, anche il calcio annovera, non meno di altri, tra tanta gente perbene, anche squali, mafiosi e spacciatori.

domenica 20 novembre 2022

Lo stecco nell’occhio

 

Sono in attesa di vedere il nuovo adattamento cinematografico del romanzo di Erich Maria Remarque Tutto tranquillo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues, 1928). Il film è firmato dallo sceneggiatore e regista tedesco Edward Berger, prodotto da Netflix, e spero riesca a portare sullo schermo l’atmosfera generale del libro, dunque l’orrore della prima guerra mondiale, della cinica spietatezza con cui più di una generazione fu mandata al massacro.

L’opera di Remarque è giustamente considerata uno dei romanzi più definitivi contro la guerra, non tanto per la sua finezza letteraria o per l’analisi delle radici politiche, economiche e sociali del conflitto, ma perché presenta la realtà della guerra di trincea dal punto di vista del diciassettenne Paul Bäumer, ossia con brutale onestà e in tutta la sua devastazione fisica, emotiva e morale.

La pubblicazione del libro dieci anni dopo la conclusione del conflitto si rivelò una bomba politica. Il governo tedesco, la fazione militare e più nazionalistica, stava lavorando al riarmo e il partito nazista di Hitler stava facendo tutto ciò che era in suo potere per incoraggiare il militarismo e lo sciovinismo. In queste condizioni, la rappresentazione realistica della guerra imperialista assunse un significato enorme dato il successo del romanzo di Remarque.

L’ultranazionalista Deutsche Adelsblatt, organo ufficiale della nobiltà tedesca, ad esempio, temeva che il libro potesse risvegliare e rafforzreo un sentimento pacifista. Il quotidiano nazista Völkischer Beobachter descrisse il romanzo come “l’esultante apologia di disertori, disfattisti, ammutinati e fannulloni” e condusse una feroce campagna contro l’opera e il suo autore, nonché, in seguito, contro il primo adattamento cinematografico approvato dalle autorità tedesche nel 1930 in una forma pesantemente censurata.

Chissà se il film farà riflettere anche sulle cause della guerra USA-NATO-UE contro la Russia, con decine di migliaia di giovani, fino a epoca recente parte di un’unica entità statale, nuovamente trasformati in semplice carne da macello nell’interesse delle oligarchie politiche e finanziarie. Soldati e civili uccisi e mutilati in combattimenti e bombardamenti, mentre una guerra mondiale minaccia ancora una volta l’intera umanità su più fronti.

Ci sono alcune date che segnano una cesura netta rispetto al passato, il 1914 è una di queste. Sarà così anche per il 2022? La macchina omicida è di nuovo in moto in Europa. Ciò che più manca oggi è una prospettiva fiduciosa e serena dell’avvenire. È diventato facile evocare il disordine, la guerra, compresa quella nucleare! È la stessa condizione umana a essere chiamata in causa. È già successo in un passato non lontano, e non ha insegnato niente.

Del resto, non vi sono segnali concreti di pace sul fronte orientale. La Russia non può rinunciare alla Crimea, perché significherebbe rinunciare al Mar Nero. Non può rinunciare ad avere un’Ucraina neutrale, fuori dalla NATO. Senza la Crimea e un’Ucraina non ostile, la Russia non sarebbe più niente. Per contro, i dirigenti politici attuali dell’Ucraina, ammesso e non concesso che possano decidere senza l’avvallo di Washington, non potranno, specie al punto in cui è la situazione, accettare le condizioni della Russia.

Tutto ciò è stato provocato deliberatamente dagli Stati Uniti d’America, seguendo la consueta strategia: tenere gli avversari divisi per tenere il mondo unito sotto il proprio dominio. Erano ben consapevoli che la linea Brzezinski avrebbe portato al conflitto aperto con la Russia. «Ma, Zbig, quante volte puoi mettere uno stecco nell’occhio alla Russia, senza che reagisca?» (David Ignatius del Washington Post, nel libro-intervista con Zbigniew Brzezinski).

sabato 19 novembre 2022

Il problema è l’anima

 

“Il mondo è malato, molto più malato di quanto pensiamo, e questo è ciò che dovremmo dapprima riconoscere, per avere pietà di esso”. Georges Bernanos, l’unico cattolico per cui nutro rispetto.

*

Cos’è uno scrittore che non scrive più? chiede Kafka. Risposta: un invito alla follia. Ciò che vale anche (più modestamente, evitiamo malintesi) per chi scrive su un blog e vive alla frontiera tra il nulla e il mondo degli uomini, insomma in una morbida atmosfera di ripetitività, salvo fugaci evasioni verso la laguna e il mare.

Quindi tranquilli, non sto impazzendo, anche se da qualche settimana i miei meravigliosi post tendono ad essere più egocentrici. Si tratta semplicemente del cielo carico di grigio, del buio alle quattro, degli effetti dell’età e mettiamoci pure qualche pensierino sul tempo che fugge, come direbbe il gobbo marchigiano.

Di fronte ai mezzi di smarrimento, a una delle caratteristiche di questa era terminale, ossia al modo in cui il mondo artificiale delle reti si sovrappone sempre più al mondo reale, fino a inghiottirlo, confido nel fatto che la parola ci aiuti. E però osserviamo come la parola sia costantemente attaccata, degradata, contaminata.

Il paradosso è che queste reti sono ormai l’unico modo per comunicare, e non sappiamo nemmeno quanto ancora nella nostra lingua. Nemmeno il latino e il greco antico, che pure avevano dominato i millenni, sono sopravvissuti all’impeto travolgente delle neolingue e della volgarità.

Nel nostro caso non seguirà alcun umanesimo e rinascimento, ma allo stesso tempo la più grande libertà e la più grande schiavitù dissimulata. Di fronte a questa crescente volgarità, la partita è persa in partenza: un Paese fratturato e sospettoso, tra chat e flat tax, tatuaggi e capelli alieni, giardino pulito e motosega, evasione fiscale e pick-up. Sto sventolando degli stereotipi? Non sono tali dalle mie parti.

Accanto al momento cibernetico, che diffonde l’oblio in tutti i punti del globo, l’indignazione è al massimo una posa, quando non è una nicchia mediatica. C’è di meglio da fare, c’è da misurarsi con l’evento, ogni giorno nuovo: le panzane sulla guerra, la gente che non si sa se fa finta di non capire oppure è proprio scema, e quella roba che chiamano crisi economica mondiale.

A proposito, la notizia è che gli statunitensi, in prospettiva di colonizzare Marte in prima persona, con il lancio di Artemis vogliono tornare sulla Luna. I cinesi, come ho già avuto modo di dire, pare stiano aprendo un loro bazar sulla faccia nascosta, e perciò non posso vederli col mio telescopio dal terrazzo.

Il nostro ingresso nell’era planetaria. Non resta che considerare un significativo cambiamento rispetto a tutta la storia passata: ovunque si fosse morti, si moriva in questo mondo. In futuro non sarà più così, si potrà tirare le cuoia anche su un altro pianeta. È probabile si studierà il modo di riutilizzare i cadaveri per cavarne materiale di utile impiego in loco. Il problema è l’anima: non è riciclabile, e poi come farà a ricongiungersi qui sulla Terra?

In attesa che la geologia riprenda il sopravvento sulla storia.

venerdì 18 novembre 2022

Il decennio decisivo

 

È diventato chiaro che l’Ucraina ha lanciato almeno un missile contro la Polonia, uccidendo due civili polacchi. Senza uno straccio di prova o plausibilità, viene affermato che le difese aeree ucraine hanno effettuato accidentalmente un attacco missilistico a molte decine di chilometri nella direzione sbagliata. Se si stava tentando di intercettare i missili russi provenienti da est, perché i missili ucraini erano puntati a ovest, contro la Polonia?

Perché il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il ministro degli Esteri Dimitri Reznikov hanno incolpato la Russia per l’attacco prima che le autorità polacche avessero confermato i dettagli di quanto avvenuto? Le affermazioni secondo cui il missile è stato lanciato da un sistema “difensivo” non hanno credibilità perché il sistema missilistico S-300 ha una ben nota capacità di colpire obiettivi terrestri.

Sia la NATO nel suo insieme e sia nei suoi i singoli membri hanno riconosciuto che è stata l’Ucraina, non la Russia, ad attaccare la Polonia, e però Zelensky, ancora ieri mattina, continuava a insistere sul fatto che l’attacco provenisse dalla Russia: “Non so cosa sia successo. Non lo sappiamo per certo. Il mondo non lo sa. Ma sono sicuro che fosse un missile russo, sono sicuro che abbiamo sparato dai sistemi di difesa aerea”. Puerile.

In realtà, l’attacco missilistico è stato una provocazione premeditata da parte dell’Ucraina, intesa ad accelerare il coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto e precludere qualsiasi discussione su un cessate il fuoco o una soluzione negoziata della guerra.

L’attacco ha avuto luogo durante il G20 di Bali, e tra i conflitti segnalati all’interno dell’amministrazione statunitense sulla portata e il ritmo del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra, vedi per esempio i suggerimenti del presidente dei capi di stato maggiore congiunti, il generale Mark Milley, secondo cui gli Stati Uniti potrebbero avviare un cessate il fuoco o negoziati di pace durante l’inverno.

L’Ucraina ovviamente ha diritto di difendersi e sta provando ogni tipo di provocazione per far fallire qualunque mediazione negoziale (l’attentato “kurdo” a Istanbul va in questo senso) e per coinvolgere direttamente la NATO nel conflitto, ben sapendo che da sola non può sconfiggere la Russia, e ciò malgrado l’enfasi posta dopo il ritiro delle truppe russe dalle posizioni più esposte e il loro riposizionamento su una linea di fronte più corta e compatta (i russi hanno comunque allargato il loro controllo sul sud-est dell’Ucraina). L’inverno farà il resto, trasformando il conflitto in una guerra di logoramento combattuta principalmente a colpi di missili e artiglieria da campagna.

Gli Stati Uniti hanno scelto, questa volta, di non abbracciare completamente la falsa narrativa promossa da Kiev, perché farlo porterebbe a una guerra su vasta scala. L’amministrazione Biden, tuttavia, sta stanziando decine di miliardi di dollari di armamenti in Ucraina e costruendo un fronte di battaglia della NATO lungo l’intero confine europeo della Russia.

Finora gli stanziamenti di armi statunitensi in Ucraina ammontavano a 18,2 miliardi di dollari. Lo stesso giorno in cui hanno avuto luogo gli attacchi, la Casa Bianca ha chiesto al Congresso di approvare armi aggiuntive per 21 miliardi di dollari.

La provocazione ucraina con il lancio missilistico in territorio polacco ha comunque ottenuto un risultato: mercoledì, il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, e il presidente del Joint Chiefs of Staff, Milley, hanno smentito qualsiasi apertura su un cessate il fuoco durante l’inverno, come era stato suggerito dalla stampa nelle ultime settimane.

Alla domanda se Milley si stia tirando indietro rispetto ai suoi commenti della scorsa settimana, aprendo all’opportunità di negoziare con i russi, sia Milley che Austin hanno detto che vedono la guerra continuare e persino intensificarsi durante l’inverno. “Penso che la lotta invernale favorisca gli ucraini”, ha detto Austin.

Al momento il conflitto ucraino serve per tenere impegnata la Russia e renderla inoffensiva su altri scacchieri. Il vero grosso obiettivo di Washington è un altro. Quali che siano i colpi di scena tattici della politica militare statunitense, la direzione strategica generale degli Stati Uniti è una chiara e inequivocabile tendenza verso l’escalation militare in quello che Washington ha definito il “decennio decisivo”.

E per quanto riguarda la UE? Qui i rapporti tra i Paesi, causa anche la crisi energetica ed economica, stanno diventando sempre più asimmetrici. E anche questo è un punto che Washington segna a suo favore: divide et impera.

giovedì 17 novembre 2022

Sinistre persistenze

 


È questo uno dei temi caldi precongressuali della “sinistra” dopo la batosta elettorale .

È laureato con una tesi su “La condizione dei lavoratori migranti nel mercato del lavoro italiano: persistenze e cambiamenti”.

*

È probabilmente il ritrovamento osseo più spettacolare di tutti i tempi: come annunciato ieri da un team internazionale di archeologi, sembra che siano riusciti a recuperare i resti di Dio durante uno scavo a Gerusalemme.

Enorme, maschio, di oltre 6.000 anni: queste sono state le prime indicazioni che hanno insospettito i ricercatori quando hanno dato un’occhiata alle insolite ossa. Lo scheletro, quasi completamente conservato, misura circa 6,50 metri di lunghezza e presenta la tipica struttura ossea di un uomo barbuto dai capelli bianchi.

Nessuno degli archeologi aveva mai considerato d’imbattersi nelle ossa di Dio. “Lo scheletro inizialmente sembrava l’immagine di un homo sapiens, solo su scala molto più grande”, ha spiegato uno di loro. Solo più tardi i ricercatori si sono resi conto che l’homo sapiens è l’immagine sputata di ciò che avevano trovato.

Ora non ci sono quasi dubbi sull’identità dei resti: “L’età e il sesso rilevato dall’esame delle ossa, ma anche gli altri 20 scheletri alati con le trombe e la prima edizione autografata della Bibbia, che erano accanto nella stessa fossa, non consentono altra spiegazione”, scrive Le scienze in edicola il prossimo primo dicembre.

Un confronto del DNA con la Sindone di Torino e con un centinaio di chiodi reliquia della Croce del Golgota, conservati in tutta Europa, dovrebbe ora finalmente confermare la relazione di queste ossa con Gesù e quindi l’esistenza di Dio (*).

Una volta completate tutte le indagini, le ossa saranno seppellite durante una cerimonia ecumenica che coinvolgerà cristiani, musulmani ed ebrei.


(*) Il cosiddetto Monte Golgota in realtà è uno sperone di roccia alto non più di 6.5 metri.

La linea di rischio

 

Fatta eccezione per l’Italia, in tutti i paesi del mondo, Stati Uniti compresi, s’è capito chi è Volodymyr Zelensky. La figura di merda è stata di livello planetario. E, non contento, l’ex comico insiste. Il presidente Biden è molto arrabbiato, ha dovuto saltare la cena di gala a base di stufato balinese offerta dal presidente indonesiano Joko Widodo.

Tutto ciò è avvenuto durante il vertice del G20 a Bali, in Indonesia, che ha mostrato come i diversi Paesi siano, quando non nemici, quantomeno rivali l’uno dell’altro, rivelando una oggettiva contraddizione: quella tra l’economia globale interconnessa e integrata e il sistema di stati-nazione rivali.

Il G20 si è svolto nelle peggiori condizioni economiche globali, in peggioramento su tutti i fronti. L’inflazione globale è al livello più alto degli ultimi 40 anni, la recessione incombe in un numero crescente di grandi economie, inclusi gli Stati Uniti, i tassi di interesse stanno aumentando mentre le banche centrali inaspriscono la politica monetaria e la crisi alimentare sta spingendo milioni di persone alla fame. L’aumento del dollaro USA fa aumentare il prezzo dei beni di prima necessità nelle valute locali, e dunque l’insicurezza alimentare.

La guerra in corso condotta dagli Stati Uniti contro la Russia in Ucraina, combinata con l’aumento delle spese militari, si aggiunge alla spirale inflazionistica, mentre l’intensificarsi delle tensioni e dei conflitti geopolitici esclude qualsiasi risposta coordinata ai crescenti problemi economici globali. Sonnambuli in un mondo che diviene sempre più povero e meno sicuro.

Dopo aver registrato due trimestri consecutivi di contrazione nei primi sei mesi dell’anno, l’economia statunitense si è ripresa nel terzo trimestre, ma questa tendenza non dovrebbe durare con l’ondata di licenziamenti di massa in atto nelle industrie high-tech.

Gli indici dei responsabili degli acquisti di S&P Global per ottobre hanno indicato un peggioramento della flessione per il Regno Unito, gli Stati Uniti e la zona euro. L’indice globale dei nuovi ordini è sceso al livello più basso dall’inizio del 2020, l’inizio della pandemia. Anche la crescita cinese ha toccato i livelli più bassi degli ultimi tre decenni.

Secondo il Financial Times, “gli economisti stanno rivedendo al ribasso le loro previsioni di crescita per il 2023 per i paesi più ricchi e prevedono un calo della produzione in Germania, Italia e Regno Unito”. A mio avviso sono ottimisti.

La speranza che “la ragione prevarrà” e la guerra sarà presto portata a una conclusione negoziata è un’illusione politicamente paralizzante e pericolosa. Per comprendere il potenziale pericolo, è necessario ricordare le esperienze del passato. Come la prima e la seconda guerra mondiale, lo scopo fondamentale della guerra è riorganizzare il globo e ridistribuire le sue risorse tra le potenze vincitrici. Sotto la spinta della cieca necessità, ossia della legge dell’accumulazione capitalistica, non c’è barbarie di cui il grande capitale e la classe dirigente non siano pienamente capaci.

mercoledì 16 novembre 2022

Annunci

 

Ragazza, 25 anni, capelli color mogano, esile, molto graziosa, belle gambe, priva disponibilità economica [sans fortune], dattilografa città di provincia, sposerebbe signore posizione sicura. Cerca soprattutto affetto [Cherche avant tout tendresse].

Signorina, 40 anni, aristocratica, figlia unica, un po’ intellettuale [légèrement intellectuelle], residente castello, dote 200.000 fr., sposerebbe signore cattolico molto distinto, anche senza disponibilità economica, preferibilmente nobile.

Marchesa, molto alta, occhi cangianti verde-azzurro, capelli biondo naturale, ben fatta, graziosa, molto elegante, tipo mondano [ligne femme du monde], molto distinta, gioielli, sposerebbe signore bell’aspetto, tipo americano [genre américain].

Impiegata, castana, 29 anni, dolce, sottomessa, ordinata, 600 fr. al mese, leggera tubercolosi curabile, sposerebbe signore meno di 45 anni desideroso renderla veramente felice. Situazione economica ininfluente. Disposta a lasciare provincia.

Signore diplomato sulla cinquantina, buono, sensibile e disinteressato, bisognoso affetto, cerca scopo matrimonio ragazza preferibilmente meno di 23 anni, per bene, distinta, educata, istruita, affettuosa, devota, condotta irreprensibile, molto carina, buona donna di casa, aspetto semplice ma davvero seducente, dote minima 500.000, possibilmente ereditiera.

Maestro elementare, 28 anni, imminente promozione, sposerebbe collega libera pensatrice con rendita consistente.

Celibe, sulla trentina, bell’aspetto, m. 1,75, istruito, molto dotato [tous avantages], sposerebbe ragazza dote importante.

Visconte, figlio unico, 27 anni, discendenza nobiliare attestata documenti autentici fino a XV secolo, non ancora in possesso di patrimonio personale ma destinato cospicua eredità, perfetto da ogni punto di vista, sposerebbe persona molto ricca, religione ed età ininfluenti, con parenti in grado garantire occupazione genero.

Extrait de Le plus beau jour, revue mensuelle de mariages, octobre 1926 (Henry de Montherlant, Le jeunes filles, Gallimard 1972, pp. 18-22).

La risposta che non c'è

 

L’episodio della Ocean Viking, con a bordo 234 migranti prelevati in mare, mette in scena cinque categorie di individui: migranti, contrabbandieri, associazioni umanitarie, leader politici dei paesi europei che accolgono questi migranti sulle loro coste e coloro che non li accolgono. Ognuna di queste categorie agisce secondo la propria logica. I migranti vogliono entrare in Europa per avere una vita migliore. I contrabbandieri vogliono fare soldi con questa tratta. Le associazioni che raccolgono questi migranti in mare vogliono favorire questo esodo e salvare vite umane. I leader dei paesi europei vogliono adeguare il numero degli immigrati ai bisogni di valorizzazione del capitale evitando l’immigrazione incontrollata.

Quando si cerca di trovare la soluzione giusta per porre fine a queste tragedie che spesso finiscono in fondo al Mediterraneo, ognuno sceglie ciò che più corrisponde al proprio interesse e forse, almeno per qualcuno, alla propria sensibilità, difendendo i migranti e le associazioni che li aiutano.

Se si ragiona da un punto di vista strettamente politico, si è restii ad accoglierli, per paura di offrire pretesti ai partiti politici xenofobi. Se sei pragmatico, capirai che anche i contrabbandieri cercano di guadagnarsi da vivere approfittando della situazione, perché gli affari sono affari. Una cosa è certa, nessuno è in grado di offrire una risposta decente e coerente a questo dramma, perché una simile risposta non c’è, non nei termini correnti della politica e del dibattito pubblico attuale.

Questo è spesso il modo in cui funziona la vita politica nelle nostre sempre più traballanti democrazie: uno spettacolo in cui non c’è regista e nessun autore che abbia scritto i dialoghi. Come una sorta di improvvisazione permanente della politica dove tutti vorrebbero recitare il ruolo migliore. Lo stesso vale per gli altri grandi dibattiti che ci riguardano: il riscaldamento globale, la crisi demografica (assente o quasi), i servizi pubblici (da oltre un anno aspetto un’ecografia qui nel profondo nord), la precarietà e il supersfruttamento del lavoro, la disoccupazione, l’inflazione e non ultima la guerra, ma meglio dire: la voglia di guerra, ecc..

L’ansia e l’angoscia causate dalle incertezze su tutte queste e altre questioni spettacolarizzate, sono un po’ le stesse che si provano quando ci si ritrova in una situazione potenzialmente pericolosa e dalla quale non s’intravede via d’uscita. I dibattiti sui migranti che finiscono in Europa sui gommoni mettono in luce la nostra incapacità di superare le crisi che investono le nostre società. Siamo noi stessi su una barca che sta imbarcando acqua, e non c’è nessuna Ocean Viking all’orizzonte che venga in nostro soccorso. Gli attori della vita pubblica sembrano sopraffatti dalla complessità dei problemi che sono chiamati a risolvere, e del resto la loro posizione di classe, dunque anche il loro orizzonte ideologico e in certi casi anche mentale, non lascia scampo.

Tantomeno si ha coscienza che anche i paesi di origine di questi migranti sono a rischio di movimenti migratori interni che destabilizzeranno il loro già fragile equilibrio economico e sociale e provocheranno crisi ben più gravi di quelle che stiamo vivendo attualmente.

In alcuni post di questi giorni, forse con troppa presunzione, sicuramente con troppe parole e un linguaggio inappropriato alla comunicazione di oggi, ho cercato di dire ancora un volta quale sia il motivo essenziale dell’impasse storica che stiamo vivendo. Per non incorrere nello stesso mio errore di quei post, è bene che mi fermi qui. Quel che ero capace di dire è stato detto; quel che potevo apprende è stato appreso.

martedì 15 novembre 2022

Come altro dirlo?

 

D’interesse larticolo del prof. Andrea Zhok che ieri è stato segnalato nel blog di Erasmodue.

Chiedo: ma questo è lo stesso Zhok candidato di una lista non esente da tratti conservatori se non addirittura reazionari?

Quello che scrive Zhok nel suo articolo mi trova complessivamente d’accordo, ma ciò non mi esime da alcune osservazioni, tenuto conto che a mio giudizio per quanto le tesi di Zhok possano sembrare “estremiste” la sua critica mi pare comunque consustanziale alla critica laterale borghese, e del resto non mi sembra casuale che il professore sia stato scelto dagli specialisti dello spettacolo per recitare la parte del bastian contrario.

Scrive Zhok che i capitalisti hanno “come fine il mantenimento e consolidamento di un potere a base economica incrementale”. Vero ed è fin troppo ovvio, se non altro perché è nel loro precipuo interesse, sia come singoli che come classe, adeguarsi funzionalmente alla natura e dinamica storica capitalistica, essenzialmente accumulativa, e dunque a una necessità del tutto oggettiva.

Si tratta, ed è cosa fondamentale per la comprensione del tema, dell’oggettivazione dei rapporti economici e della loro autonomizzazione rispetto agli agenti dell’economia, e ciò riguarda l’universo sociale intero.

Di che cosa è fatto il “capitale”, del quale il capitalista non è altro che la personificazione? Sia nella forma D-M-D’, e tanto più nella forma puramente finanziaria di D-D’, la dinamica capitalistica nel suo complesso si muove del tutto autonomamente rispetto alle singole volontà, e anche alle volontà di gruppo e d’élite. Ogni singolo soggetto sociale è dominato da una cieca legge di natura, che impronta la nostra epoca con specificità sue proprie il complesso dei rapporti sociali borghesi.

Ciò che dobbiamo avere al centro dell’attenzione, non è questo o quell’aspetto dei fenomeni, bensì il movimento del plusvalore, essenza del capitale! È la razionalità del plusvalore che definisce, in ultima istanza, tutto il resto.

Scrive Zhok: “Le élite apicali del sistema contemporaneo conoscono le contraddizioni del sistema, ma questo non significa affatto che intendano abbandonarlo”. Che i capitalisti o funzionari delle élite apicali possano singolarmente decidere di perseverare o abbandonare il “sistema”, non ha rilevo essenziale. Primo, perché è il sistema che non si fa “abbandonare”; secondo, perché essi stessi, nel loro insieme, fanno parte del “gioco”, appartengono come tutti al regno della necessità, e ciò vale anche in considerazione, come dice Zhok, “che ogni potere ha un incentivo intrinseco ad aumentare le proprie capacità di controllo”, il che è ovvio e vorrei dire fin quasi banale in ogni epoca e situazione.

Scrivevo nel post di ieri: La struttura degli elementi economici fondamentali della società non viene toccata dalle tempeste della politica. Questo fatto è noto a ogni capitalista intelligente e a ogni ideologo che non sia anche un cretino. Il processo di produzione capitalistico, considerato nel suo nesso essenziale, non muta in base a chi governa.

Soggiungo ora in nota al ragionamento di Zhok: non solo quella struttura non muta in base a chi governa, ma nemmeno per effetto della volontà recondita o esplicita di chi crede di cavalcare la tigre. Si tratta della struttura di rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla volontà degli uomini.

Un’altra chiarificazione va fatta: è vero che le più realiste sono le teste pensanti del sistema, che sanno bene quali siano le contraddizioni e le “rotte di collisione”, ma sarebbe altresì erroneo attribuire loro chiara consapevolezza delle cause immanenti, e penso sia fuori luogo credere che “a prendere massimamente sul serio le analisi marxiane” siano “i detentori del potere all’interno del sistema”.

Anche qui, nel considerare le contraddizioni laceranti innescate dal sistema capitalistico, si deve tener conto che nessuno può sottrarsi fin dalla nascita all’influenza ideologica della classe economicamente dominante, dunque nemmeno gli elementi più dotati della classe borghese, che al pari e anzi più degli altri interiorizzano e assimilano quel tipo di rapporti sociali, fino a restarne profondamente segnati.

Tanto più che le “analisi marxiane” non seguono il metodo storico, ma quello logico, “il solo adatto”, come rilevò Engels. “Questo non è però altro che il modo storico, unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbatori”. Insomma, pur non sottovalutando nessuno dei capitalisti e giocatori in borsa, non penso sia nelle loro corde la dimestichezza della logica dialettica di Marx, che è una logica oggettiva e materialistica, opposta a un criterio logico di disposizione delle categorie economiche soggettivo.

E ciò tanto più in un periodo in cui l’interconnessione e l’interdipendenza degli enti materiali esistenti oggettivamente si tende porli fuori della coscienza oppure all’interno del dato meramente biologico. Zhok, come esperto del pensiero filosofico, sa bene come butta la faccenda e a quale grado di regressione si sia giunti finora in ogni ambito.

Non era del resto lo stesso Zhok che dichiarava in una sua intervista: «In qualunque sfera che vada al di là delle dimensioni di un’azienda le capacità previsionali medie degli economisti non superano quelle del buonsenso informato, e talvolta non lo raggiungono neppure, in quanto l’inquadramento teorico spesso acceca rispetto alle esigenze di una visione d’insieme»?

E ciò che vale per i “mandarini”, vale anche per i loro feudatari.

Al contrario di ciò che sostiene Zhok, almeno in questo ultimo suo articolo, la borghesia sfrutta proprio i meccanismi dualistici, vale a dire le contraddizioni che a tutti i livelli solcano la formazione sociale capitalistica, ai propri fini di conservazione. La borghesia sa bene che il conflitto si può solo controllare, arginare, volgerlo a proprio favore, ma non risolverlo, perché appunto appartiene al processo di leggi che funzionano come cieche leggi di natura.

Zhok, infine, scrive: “Una soluzione radicale di uscita dal modello capitalista da parte del potere capitalista è immaginabile solo con la promessa di cristallizzare i rapporti di potere correnti (un’uscita in direzione di una democrazia socialista non risulta perciò particolarmente gettonata)”. Ci risiamo: non si tratta meramente dei “rapporti di potere correnti”, bensì della struttura degli elementi economici fondamentali della società. E dunque anche il discorso sull’’uscita verso “una democrazia socialista” (tanto o poco gettonata), risulta del tutto aleatoria se tale “uscita” è contemplata nel novero delle “riforme”.