mercoledì 3 novembre 2021

Divagazioni in un giorno di pioggia battente


[ascoltando Schuman, Il paradiso e la Peri, chœur de l’Orchestre de Paris - Orchestre de Paris, dir. Daniel Harding]

La cosa buona delle chiese è che sono spesso vuote. Non parlo delle chiese “museali”, tipo Sant’Agostino a Roma, dove c’è sempre calca per una sbirciatina ai Caravaggio, come fossimo tutti dei Berenson, Castaldi, Longhi, Zeri. Parlo di chiese che offrono un’oasi di pace quando siamo stanchi di zompettare e possiamo sederci su una sedia, appisolarci alla luce tremolante di una candela, russare su una panca senza disturbare nessuno.

La domenica, nel giorno in cui Cristo è risorto dai morti, è diverso. C’è la messa. Le donne affluiscono più numerose degli uomini; gli anziani, seduti sempre allo stesso posto, sono più numerosi dei giovani. Tutti recitano all’unisono. Stare quieti è impossibile, perciò me ne sto alla larga, sebbene conservi memoria di come procede il rito.

Il prete, poco prima di bere del buon vino da un calice dorato, spiega il vangelo. Grazie a questo libro stampato da Grafiche Venete 1600 anni fa, sciorina risposte precise e assolute alle più spontanee domande esistenziali. Che vogliamo fare, le credenze sono per definizione impossibili da confutare. La Chiesa, in cambio della nostra fede e sottomissione alla sua autorità, offre perdono e promessa del regno dei cieli. Quoi, l’éternité? Senza peccare per l’eternità, ma sicuramente è quello l’inferno.

La cosa sorprendente non è il fervore di chi assiste alla messa, ma l’espressione contrita di chi aspetta di confessarsi, come andassero dal medico per una candida resistente. Nei vangeli non c’è la confessione, tantomeno quella auricolare, che prende avvio solo molto dopo; nel 1215 papa Innocenzo III ne decretava le regole. In tal modo il prete stabiliva il suo potere sulla scorta di quello che in segreto sapeva degli altri. Anticipando Freud di un bel pezzo, il “peccatore” scarica la sua coscienza raccontando le sue “colpe” a un altro e così si riconcilia con se stesso. Può funzionare.

Che cosa confessano i “peccatori” nel 2021? Offese contro dio, contro gli altri, contro se stessi? I peccati hanno seguito l’evoluzione della morale? Ai ragazzi e alle ragazze, inginocchiati, è ancora chiesto se si sono “toccati” e “quante volte”? Ho memoria del ragazzino che si avvicina al confessore, gli sussurra cose, sicuramente grandi peccati perché il prete sorride e i suoi occhi brillano in modo strano.

Verrebbe da chiedere al confessore, peccatore al pari e forse più di ogni altro umano: e tu, ti sei “toccato”, oppure ti sei fatto “toccare”? Quante volte e da chi? Le religioni hanno sempre avuto un serio problema con la sessualità (e con le donne, in particolare), così come la psicoanalisi (*).

Le persone che vanno a confessarsi spesso raccontano bagatelle, roba quasi inventata, solo perché devono confessarsi. Chi ha lucrato sul bisogno del prossimo suo, sa che non è peccato, bensì libero mercato. Invece la confessione dei fatti propri, dei più intimi, deve essere precisa, sincera e completa, senza giustificare se stessi. Se reticenti, l’assoluzione non vale; si resta nel peccato, che può essere anche mortale, peggio del covid per i non vaccinati.

Non pochi preti, dal canto loro, dovrebbero confessare fatti che costituiscono reati e crimini. Confesserebbero a dei colleghi che magari sanno essere peccatori e anzi concorrenti per la stessa merce? E poi c’è il segreto della confessione (ego te absolvo a peccatis tuis ...). “Va, non peccare più”, diceva il fondatore della ditta. Che significa: “fai da te”, non devi rispondere a nessuno al di fuori del nostro foro (**).

È vero che la pedofilia non prospera solo all’interno della Chiesa, ma stiamo parlando di un’istituzione che pretende di insegnare a tutti la morale. Il Vaticano sostiene si tratti di colpe individuali, giammai di un problema strutturale che porti a mettere in discussione l’istituzione totalitaria, quell’“ibrido sociale” che è la Chiesa, l’obbligo del celibato ecclesiastico, la selezione dei “vocati” al sacerdozio e l’impianto stesso della commedia.

Per farsi prete si entra in seminario a vent’anni, rinunciando a vivere la propria sessualità, restare celibi e non avere rapporti al di fuori del matrimonio. È la stessa Chiesa che celebra e difende la famiglia che lo chiede, anzi, lo impone. Il prete è per definizione un represso, eunuco per il regno dei cieli. In realtà diventa uno scapolo erotico, omo o etero, si nasconde e non di rado ha una doppia vita, non parla mai dell’unica cosa che ha in mente. Una regola prevale: evitare che si sappia. In caso contrario, gestire lo scandalo.

(*) Non a caso la Scuola freudiana di Parigi, diretta da Jacques Lacan (con una formazione cattolica solida), era soprannominata la Chiesa freudiana di Parigi. Fu lui a dire, nel 1974, che “la religione è fatta per guarire gli uomini, perché non si accorgano di ciò che non va”. Poi, nel marzo 1980: “Sappiate che il senso religioso farà un boom di cui non avete idea. Perché la religione è l’alloggio originario del senso. È un’evidenza che s’impone. A quelli che sono responsabili nella gerarchia più che agli altri”. Così parlò il maestro di Massimo Recalcati. Proliferano le credenze, tutti i trafficanti di oppio sostengono fermamente di portare la verità, come tanti piccoli Gesù 2.0.

(**) In questa separazione sta la natura eminentemente politica non solo del cattolicesimo, ma di tutte delle religioni, che hanno sempre snobbato il potere civile (quando non s’identificano con esso) ed esistono allo scopo d’esercitare un ruolo politico e preferibilmente esclusivo. Per non dire quanto ancora influenzino l’istruzione pubblica oltre a quella privata, dando più importanza alle credenze che alla conoscenza razionale, con decisivo impatto sulla formazione dell’identità dei bambini che in tal modo sono indottrinati a credere in una dimensione che non esiste. 

3 commenti:

  1. Apprezzo la scelta dell'ordine alfabetico.

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  2. "stampato da Grafiche Venete 1600 anni fa" Ma si prende gioco dei suoi lettori ???
    Saluti con simpatia

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