È poco noto che la sera del 10 maggio 1933, a Berlino e in una ventina di altre città, alle 23 in punto iniziarono le “dichiarazioni del rogo”, preparate con cura dalle associazioni degli studenti nazisti di tutto il Paese. Il primo libro “dichiarato” e mandato al rogo fu un’opera di Karl Marx. Poi fu la volta di scrittori e filosofi ritenuti antitedeschi e quindi gli scritti di Sigmund Freud. Giorni prima, il 6 maggio, truppe d’assalto studentesche avevano saccheggiato librerie e biblioteche pubbliche. Avevano attaccato in particolare l’Istituto di sessuologia di Berlino, distruggendo la sua magnifica biblioteca, che conteneva più di 10.000 libri.
Hitler, nel 1925, pubblicò il primo volume di quello che sarà poi conosciuto come Mein Kampf, con il titolo Eine Abrechnung (Un resoconto). Lo dettò nel 1924 nella fortezza bavarese di Landsberg am Lech, dove fu imprigionato dopo il fallito Putsch della Bürgerbräukeller del 18 brumaio 1923. Il secondo volume, intitolato Die Nationalsozialistische Bewegung (Il movimento nazionalsocialista), fu scritto dopo la sua scarcerazione nel dicembre 1924 e pubblicato nel 1926.
Nella dichiarazione dei redditi, alla voce “professione”, Hitler indicava “scrittore”. Le vendite dei volumi gli rendevano bene. Che Mein Kampf fosse illeggibile e quindi poco letto, è una vecchia favola. I due volumi, sotto il titolo Mein Kampf, negli anni 30 diventarono bestseller. In quel decennio fu l’opera più venduta in Germania dopo la Bibbia. Hitler guadagnò milioni grazie alla percentuale sulle vendite.
Ne furono distribuite oltre 10 milioni di copie e fu tradotto in sedici lingue. Interessante la contorta vicenda della pubblicazione in lingua italiana dell’opera. Ne fu interessato personalmente Mussolini. Nel 2016, i diritti di pubblicazione dell’opera sono tornati a essere pubblici, dopo che erano stati assegnati allo Stato della Baviera, che rifiutava di concedere i diritti di pubblicazione. In Germania ne sono stati venduti recentemente altri 100.000 esemplari.
Mein Kampf oggi è noto in Italia generalmente solo per il titolo e per sentito dire, e invece sarebbe utile una sua edizione critica (si trovano edizioni molto imperfette). Infatti, trovo l’opera interessante per certi motivi, che ovviamente non sono quelli degli idioti simpatizzanti. Hitler fu il prodotto della sua epoca e di un certo ambiente, va compreso e non semplicisticamente demonizzato, anche perché la catastrofe hitleriana nasconde ancora molte domande alle quali non è stata data risposta. Per esempio, mi piacerebbe capire il passaggio di Martin Heidegger dal cattolicesimo (voleva farsi prete) al nazismo (fu nazista fino alla sua morte). Eccetera.
Proprio per questo il nazismo così come il fascismo non vanno rintracciati sic et simpliciter, con dubbi parallelismi, negli avvenimenti odierni. Chiedersi il perché del seguito dell’AfD, senza barare, ossia prendendo atto che non è semplice convivere con persone immigrate per le quali mangiare carne di maiale o essere omosessuali è un crimine. Paragonare qualsiasi cosa al nazismo, come hanno fatto certi idioti a Novara, rende incomprensibile anche il periodo del Terzo Reich. Non è vedendo Satana ovunque che ci faremo un’idea dell’inferno.
Quando si assume un testo, qualunque esso sia, come profetico si è già sulla via del fanatismo.
RispondiElimina(Peppe)
Mein Kampf non è certo un buon libro, ma diventa interessante alla luce del suo successo editoriale e della carriera del suo autore. Chiediamoci perché è potuto accadere che un così scadente libro e un personaggio bizzarro come il suo autore abbiano incontrato tanto credito. Il suo lato "profetico" stava nelle cose.
EliminaCondivido pienamente la sua riflessione. È vero che testi farneticanti vengono prodotti con continuità; sono le condizioni sociali che determinano il successo o meno delle idee.
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