Chi di noi ha un po’ d’anni vissuti nel periodo della cosiddetta Guerra fredda, ricorderà l’equilibrio del terrore che si era stabilito tra Usa e Urss. Fu il più visibile dei dati essenziali della politica mondiale di quell’epoca, e significava altresì l’equilibrio della rassegnazione, vale a dire alla permanenza dell’altro per ciascuna delle superpotenze antagoniste. La contesa era incentrata sugli aspetti militari e ideologici, non su quelli economici, che restavano ristretti prevalentemente alle relative sfere d’influenza.
Anche la rassegnazione delle persone a una sorte che sfuggiva loro in modo così completo, era affidata alla prudenza di leader politici, di diplomatici e strateghi. In tutto ciò c’era una razionalità, ossia la razionalità di un delirio coerente. Perfino la denuncia di questo delirio poteva prendere forme e connotati dell’assurdo, come ci ricordava un celeberrimo film di Kubrick.
Di tale minaccia, comunque, c’era una generale consapevolezza e un dibattito pubblico frequente e partecipato. Non è più così.
Nell’ultimo decennio, Obama, Trump e ora Biden hanno successivamente alzato la posta in uno scontro sempre più diretto con la Cina, volto a impedire che minacci l’egemonia globale americana.
La Cina, in virtù delle dimensioni della sua economia e del bisogno di energia, materie prime e componenti, sta entrando in conflitto con il mondo dominato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Inoltre, per competere economicamente, la Cina è costretta a puntare sull’avanzamento delle industrie hi-tech, che sia Trump che Biden hanno cercato di bloccare. Senza scomodare von Clausewitz o Sun Tzu, questi sono già atti di una guerra, per il momento combattuta con altri mezzi.
Parlando all’Aspen Security Forum nella scorsa settimana, il presidente del Joint Chiefs of Staff, il generale Mark Milley, ha preso di mira la Cina come la minaccia alla sicurezza n. 1 per gli Stati Uniti e ha ristretto il lasso di tempo per una potenziale guerra a due anni.
Da molto tempo viviamo in un mondo di sostanziale incertezza, ossia in presenza costante di una potenziale guerra che porterebbe all’annientamento totale della civiltà umana, ma di questo fatto ce ne siamo dimenticati. In realtà nella nostra quotidiana corsa contro il tempo ci stiamo disabituando a pensare. In nostra vece “pensano” le macchine.
Non ci rendiamo ben conto, per fare un esempio banale, che lo smartpfone che abbiamo in tasca, in tutto e per tutto il nostro alter ego, è una macchina potente con la quale non solo comunichiamo con gli altri, paghiamo alla cassa del supermercato, leggiamo il menù in trattoria, troviamo un indirizzo e una strada, scattiamo foto e video, ma essa traccia la nostra vita, comunica dati e “pensa” per noi. Una macchina che non siamo noi a controllare, ma viceversa ne dipendiamo quasi totalmente e attraverso di essa sono altre entità, che non conosciamo e non sappiamo quali altri fini possano perseguire, a influenzare e in buona misura a controllare la nostra vita. Prima d’ora non è mai esistito nulla del genere, di nemmeno lontanamente paragonabile.
Pertanto, andando ad altre e ancor più sofisticate tecnologie, pensiamo davvero che quando si passerà dalla minaccia all’azione concreta lo scontro che vede in campo Cina e Stati Uniti si limiterà a uno scambio di colpi tra cannoniere? Come ho già scritto più volte in questo blog, il prossimo conflitto bellico tra superpotenze assumerà connotati molto diversi da tutti i precedenti. Non solo perché saranno messe in campo nuove armi e tecnologie, in parte mantenute segrete, ma perché a dirigere il conflitto non saranno più gli umani ma le macchine, in remoto, attraverso automatismi che potrebbero portare a scenari imprevedibili e fuori dal controllo dei decisori politici e forse di chiunque altro. Tutto ciò che abbiamo conosciuto ci sembrerà antidiluviano. Non avremmo nemmeno la chiara percezione di cosa starà accadendo, così come molte cose ci sfuggono già adesso.
Tutto ciò nella diffusa e spaventosa mancanza di consapevolezza, incatenati come siamo da cose di ben altro momento. Tipo quel che avviene nelle mutande di presidenti incontinenti. Vero o falso che importanza avrebbe? “Questo e molto altro dopo la pubblicità”, come ripete ogni sera la grande giornalista.
Il fatto che una come lei,di solito assai precisa su tutto,sbagli l'ortografia di smartphone fa intuire quanto lo mal sopporta.
RispondiEliminaCome la capisco....
Saluti Madame
:) effettivamente.
EliminaHo omesso un'acca, però in altri post, quando ho scritto questa parolaccia, ho messo i ditini sulla tastiera tutti giusti
Io mi asciugo i capelli col fon
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