«Il potere non è nel Consiglio comunale di Palermo. Il potere non è nel
Parlamento della Repubblica. Il potere è sempre altrove. Lo stato per me è la
Costituzione e la Costituzione non esiste più».
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Dell’indagine e degli arresti di
Roma ciò che sorprende è l’esclamazione di novità, ciò che stupisce di più è
l’ennesima meraviglia di chi dice di essere “sconvolto dal termine mafia”. E
subito s’affretta a dire che il tal ministro è un “galantuomo”. Del resto l’ha
scelto lui.
Quanto sta emergendo è solo un livello di criminalità e di
connivenza tra personaggi della politica e personaggi degli affari. Diciamo, per riferirci all’indagine, che si tratta di un livello
di mezzo, intermedio. Dei livelli più alti, ognuno di noi può solo supporre e
immaginare, collegare e dedurre quel poco che trapela, specie dalle pagine
economiche dei giornali. Per esempio, non si può pensare che si costruiscano milioni di metri cubi di alloggi e infrastrutture senza che vi sia corruzione. In Italia, poi? Dei segreti più oscuri è la criminalità, economica
e finanziaria, ad entrare in possesso per poi ricattare il potere.
Che cosa possiamo attenderci da un
sistema di potere che ha sempre falsificato il sapere sociale? Poniamo per
esempio mente al fatto che la maggior parte dei reati societari (depenalizzati
ulteriormente con una legge approvata in questi giorni) e delle frodi
finanziarie sono essi stessi una delle attività rilevanti della criminalità
organizzata così come essa s’è andata sviluppando oggi.
Resta da capire cosa vogliamo
intendere con i concetti di reato e di criminalità organizzata. Lucrare sui
fondi pubblici destinati all’assistenza agli immigrati è senz’altro un’attività
criminale, e però vendere pacchetti di derivati agli enti pubblici non è forse
e in ogni caso una frode finanziaria?