mercoledì 24 gennaio 2024

Non è un anacronismo

 

Avvertire oggi preoccupazione per il neofascismo a distanza di ottant’anni dalla caduta di Mussolini e del suo regime, dovrebbe essere un fatto fuori della realtà, del tutto anacronistico, un po’ come se negli Stati Uniti, ben dentro il XX secolo, vi fosse stata analoga e reale preoccupazione per un rigurgito del separatismo sudista. E però nel considerare i fatti quello nostro è tuttaltro che un anacronismo.

Se ciò avviene in Italia a riguardo del neofascismo (per quanto riguarda il neonazismo anche in Germania), gran parte della responsabilità politica è da attribuire alle forze della conservazione e della reazione, queste ultime mai dome nel cercare rivincita agendo dietro il paravento dell’estremismo; in altra parte, ciò è l’esito della sostanziale inerzia e negligenza della sinistra verso questo fenomeno lungo i decenni del dopoguerra, nei quali un antifascismo spesso allegorico si accontentava di intonare canzonette d’antifascismo apotropaico buone ad ogni effetto.

Che già nel 1946 fosse avvenuta la ricostruzione di un partito di ispirazione fascista, guidato da ex esponenti fascisti e monarchici, sostenuto da ex repubblichini e nostalgici, era un fatto alla luce del sole. La democrazia cristiana (e le forze interne ed esterne sue alleate) trovava utile mantenere alla sua destra un simile partito (ai cui voti, parlamentari e nelle amministrazioni locali, attingere in caso di bisogno); la sinistra trovava altrettanto utile avere un avversario, debole sul piano politico e del consenso, da agitare come spauracchio.

Per quanto poi riguarda la dinamica oggettiva, sociale ed economica, di questo ricorrente minaccia, bisogna ancora una volta inquadrare il fenomeno nella crisi dell’ordinamento borghese, ossia di un sistema liberale che regge solo quando tutto scorre bene per madama la marchesa e regna la pace sociale. Ciò è vero per il passato e anche per l’oggi in cui si assiste alla recrudescenza del fenomeno (ma ancora molti lo sottovalutano). Soltanto inquadrando il fascismo e il neo fascismo nelle sue cause strutturali, e dunque nella grave crisi politica e nella instabilità sociale, si può comprendere perché non solo l’Italia e l'Europa, bensì oggi anche gli Stati Uniti, diventino il terreno di ogni possibile avventura.

* * *

Recentemente è tornato in auge parlare di Renzo De Felice (1929-1996), storico del fascismo e noto soprattutto come biografo di Mussolini. Su Raistoria, non unica enclave televisiva dominata da Paolo Mieli, che di De Felice fu allievo, lo storico reatino viene presentato quasi (anche senza il quasi) come un perseguitato dalla “sinistra”. A tale riguardo credo sia utile riportare una breve citazione da un libro di cui raccomando la lettura sebbene sia stato pubblicato 25 anni fa (o forse proprio per questo!).

«C’è un punto sul quale occorre esser chiari. In Italia nessuno storico “revisionista” è stato messo al bando. La leggenda, ripresa recentemente da Sergio Romano, in base alla quale Renzo De Felice venne bandito e perseguitato, è addirittura risibile. Sbaglio o De Felice ricoprì per un ventennio prestigiose cattedre nell’Università “La Sapienza” di Roma, negate per il precedente trentennio a storici comunisti o soltanto di sinistra? Sbaglio o De Felice apparve per vent’anni sugli schermi televisivi della Rai in programmi nei quali poteva esercitare un diritto di veto nei confronti miei e di altri storici? E – infine – De Felice pubblicò i suoi lavori presso piccole case editrici o non invece con gli editori più prestigiosi in campo storico come Einaudi, Laterza è Il Mulino? Potrei proseguire, ricordando l’ostracismo decretato da De Felice e da alcuni dei suoi discepoli all’opera di tutti gli studiosi che non consentivano con le tesi riportate avanti dallo storico reatino, ma per ora mi fermo qui» (Nicola Tranfaglia, Un passato scomodo. Fascismo e postfascismo, Laterza, 1999. D’interesse, nello specifico, il capitolo Il “problema De Felice”).

10 commenti:

  1. De Felice perseguitato dalla sinistra? Ricordo una recensione, a dir poco entusiastica, del primo volume della biografia di Mussolini. Recensione pubblicata su Rinascita, a firma di Paolo Spriano (membro del Comitato centrale del PCI).

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    1. Le 11 pagine (IX-XX) della Prefazione di Delio Cantimori (non proprio l'ultimo arrivato) al primo vol. del De Felice (Mussolini il rivoluzionario), se ne ricava un giudizio non proprio lusinghiero sul modo di operare di De Felice.

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  2. Semmai fu lo storico Rosario Romeo ad avere avuto qualche problema per le sue tesi antigramsciane soprattutto in quelle sul Risorgimento.

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    1. Mi permetto di rammentare che Rosario Romeo fu il tutore di Renzo De Felice, fu lui a lanciarlo e fu lui a proteggerlo. Il motivo era chiaro: De Felice riusciva a scovare documenti che si sono rivelati utilissimi per la ricostruzione del fascismo. Non è un merito da poco.

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  3. De Felice non fu un perseguitato, però, sia chiaro, non lo fu nemmeno Tranfaglia. Quelli citati sono scazzi fra comari del mefitico mondo accademico.
    È vero che De Felice non piaceva al PCI, che naturalmente aveva qualche postura egemonica, ma non fu in grado di perseguitarlo.
    Invece De Felice perseguitava il volonteroso lettore, essendo incapace di scrivere in modo decentemente scorrevole.

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    1. e chi ha detto che Tranfaglia fosse perseguitato? semplicemente le cattedre, allora come oggi, venivano assegnate secondo certi criteri.
      De Felice fu iscritto al PCI fino al 1956, ma il fatto di non essere più iscritto non gli valse ostracismo, come del resto dimostra Tranfaglia.
      Sull'ultimo punto c'è unanime accordo. Ma se leggi il libro di Tranfaglia, spiega anche perché non voleva riuscire ad essere chiaro.

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  4. @Erasmo Non essere così spregiativo del mondo accademico. Ho due carissimi amici, astrofisici tutti e due, che sugli eventi accaduti nei primi microsecondi dopo la nascita dell'universo. litigano furiosamente. Ogni tanto li invito a cena insieme e mi diverto ogni volta di più :)

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    1. Ce l'ho anch'io degli episodi da raccontare. Un migliaio circa. Scelgo il più innocuo. Un professore non si presenta a lezione, senza preavvisare. Viene contattato per telefono. Gli si fa notare che gli studenti a lezione ci sono andati, e hanno subito una scorrettezza. Risposta: "io sono un ordinario!"

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