I semiconduttori alimentano i computer e armi avanzate. Fanno girare il mondo, sempre più digitale. I componenti elettronici che per molti settori sono stati per lungo tempo solo un pezzo del puzzle tra gli altri, un mattone essenziale ma spesso intercambiabile, sono diventati cruciali. Senza di loro un’auto non si mette in noto, un aereo non decolla, un telefono non squilla, un computer non gira. I chip più efficienti sono diventati l’elemento chiave dell’elettronica civile e militare. Temendo di essere superata da Pechino in questo campo, Washington ha lanciato un’ondata senza precedenti di sanzioni contro la rivale, segnando il ritorno del protezionismo. Siamo (quasi) tutti liberali, adoratori del “libero mercato”, a parole.
Il futuro sembrava roseo per Yangtze Memory Technologies Corp (YMTC), un produttore cinese di chip di memoria flash, semiconduttori essenziali per il funzionamento di computer, smartphone e molti dispositivi elettronici. In meno di sei anni, YMTC era riuscita a elevarsi al livello tecnologico dei leader del settore. Consacrazione definitiva quando Apple, all’inizio di settembre scorso, ha pianificato di ottenere da questa società forniture per equipaggiare i suoi iPhone.
Una vittoria di breve durata. Sotto la pressione del Senato degli Stati Uniti, Apple ha prima fatto marcia indietro, rinunciando a ordinare da YMTC. Poi, il 7 ottobre, Washington ha annunciato drastiche restrizioni all’esportazione di semiconduttori avanzati, in nome della “sicurezza nazionale” e al fine di “impedire che l’esercito della Repubblica popolare cinese, nonché i suoi servizi di intelligence e sicurezza acquisire tecnologie sensibili che possono essere utilizzate per scopi militari”.
Da un giorno all’altro, YMTC si è trovata privata dei suoi fornitori americani, essenziali per la produzione dei suoi chip di memoria avanzati. YMTC ha dovuto sbarazzarsi di una parte del suo personale, i cittadini americani così come i residenti permanenti (titolari di una Green Card) essendo soggetti all’obbligo di una licenza per lavorare nelle fabbriche cinesi di chip elettronici o per partecipare al loro sviluppo. Il suo amministratore delegato, Simon Yang, nato in Cina ma titolare di passaporto americano, si è dimesso.
La giovane ammiraglia cinese non è sola nel mirino di Washington. Dopo aver preso di mira alcune aziende, come il colosso delle telecomunicazioni Huawei nel 2019, gli Stati Uniti a fine agosto, hanno vietato l’esportazione delle schede grafiche più avanzate (unità di elaborazione grafica o GPU) di Nvidia e Advanced Micro Devices (AMD) in Cina, segnalando un cambiamento di approccio. Le GPU sono fondamentali per le prestazioni di intelligenza artificiale, data center o supercomputer, utilizzate per la ricerca scientifica, ma anche per migliorare le prestazioni di aerei da combattimento o missili ipersonici.
Quindi hanno preso di mira l’intero settore dei semiconduttori, richiedendo alle aziende americane del settore, nonché ai loro clienti internazionali, di ottenere una licenza per vendere componenti avanzati o le apparecchiature di produrli ad aziende cinesi, con la certezza che tali licenze saranno rifiutate.
Si parla spesso della contesa tra Washinton e Pechino, e in concreto si tratta di una vera e propria guerra industriale e commerciale. Che alla lunga non potrà che mutarsi in un’escalation molto pericolosa. Tra l’altro, vale ricordare che il gigante taiwanese Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), è il produttore di chip numero uno al mondo in outsourcing. Infatti produce il 90% dei chip più avanzati al mondo: quelli che consentono agli iPhone più recenti di essere i più potenti, ai data center per eseguire il calcolo globale e ai supercomputer per risolvere problemi sempre più complessi. La TSMC ha una gigantesca fabbrica a Nanjing, cioè a Nanchino, nella provincia cinese di Jiangsu.
Se gli Stati Uniti hanno promesso di difendere Taiwan in caso di invasione cinese, la pressione americana per isolare tecnologicamente la Cina costa sempre di più all’industria taiwanese. Nonostante gli sforzi di diversificazione dell’isola, la Cina rimane il principale partner commerciale di Taiwan, ricevendo, con Hong Kong, il 42% delle esportazioni taiwanesi (2021), il 55% delle quali sono chip elettronici, per oltre cento miliardi di dollari. Come si vede, Taiwan è un anello chiave nelle catene commerciali globali, e la geopolitica un po’ più complessa da come ce la raccontano le marionette in tv.