La figura di Napoleone Bonaparte ispira
indubbiamente una grande ammirazione, e la sua epopea quasi un sentimento di
empatia cui nemmeno molti storici sono riusciti a sottrarsi. Bonaparte è stato
il modello di molti, spesso in modo sottaciuto e in certi casi in forme perfino
imbarazzanti.
Considerato un genio, Bonaparte fu indubbiamente
un uomo, un generale e uno statista di qualità e capacità non comuni. Viene
descritto come ambizioso, ma ciò è riduttivo, poiché siamo di fronte a un
fenomeno dai tratti patologici, che rivela una mentalità tirannica nella
gestione del potere. Non si accontentò del titolo d’imperatore, ma si sentiva
in diritto di nominare i propri fratelli, o persone di sua stretta fiducia,
sovrani di porzioni del continente europeo. È stato l’incarnazione dell’idea
moderna di conquistatore, ma fu con cinismo e inganno, richiamandosi agli
ideali di liberazione dei popoli oppressi, che indusse la gioventù francese e quella
dei popoli “liberati” ad arruolarsi nelle sue armate e trovare la morte, spesso
in modi orribili, sui campi di battaglia di tutta Europa e oltre.
*
Il nostro giudizio storico su Bonaparte tiene
conto di ciò che sappiamo ex post, ma quanti potevano adombrare, durante la
prima Repubblica francese, sul finire del XVIII secolo, che si potesse operare con
la stessa mentalità che aveva ispirato le gesta di Alessandro Magno più di
venti secoli prima? E quanti, poco più di un secolo dopo, nei primi tempi
successivi alla conclusione della guerra mondiale, seppero cogliere d’acchito
quale fosse la reale natura del fascismo, considerato che alla sua testa c’era
Mussolini, un uomo che fino a poco tempo prima era stato il più acceso dei
socialisti massimalisti? Nessuno fra i suoi contemporanei sapeva, in quel
momento e con certezza, fin dove si sarebbe spinto, tanto che anche dopo la
formazione del suo primo governo, molti ritennero che si trattasse di una
parentesi, e comunque di un fenomeno che si poteva addomesticare.
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A suo tempo ho definito Salvini e di Maio
come degli uccelletti di passo. Di Mario è chiacchiera e per il resto nullità, quindi
di lui non ci si deve preoccupare, eventualmente, se non per i danni che
provoca al suo partito e per quelli, non incidentali, alla lingua italiana. Per
quanto riguarda Salvini, che è massimamente sbagliato demonizzare, ha confermato di non avere le capacità strategiche, di mediazione e d’intuizione
politica proprie di un leader che si candida, almeno nelle sue intenzioni, a
guidare una nazione come l’Italia; e nemmeno la statura di un leader di partito
che vale un terzo dei voti elettorali e con stabile radicamento territoriale.
Nell’immediato ci si dovrebbe preoccupare
seriamente del fatto che questo mondo sta diventando, con l’ausilio della più
recente tecnologia, sempre più totalitario. Ci si dovrebbe preoccupare, e non
sto sulle supposizioni, di ciò che già è evidente nella crisi italiana, europea
e mondiale. Che non è solo crisi economica (*), né solo politica e degli
assetti istituzionali, né solo crisi demografica e dei flussi migratori, bensì
crisi generale storica di un sistema. In definitiva ci si dovrebbe porre la
fatidica domanda, ossia se tutti i problemi e le disgrazie che ci affliggono e
che stanno modificando in modo irreversibile e profondo la società e l’ambiente
nel quale viviamo, non abbiano una causa comune.
(*) La parola “mercato” sarà l’ultima che uscirà dalla bocca
di molti nel momento in cui il sistema andrà in frantumi. Gli indici di
crescita e di rendimento li dispensano di allontanarsi d’un solo passo
dall’orlo del precipizio.
La causa comune è la bramosia di Potere sulle persone e sulle cose. Condensato in "comandare è meglio che fottere".
RispondiEliminanon meno deleteria è la fazione che attribuisce tutti i mali al mercato, tanto per dire l' aria che tira e quanto ricomporre il quadro sia impresa ben oltre le capacità della borghesia
RispondiEliminavero, e sai come la penso, ma sai anche come la pensano quelli che il mercato è una mano santa per tutto
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