lunedì 25 marzo 2019

È fatto così



Da sempre una frazione della borghesia locale posa il proprio sguardo solo su un suo unico reale interesse: mantenere le proprie posizioni di rendita e di supremazia sociale. L’altra frazione, più dinamica ed esposta all’alea dei mutamenti del nuovo ordine economico mondiale, cerca di rimanere a galla in un mare d’insidie continue adeguandosi alla corrente. Il loro piccolo capitale non è sufficiente per l'esercizio della grande industria e soccombe nella concorrenza con i capitali più forti e per il fatto che la loro abilità viene svalutata da nuovi sistemi di produzione. Dal canto suo la classe lavoratrice è giustamente preoccupata di conservare i propri posti di lavoro e dunque i salari, quando gli dice bene. In realtà essa è una merce come ogni altro articolo commerciale, esposta come le altre merci a tutte le alterne vicende della concorrenza, a tutte le oscillazioni del mercato mondiale.

C’è chi sfrutta politicamente le inquietudini nonostante l'unilateralità e le ristrettezze nazionali divengano sempre più impossibili. È una navigazione a vista che vorrebbe erigere muraglie, stavolta contro i cinesi i quali non fanno altro che applicare alla lettera i rapporti borghesi di produzione e di scambio e dunque ciò che hanno appreso da quello stesso dispotismo occidentale, odioso ed esasperante, che apertamente proclamava come fine ultimo il guadagno.

Perché dunque desta meraviglia che i nuovi padroni della situazione badino ai profitti, cioè a quei denari che valicano agevolmente i confini sottraendosi volentieri al fisco locale? Hanno solo imparato e applicato la lezione. E perché dunque stupirsi che siamo diventati negli ultimi decenni una vera e propria colonia del tipo che piace tanto a ogni genere di monopolio e d’imperialismo, dove il marchio frutta assai e il lavoro costa sempre meno?

È davvero triste assistere alla corsa di chi vende la propria argenteria di famiglia a un imperialismo piuttosto che a un altro, tuttavia bisogna rassegnarsi che così è fatto il capitalismo.

7 commenti:

  1. uhmm...mi sa che stanno dissimulando il dissappunto con la meraviglia: ma magari la tua era una figura retorica.
    Comunque anche lì in oriente, la pratica del capitale è assai matura (perdonami il termine sparato a casaccio)
    voci familiari mi parlano di disoccupazione crescente e di difficile ricollocazione lavorativa dopo troppe primavere vissute: ma immagino che la situazione sia ben più complessa...
    come al solito vedremo.

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  2. acuta l' osservazione del commentatore qui sopra secondo cui il capitalismo in Cina è già maturo: è proprio vecchio, con la specifica di non intendere questi aggettivi in senso naturalistico ma "di fase suprema"

    dopo l' esportazione di capitale non ce ne è una ulteriore a seguire - ma i comunisti cinesi contemporaneamente devono anche rafforzare e affinare il mercato interno, e quindi c' hanno da fare per un pò

    per il resto degli argomenti fare il pendolo fra alleati atlantici (un atlantismo mal vissuto da entrambe le sponde) e possibili acquirenti di debito (quello sì veramente sovrano) è un vecchio gioco

    quello che non torna ancora una volta è la lentezza con cui a Bruxelles leggono la situazione

    e il silenzio dei dominati

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    1. Bruxelles? Berlino e Parigi leggono bene e alla svelta. quanto al silenzio facciamocene una ragione.

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  3. a parte l' affarone Airbus non è che ci sia niente di memorabile

    è che la crisi è entrata in una nuova fase e l'ordine sparso già non paga più neanche economicamente ma a bruxelles non se ne sono accorti

    aspetta che trump e i cinesi abbiano finito

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    1. usa e cina hanno moli interessi in comune, tuttavia prima o poi lo scontro aperto sarà inevitabile. quali fisionomie assumerà? proprio ieri sera m'è caduta a terra la sfera di cristallo, un attimo prima del responso.

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    2. chiusura a semi-riccio e scaramucce finche i grandi trust non trovano accordi convenienti, questo nella migliore delle ipotesi

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  4. Intendevo il trade deal, entro due mesi





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