Ha ragione il prof. Ernesto Galli della Loggia nel suo editoriale: “Mette
un brivido soltanto immaginare quali possibili esiti” può dar luogo ciò che egli
chiama lo “sviluppo dell’economia”, ossia quello sviluppo dell’unica realtà
economica esistente su scala planetaria, il capitalismo.
Prendiamo nota: “si stanno creando le premesse né più
né meno che per la disgregazione della base sociale su cui ha poggiato il
sistema politico e l’insieme dei valori pubblici che hanno tenuto il campo a
partire dal 1945”. Che uno storico di vaglia come Ernesto Galli registri questo
fatto solo in data odierna – lo dico senza adombrare la benché minima ironia – è
segno anche questo dei tempi che stiamo vivendo, in attesa che degli autentici brumairiens prendano il sopravvento.
E tuttavia a me pare che il professore sia poco
avvertito, a parte i brividi marzolini, delle reali dinamiche di tale “sviluppo dell’economia”, del processo
storico in marcia da decenni, se egli ha ancora in serbo un’ultima speranza,
sia pure di mistica natura, ossia “che le classi dirigenti riescano a
riprendere miracolosamente in mano la situazione”.
Ancora non si vuol comprendere che le classi
dirigenti nulla possono contro quelle leggi dello “sviluppo dell’economia” che
scuotono il mondo, tantomeno in questa fase dello sviluppo del capitalismo. In
alternativa l’unico modo sarebbe di ricercare e comprendere tali leggi
economiche per governarle confermandovisi. Il che francamente è fuori della
portata delle classi dirigenti e padronali (figuriamoci le attuali) perché esse
trovano naturale e necessario conformarsi ai propri interessi di classe.
L’essenza dei rapporti sociali, in una società di
classe fondata sull’esistenza della proprietà privata dei mezzi di produzione, è
lo sfruttamento economico che costituisce la vera raison d’être dell’intero sistema di classe. C’è sempre stata una
classe che dispone del surplus prodotto dal lavoro, ed infatti finora si è
sempre assistito alla trasformazione e sostituzione di classi e di ceti
sociali, all’affermazione della ferrea legge “michelsiana” delle oligarchie,
del loro ostinato ricostituirsi in situazioni anche totalmente mutate.
Ben oltre i fenomeni di cui si duole il
professore assieme ad altri, qualcosa di realmente inedito nella crisi della
società borghese si sta profilando e anzi imponendo sempre più marcatamente e
prima o poi esploderà con virulenza. Poco male se non ve ne siete ancora
accorti, tra una decina d’anni ne darà puntuale notizia in uno dei suoi editoriali
il professor Ernesto Galli.
«Il che francamente è fuori della portata delle classi dirigenti e padronali (figuriamoci le attuali) perché esse trovano naturale e necessario conformarsi ai propri interessi di classe.» Quello che dal '45 è riuscito alle suddette classi padronali e dirigenti è stato far credere anche alle classi subalterne la necessità e la naturalità dello sfruttamento...
RispondiEliminasì, in continuità con prima
EliminaForse anche perchè ci si vergogna di parlare del proletariato moderno?
RispondiEliminaSembra non esista...
Roberto
È sempre più difficile avere per fine la verità pratica, specie se questa poggia su una legge economica.
EliminaScrive Marx nel cap. 15° del III Libro:
“il modo di produzione capitalistico trova, nello sviluppo delle forze produttive, un limite che ha nulla a che vedere con la produzione della ricchezza in quanto tale; e questo particolare limite testimonia del carattere ristretto, semplicemente storico, transitorio, del modo di produzione capitalistico; prova che esso non costituisce affatto l’unico modo di produzione in grado di generare ricchezza, ma, al contrario, arrivato ad un certo punto entra in conflitto con il suo stesso ulteriore sviluppo”.
insomma non si vuole prendere atto che una massa sempre più grande di capitale richiede una quota di lavoro vivo sempre più piccola. e ciò non può essere, dal lato della forza-lavoro disoccupata e dal lato del capitale, senza conseguenze drammatiche e sovvertitrici. tempo al tempo.
Ma c'è sempre una soluzione alle crisi del capitalismo, soluzione che si è già manifestata nelle due guerre mondiali del Novecento. Forse non ci arriverò a vederla, ma la terza guerra mondiale non dovrebbe attendere troppo tempo per reclamare i suoi diritti. Nel frattempo, ho sistemato gli scritti sulla Seconda, che sono molto istruttivi... Ma quanti problemi burocratici per la pubblicazione!
RispondiEliminaQuanti sanno che Chongqing è la città più popolosa del mondo? Nemmeno wikipedia che la colloca al 31° posto (2008). Una città che aumenta di 700mila ab. l'anno! tra qualche anno Galli gli dedicherà un suo articolo.
Eliminadopo il sogno americano avremo l'incubo cinese?
avrei detto più guangzhou e il delta del fiume delle perle.
Eliminail concetto cinese/asiatico di città sembra essere un tantino diverso dal nostro.
prego precisare diversità concetto di città.
Eliminadirei che tendono a considerare grosse macro aree come citta e a dotarle di servizi.
Eliminal.impressione che ho avuto io è che per loro la lombardia sarebbe una città unica.
l.idea mi venne quando sono andato, con mia moglie e sua amica , a vedere un appartamento a canton est. piu o meno 100 km dal centro di canton stessa e praticamente di fronte a shenzhen...io ho pensato: secondo me siamo in un altro stato e tra qui e canton ci son km di campi vuoti...ma per loro c.era la ferrovia fino a canton..in futuro le campagna sarebbero state sostituite da palazzi...quindi era canton...
poi insomma...questo è solo il mio personale parere
Non me ne intendo, ma date le dimensioni demografiche le città cinesi dovrebbero essere come le nostre regioni più popolose.
RispondiEliminaesatto, certe città sono foreste di grattaceli, ma credo che l'anonimo qui sopra confonda popolazione con estensione.
EliminaPer educazione ti lascio l'ultima parola, ma il verbo credere !?
Elimina