Il mese scorso leggevo le Considerazioni sui principali avvenimenti della rivoluzione francese
di Madame de Staël, libro non raro ma poco comune, la cui traduzione italiana è
stata data alle stampe, con ampia introduzione di Adolfo Omodeo, dall’allora
benemerito Istituto per gli studi di
politica internazionale nel mese di agosto del 1943! Mussolini era
“trattenuto” a Villa Webber, un
modesto edificio tutto bianco nell'isola della Maddalena, al governo c’era
Badoglio e la guerra continuava il suo corso.
Pregustavo, già dal titolo, un
libro di grande interesse perché scritto da una protagonista dell’epoca dell’ancien
règime e da una testimone diretta della rivoluzione francese. E invece si è
rivelato, tutto sommato, un libro deludente, pervaso da una concezione fin
troppo idealistica della storia. Tuttavia, a tratti, quando de Staël racconta
le vicende che la videro vis-à-vis
con la rivoluzione, per esempio di fronte a Robespierre, la lettura diventa
interessante per qualche pagina, o forse solo per qualche riga. Come quando fu
rinchiusa, per essere protetta, nel gabinetto del procuratore del Comune,
laddove restò con la sua cameriera ad “aspettare sei ore, morendo di fame, di
sete e di paura”.
*
Oggi sul Domenicale,
in prima, è pubblicato un ampio stralcio delle conclusioni del saggio di
Voltaire Sui costumi e lo spirito delle
nazioni. La prosa del mostro sacro dell’Illuminismo, a voler giudicare da
questo stralcio, appare assai datata e non c’è stomaco pervio a duemila di
queste pagine edite da Einaudi. Fatta salva la sua critica delle antiche e
coeve superstizioni religiose (dimentica però di citare quel mitico Gesù che
tanto ha pianto e non ha mai riso per nulla), per quanto riguarda le sue
considerazioni sul fatto che la natura umana “si assomiglia da un capo
all’altro del mondo”, oppure che un’Europa senza guerre sarebbe senz’altro
desiderabile e migliore, si tratta dei soliti luoghi comuni, quali: “una
nazione, quando conosce le arti e quando non è sottomessa e deportata dagli
stranieri, risorge facilmente dalle sue rovine e si ristabilisce per sempre”. Considerazioni
queste che confinano per complicità con infiniti obbrobri e si combinano bene
con la tonalità generale del nostro presente e dunque per questo riproposte come
“toccasana per tentazioni alla Fukuyama”, sostiene, di spalla, Armando Masserenti.
Fukuyama? Dipende se hai dimenticato con chi hai bevuto un bicchiere la sera prima, e quella prima
ancora.
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