Il
lavoro salariato è uno scambio dove il potere sta da una sola parte, quella del
capitalista, un potere violento statuito e regolato per legge che sfrutta la
condizione di bisogno del lavoratore. Il lavoratore è solo oggetto dello
scambio, come qualsiasi altra merce, dunque un oggetto di uno scambio ineguale,
prigioniero di una situazione cui non può sfuggire se non perdendo tutto, a
cominciare dalla propria identità. Quando si parla o si scrive di una persona,
subito è specificato il mestiere o la professione, cioè il posto che essa
occupa nella divisione sociale del lavoro, la sua posizione di classe.
Tale situazione, dopo lotte decennali, era stata a suo tempo in parte mitigata con l'introduzione di alcuni diritti e tutele più favorevoli ai lavoratori. Dagli anni Ottanta è cominciato a spirare un vento contrario, il neoliberismo ha conquistato il "cuore" di molti, e il "mercato" è sembrato essere la panacea di tutti i mali, nulla ormai poteva frapporsi al nuovo ordine capitalistico mondiale. Finiva un'epoca e ne iniziava un'altra, in cui abbiamo cominciato a goderne i frutti, e altri più succosi verranno.
Ciò
che era cominciato con il pacchetto Treu è poi continuato in modo molto più violento
nelle politiche sociali italiane con la famigerata legge 30, ispirata da Marco Biagi,
già consigliere di Prodi, Treu, Bassolino, ecc.. Il lavoro assume il carattere di
massima precarietà e il caporalato diventa legale con il cosiddetto voucher, laddove il padrone è sollevato
perfino dal dover stipulare alcun tipo di contratto, e dove il lavoratore è
privato del diritto alle prestazioni a sostegno del reddito (disoccupazione,
maternità, malattia, assegni familiari ecc.).
Come
si vede le “riforme del lavoro”, fino alla modificazione dell’articolo 18 e al
Jobs act, che introduce maggiore flessibilità (per es.: la possibilità di
arrivare mezz’ora più tardi per portare all’asilo il figlio, ma in cambio mi
dai disponibilità a lavorare nei festivi) e regala miliardi di euro statali ai
padroni, sono riforme a marchio di “sinistra”. In tale situazione il lavoro
perde le sue peculiarità etico-mitologiche per assumere palesemente quelle
della violenza e della prevaricazione con implicazioni psicofisiche molto gravi per i lavoratori. A
ben considerare è la fonte di tutte le sofferenze.
Cara Olympe,
RispondiEliminacome sempre descrivi un quadro "reale".
La Kultura si dedica alle "visioni".
Le nuove "pizie" si incontreranno a Torino
Leggere per credere
http://www.salonelibro.it/it
caino
Non so se conosce il nuovo progetto di legge per il lavoro 1/2 euro jobsact in Germania cioè, per far lavorare tutti gli immigrati e non mantenerli e lasciarli a zonzo come da noi capita, propongono lavori di pulizia strade, giardini e parchi ed altro a 1/2,50 euro all'ora, altro che schiavi nelle piantagioni di cotone.....Tocqueville ne sarebbe commosso.
RispondiEliminaforse gli passano anche il ketchup
EliminaIl quadro è questo.
RispondiEliminaSi potrebbe aggiungere una piccola nota di costume. Oltre le Alpi, al di fuori della propria sede di lavoro sei mr, herr, frau ecc.
Da noi mentre il parrucchiere ti spazzola la giacca, rimani sempre
avvocato, ing., geom. (la cosa buffa è quando ci si riferisce al perito, 'perito' che insomma anche scaramanticamente ....),ecc., tutto ciò succede anche in mutande di ordinanza sul bagnasciuga, panze
fuori controllo.
Rimane sempre un gioco di ruoli, che molti si portano anche in seno alla famiglia.
Per il sostantivo/aggettivo 'onorevole' il tempo si è fermato, siamo rimasti alla Carmen.
mi domando dove sia il punto di rottura del moderno "proletariato" ( pero' senza prole , costa)
RispondiEliminaProbabilmente aspettano "il la" dalla famosa "sinistra" ( ma per ora in TV nessuna traccia)
la fumisteria ideologica sottolinea fino alla noia la centralità del mercato, del luogo dello scambio, perchè lì sembriamo tutti uguali, tutti con qualcosa da offrire: chi le braccia, chi una competenza, chi una serie di macchine e attrezzature riunite in un luogo: è egualitario il mercato, non si costringe nessuno, la gran giostra della vita è la sua imitazione.
RispondiEliminale forme più palesemente coercitive sono a monte, dove si produce la vile merce, dove anche un minuto per pisciare ha il suo prezzo e il rapporto tempo/denaro si fa davvero stringente. epperò la percezione che il lavoratore ne ha non è di minorazione, è filtrata da ciò che sta a valle: dal mercato dove, al pari di tutti gli altri, potrà realizzare la propria quota di potere sociale aprendo il portafoglio. E' così che, si narra, il lavoro dà dignità.
dici bene, produzione e riproduzione di schiavi/consumatori
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