Tanto
la crisi è una tendenza necessaria del modo di produzione capitalistico, tanto
più gli ideologi di ogni ordine e penna s’impegnano a risolvere il rebus di
salvare capra e cavoli. Come ho già scritto, della rivoluzione in atto protagonista
assoluto si mostra essere Monsieur le Capital et Mme la Bourgeoisie. Per il
momento, ossia fino a quando reggerà il sempre più precario equilibrio tra economia
capitalistica e rapporti sociali. Poi, il gioco cambierà. Personalmente guardo
a questi processi con lo stesso atteggiamento con il quale un naturalista
osserva certi fenomeni prodursi alle regioni equinoziali.
*
Scrive
Bruno Jossa su Il Ponte:
Oggi, infatti, conosciamo
un modo per liberarci del capitalismo senza violenza rivoluzionaria, in base a decisioni parlamentari,
perché il lungo dibattito sulla teoria economica delle cooperative di
produzione che si è avuto, a seguito di un celebre articolo di Ward del 1958,
ha mostrato chiaramente che è possibile creare un sistema d’imprese gestite dai
lavoratori, che è un nuovo modo di produzione nel senso di Marx e che, pur non
essendo il paradiso in terra, può funzionare assai bene.
Non
avevo mai letto, non almeno declinata in modo così esplicito, della possibilità
di superamento di una formazione economico sociale, e dell’insieme dei rapporti
sociali che le sono propri, “in base a
decisioni parlamentari”. Dunque prendo atto che basterebbe organizzare, per legge, l’economia in un sistema
d’imprese cooperative gestite direttamente dagli operai, et voilà il superamento del modo di produzione capitalistico
sarebbe già un dato di fatto, o quantomeno un inizio “nel senso di Marx”.
Quando
ci si occupa di questioni della cosiddetta “transizione”, uno degli errori più
frequenti è dato dalla convinzione che il rapporto tra base economica e
“sovrastruttura” sia, in sostanza, non
di tipo dialettico ma causale, vale a dire che le diverse regioni
della “sovrastruttura” siano unilateralmente condizionate, nel loro movimento,
dalla base economica. Jossa non cade in questo errore, ma esattamente nel determinismo opposto, perciò gli effetti
sono i medesimi, anzi, più comici.
Jossa
va a pescare anche una citazione del 1864:
« … l’economia politica della classe
operaia stava per riportare una vittoria ancora più grande sull’economia
politica della proprietà. Parliamo del movimento cooperativo, specialmente
delle fabbriche cooperative create dagli sforzi di pochi lavoratori intrepidi
non aiutati da nessuno. Il valore di questi grandi esperimenti sociali non può
mai essere apprezzato abbastanza. »
Bruno
Jossa non specifica da dove ha
tratto la citazione. Queste parole fanno parte dell’Indirizzo inaugurale dell’Associazione internazionale dei lavoratori,
e dunque si tratta di un discorso e di una valutazione di circostanza di Marx che
punta ad esaltare, in sede di associazionismo politico, gli sforzi compiuti
dalle cooperative operaie, ma tutto ciò non ha nulla a che fare con il lavoro propriamente
scientifico di Marx su questo tema.
Manipolando
citazioni (*), i soggettivisti trasformano una realtà contraddittoria del
capitalismo, che rende manifesta la necessità del suo superamento, in una
realtà operante ed acquisita all’interno
stesso del modo di produzione capitalistico e del tutto compatibile con
esso! In questo caso trasformando la produzione capitalistica di merci in
produzione cooperativa di … merci!
Il
ragionamento di Marx intende dimostrare non
che la legge del valore si estingue già nel modo di produzione capitalistico
(cambiando semplicemente forma giuridica allo sfruttamento, come del resto per
altre vie avvenne nel cosiddetto socialismo reale), bensì che, ad un dato
livello dell’accumulazione, la produzione di valori d’uso entra in
contraddizione con le esigenze di valorizzazione del capitale, fenomeno che
attualmente è sotto gli occhi di tutti.
Lo
sviluppo delle forze produttive risulta così frenato dai rapporti di produzione
capitalistici, vale a dire dai rapporti fondati su un modo specifico d’imporsi della legge del valore !!
In
buona sostanza i soggettivisti negano il carattere storico e transitorio della
legge del valore, attribuendole proprietà naturali, valide in tutte le epoche
storiche senza eccezioni. In tal modo la forma-valore permane anche nel
cooperativismo, pur avendo un contenuto diverso da quello che le è proprio nel
modo di produzione capitalistico.
Concependo
la forma come qualcosa di totalmente
esterno al contenuto, come un involucro, i soggettivisti fingono d’ignorare
che le categorie economiche sono l’espressione di rapporti di produzione
storicamente determinati. Se la forma-valore sopravvive (anche se scompare la
figura del capitalista classico e quant’altro vi si possa assimilare), quindi,
è perché i rapporti di produzione effettivi, reali, che ne giustificano
l’esistenza sono ancora di tipo capitalistico. Pertanto, parlare di “gestione
democratica delle imprese” è dire, anzi ripetere, vecchie scemenze.
(*)
Che si tratti di manipolazioni è presto dimostrato. Il testo letto da Marx così
inizia:
«Ma si aveva di riserva una vittoria
ben più grande dell'economia politica del lavoro sull'economia politica del
capitale. Intendiamo parlare del movimento cooperativo e, specialmente, delle
manifatture cooperative erette attraverso gli sforzi spontanei di alcuni uomini
audaci. Il valore di queste grandi
esperienze sociali non può essere esaltato al di sopra della realtà […].
«Ad un dato livello dell’accumulazione, la produzione di valori d’uso entra in contraddizione con le esigenze di valorizzazione del capitale, fenomeno che attualmente è sotto gli occhi di tutti.»
RispondiEliminaSotto gli occhi, ma non veduto. Perché? Se escludiamo per un attimo (un attimo solo) gli interessi di classe e le prospettive riformiste offerte dai cantori del Capitale, non potrebbe essere che la mancata comprensione del fenomeno sia altresì da addebitare al fatto che il movimento del Capitale non è mai visto come un tutto unico ma solo nelle varie declinazioni nazionali (o comunitarie) o nella specificità dei vari settori produttivi, senza cioè che il sistema produttivo capitalistico venga studiato e analizzato nella sua complessità?
(spero di essermi spiegato)
eh no, mio caro Amico, non puoi escludere nemmeno per un istante, nemmeno per ipotesi, gli interessi peculiari ai quali soggiace la coscienza. la coscienza individuale diventa tale soltanto realizzandosi nelle forme ideologiche di un dato ambiente sociale di una data epoca. che il singolo possa elevarsi da tale condizione è possibile, esigerlo dalla massa è vano.
Elimina.." il sempre più precario equilibrio tra economia capitalistica e rapporti sociali.."
RispondiEliminaSi potrebbe dire : anche molto più "fantasioso" e "creativo", quasi quanto un'opera di Fuksas,(che solo la mia profonda ignoranza non comprende)..
caino
Che si tratti di manipolazioni è presto dimostrato.
RispondiEliminaNonostante lo sappia da sempre resto sempre basito dalla disonesta' morale della "classe" degli "intellettuali di servizio".
Cosa costoro non farebbero per una "cattedra" o una qualche " direzione " ? :-)
ws
il bello è che dà il rif. di pagina senza indicare l'opera.
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