giovedì 14 luglio 2022

«È il fascista Eugenio Scalfari che ascolta?». Non più.

 

Bisogna riconoscere a Eugenio Scalfari ciò che gli spetta, ossia di non aver mai nascosto di essere stato fascista. Non tiepido fascista, ma uno che adorava essere e qualificarsi come fascista:

«“È il fascista Eugenio Scalfari che ascolta?”, emozionato mi qualificai: certo, dissi, sono io. “Deve presentarsi domani a Palazzo Littorio”. In divisa ovviamente. Io adoravo la divisa. E fui meticoloso nella vestizione di quel mattino. Era molto elegante la tenuta. Avevo la giacca – quella che al tempo si chiamava la sahariana – i pantaloni grigio-verde a sbuffo alto, le losanghe sulle spalle, idem sulle maniche, con le stelline, quindi il fazzoletto azzurro e la camicia. Nera naturalmente».

L’8 settembre lo vide ovviamente eclissarsi. Poi fu croupier, bancario, infine giornalista. Diventerà sinceramente democratico e liberale, anzi social liberale. Non c’è ex fascista che non rinasca liberale; non un solo ex comunista che rinsavisca se non come social liberale, ma a volte anche un po’ fascista.

Nel 1976 Scalfari fu padre di un foglio di propedeutica giornalistica e di dottrina politica. O viceversa. Oggi i suoi eredi lo ricordano come “l’intellettuale che piaceva al popolo”. Lo imbalsamassero e collocassero in un catafalco vitreo in redazione.

Gli capitava di citare “Carlo Marx”, italianizzandone il nome essendogli intimo quel tanto che basta per dargli del tu. Nel 2011, prima di altri, Scalfari scopriva che «Il capitalismo ha sempre avuto due strade davanti a sé: a volte si è associato a regimi politici autoritari, a volte a regimi liberaldemocratici». Più oltre affermò compiaciuto che «la democrazia altro non è che un’oligarchia».

Noto anche come l’uomo che parlava ai papi, cui seguiva puntuale smentita vaticana, nella senilità, lui bigamo da decenni, scoprì che «[...] nelle civiltà antiche gli uomini si realizzavano nella “polis” della quale la famiglia e la tribù costituivano le cellule. L’amore faceva parte dei valori familiari, incoraggiati e protetti dagli dei del luogo. Si amavano i genitori, si amavano i fratelli e le sorelle, si amava la sposa, fonte di procreatività». Delle etère cui si accompagnavano i mariti e di certe laterali passioni pedofile ovviamente nessuna traccia. 

Altra scoperta che lo ricoprì di gloria fu quella del principio dei vasi comunicanti. Erroneamente si potrebbe ricollegarla alla “legge di Stevino”. La teoria di Scalfari è presto detta: per favorire un aumento del “benessere” dei proletari asiatici, gli “opulenti” (così si espresse) salariati occidentali avrebbero dovuto rinunciare a un po’ di diritti e di salario.

La scoperta fondamentale fu però questa: «Ebbene, noi non siamo liberi se non per un istinto e per la natura che contraddistingue la nostra specie da quella degli altri animali. La nostra natura possiede la capacità di guardare noi stessi mentre viviamo. È questa capacità che ci fa diversi da tutti gli altri animali. Noi ci guardiamo agire, vivere, invecchiare e sappiamo anche di dover morire.»

Oggi è arrivato il suo turno di cantare la Marsigliese. 

P.S. : mi viene in mente che devo chiedere a qual tale di cui ora mi sfugge il nome perché Montanelli sì e Scalfari no.

3 commenti:

  1. Infatti, Forattini fece un vignetta con Scalfari che si spara a un piede.

    RispondiElimina
  2. "Non c’è ex fascista che non rinasca liberale; non un solo ex comunista che rinsavisca se non come social liberale, ma a volte anche un po’ fascista."
    Tristemente ineccepibile.

    RispondiElimina
  3. Però è la gente come lui che va in Paradiso, quella raggiunta da un'epifania dopo l'altra per tutta la vita. Noi, ci tocca la bolgia.
    Pietro

    RispondiElimina