domenica 20 maggio 2018

Tanto peggio, tanto meglio


Il risultato elettorale del 4 marzo scaturisce da un voto di scambio basato su promesse elettorali in gran parte palesemente irrealizzabili e che nulla hanno a che vedere con la costruzione di un welfare robusto e sorretto da politiche fiscali adeguate. A leggere il “contratto” appare chiaro che la vaghezza sui tempi e le coperture, così come su altri “dettagli”, non è casuale. La prima bozza confessava l’azzardo laddove si fantasticava della cassazione di 250 miliardi del debito. In realtà ciò che si prospetta sulla base di tali promesse è un ulteriore e massiccio aumento del debito che condurrà al collasso della finanza pubblica.

Del resto, che Lega e Movimento abbiano trovato davvero un punto di convergenza nel cosiddetto “contratto”, e cioè su alcune questioni cruciali di ordine economico e sociale, a me pare realisticamente assai dubbio. Le parti hanno giocato la partita con carte truccate, l’improvvisazione e l’impreparazione hanno fatto il resto.

Gli esempi più noti sono quelli della tassa piatta e dell’ancor vago progetto sul reddito di cittadinanza, ossia, da un lato, la riduzione delle tasse per i più abbienti e, dall’altro, l’estensione di un sussidio universale per il proletariato giovanile e per chiunque si trovi, per volontà o necessità, in una certa condizione reddituale. Sono due obiettivi antitetici e destinati a procedere ognuno in direzione opposta.


Prima di un anno vedremo che ristagneranno vecchie piaghe e si aggraveranno contenziosi cornici, l’evasione fiscale non avrà ceduto di un palmo, e i conti pubblici saranno ancor più dissestati. A quel punto per pararsi il culo si fantasticherà di complotti ordo-liberisti, di quel toccasana che sarebbe la moneta nazionale e invece di quale nequizia sia l’euro, insomma del fatto che “non ci hanno lasciato lavorare” e altre solite cose tipicamente nostre.

Non è mera questione di legge elettorale, in campo vi sono due forze politiche che rappresentano la frattura reale del paese, e che però entrambe mettono in discussione, con i loro atteggiamenti e le loro divergenti istanze, le regole proprie di un sistema parlamentare. Non è difficile immaginare che alle prossime elezioni, che tutti dicono non essere lontane, tale frattura geopolitica possa allargarsi pericolosamente portando a rischi che non è azzardato definire “balcanici” se la situazione dei conti pubblici dovesse precipitare.

Un’ultima considerazione, questa a riguardo di quanto sta succedendo nel disciolto Partito democratico. Dopo essere stato incapace per almeno dieci anni di elaborare un nuovo patto sociale e dunque una strategia politica adeguata ai tempi, ha finito per alimentare ogni sorta di sfiducia, che non può essere recuperata semplicemente adombrando il ritorno a vecchi parametri riformistici e ideologici.

Dopo le elezioni questo partito, pur diviso, era nei numeri l’ago della bilancia per contenere la deriva verso la quale ci porterà invece l’accordo Lega-M5S. È prevalsa la linea dell’egocentrismo, l’attendismo vigliacco del pop-corn, che ricorda, non so quanto in condizioni diverse, il bivacco nella tristemente nota sala dell’Avventino.

S’è aperto così lo scenario del "tanto peggio-tanto meglio", indietro non si torna e perciò ognuno si prepari come può.

6 commenti:

  1. la paura dipende sempre da quanto si ha da perdere.
    L'improvvisazione e l'approssimazione non fanno paura, anzi, in Italia, confortano.

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  2. era ora.
    Una cosa però è preoccuparsi per degli epifenomeni come quelli del governo; altra per la profondità del dissidio italiano dove le contraddizioni fra avere e fare sono ormai insostenibili.

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    1. come non di rado ti capita, non hai capito a cosa mi riferisco: non alla "roba", tranquillo

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  3. E quindi quando la polizia o l'esercito si misurerà con la folla le manganellate saranno sempre i soliti a prenderle..
    Un caro saluto
    Roberto

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  4. bè, italia improvvisamente avanguardia politica d' europa. la crisi morde in un paese stavolta pesante

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