giovedì 31 dicembre 2015

Perché 2016


Post un po’ lungo che ha lo scopo d’ingannare la noia, quasi l’angoscia, di queste ore che chiudono l’anno. È inadatto a passeggeri frettolosi di arrivare al 2016 e a quelli che vogliono scansare il rischio di imparare qualcosa che già sanno. Consigliato invece a chi non considera la propria sorte un difetto del destino e che, non potendo fare la storia, anche per gusti sedentari, preferisce farsela raccontare.

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Uno degli aspetti più ingannevoli della percezione del tempo storico ritengo sia dato dal sistema di datazione del quale noi oggi quasi universalmente ci avvaliamo. Il tempo storico, per quanto riguarda l’evo antico, si presenta ai nostri occhi di anime comuni come un rapido assottigliarsi, una diminuzione che procede con cadenza più secolare che annuale; poi, a cominciare dall’evo volgare, inizia una tortuosa risalita che diventa sempre più aspra quanto più s’avvicina alla nostra contemporaneità, laddove ogni più succedanea banalità è acclamata con iperboli come queste: “il matrimonio, il match, il summit, l’accordo, … del secolo”!

Di queste evanescenze ce ne offre uno scampolo paradossale il protestante La Peyrère, guascone, autore dei Preadamiti (1655), secondo cui nemmeno Adamo fu il primo uomo, poiché la Genesi riguarda solo il popolo ebraico e altri uomini vissero altrove prima di lui, senza essere coinvolti nel peccato originale. Ne prendano nota i testimoni di Geova e pure gli altri battezzati.

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Newton fu cultore e ammiratore appassionato di cronologia, come un qualunque perdigiorno si divertiva a stabilire le date più antiche, egiziane o babilonesi, sulla base della dinastia dei loro sovrani e sul principio che si può calcolare a trent’anni lo spazio medio di una generazione umana. Tuttavia la durata dei re è più breve per le note circostanze di lite tra fazioni che rendono sempre insicuro un trono, per cui Newton deduceva che il mondo è meno vecchio di cinquecento anni di quanto invece creduto dai suoi colleghi. La spedizione degli Argonauti, per esempio, avvenne nel 909 e non nel 1440 dell’evo classico. Aggiungiamoci che Caino venne ucciso da Abele nell’anno 130, Matusalemme nacque nel 687 e morì nel 1656 a 969 anni. E tutta la storia della Genesi non abbraccia che 2369 anni! Sono dettagli buoni a sapersi nel caso fosse bandito un concorsone per l’immissione in ruolo o per un posto vacante a Palazzo Chigi.

Lasciamo stare queste scempiaggini giudaico-cristiane, la cronologia è cosa seria e importante, una scienza ausiliaria della storia, ci soccorre insegnandoci a riportare al nostro calendario ed agli anni della nostra èra le date espresse altrimenti (*).

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Il nostro modo di datare gli anni è fatto risalire all’invenzione del cristianesimo, cioè a cominciare dalla nascita di Gesù, anche se a ben vedere la saga nazarena comincia molti secoli prima, nei miti che noi chiamiamo pagani, per poi innestarsi presso i Giudei, i quali avevano raggiunto l’apogeo religioso e culturale secoli prima di Alessandro (**).

L’anno civile, prima di Cesare, non esisteva; l’anno era fluttuante, così come è sorto dal calendario giuliano il Capodanno. Prima d’allora, il metodo per fissare l’anno consisteva nel legare a un giorno del calendario l’entrata in carica dei magistrati: in Assiria i Limmu (funzionari il cui nome era utilizzato come eponimo per indicare l'anno) assumevano la carica il 13 Ijjar; nel calendario attico l’arconte il primo di Hekatombaion (luglio agosto); a Roma i magistrati dal 222 al 153 a.C. entravano in carica il 15 marzo. Dopo di allora i consoli entravano in carica dal primo gennaio (i calendari precesariani cominciavano da tale data). L’anno di carica del magistrato, cioè l’anno eponimo, diventava perciò un’unità cronologica di lunghezza variabile (a seconda dell’intercalazione) e con un inizio preciso.

Solo in età imperiale, sotto l’influsso dell’astrologia, l’anno nuovo acquistò importanza come tale in quanto limite cronologico e prese piede la nostra festa di Capodanno.

In antico e presso i vari popoli era adottata anche un’altra forma di denominazione dell’anno, cioè quella secondo il monarca, i cui anni venivano naturalmente contati dal giorno dell’ascesa al trono. Ne risultò che l’anno in cui era salito al trono un nuovo sovrano veniva attribuito per intero al predecessore ma a volte anche al successore. A Babilonia e in Egitto invece il periodo dall’ascesa al trono e fino al Capodanno veniva indicato come “inizio del regno”.

Quella della datazione e delle corrispondenze cronologiche è dunque materia abbastanza complessa (qui solo accennata). Ancora nel VI secolo si calcolavano comunemente gli anni usando l’éra di Diocleziano. Però sorse un problema. La Chiesa esigeva che la festa pasquale cadesse la prima domenica dopo il plenilunio di primavera (cioè dopo il 21 marzo). Ne conseguiva la necessità del calcolo e della tavola dei cicli pasquali. Nel 525 l’abate Dionigi il Piccolo elaborò una tavola più completa, in sostituzione di quella valida fino allora, e fu in uso fino alla riforma gregoriana del 1582.

La tavola di Dionigi risaliva però a quella del vescovo alessandrino Cirillo (ora noto comunemente per via di Ipazia), che usava l’èra di Diocleziano. Infatti, in Egitto, in sostituzione del proprio calendario non venne adottato quello giuliano con inizio al primo gennaio, poiché questo era assai scomodo per le osservazioni astronomiche compiute fino ad allora sull’anno variabile egiziano, che in tal modo venivano annullate. Gli astronomi proseguirono dunque, anche dopo l’abdicazione di Diocleziano, la fittizia numerazione dei suoi anni di regno.

Per eliminare la datazione secondo Diocleziano, attestato dalla Chiesa come persecutore dei pii cristiani, Dionigi introdusse quella ab incarnatione Domini, ancora oggi in uso, uguagliando l’anno 248 di Diocleziano al 532 della nascita di Gesù. In tal modo: 532 meno 248 si ottiene l’anno 284, ossia quello dell’ascesa all’Impero di Diocleziano. Nella tavola di Dionigi, all’anno 247 di Diocleziano venne fatto seguire l’anno 532 di Cristo. Questa datazione venne d’uso comune in Occidente e fu usata per esempio già 562 nella Computatio Paschalis. Con ciò non si deve credere che la comune datazione di epoca imperiale sia scomparsa d’incanto.

Possiamo dire che l’introduzione della datazione ab incarnatione Domini precede di poco la nuova datazione musulmana adottata in Medio Oriente.

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È vero, e anche la datazione in uso lo dimostra, che non possiamo immaginare la nostra storia senza il cristianesimo, ossia quanto è accaduto sulla scena del mondo in quindici secoli senza ciò che questa religione ha formulato e realizzato. Tuttavia il cristianesimo non è a sua volta concepibile senza il retaggio di secoli e secoli di civiltà che precedono la sua affermazione. E del resto, com’è noto, il cristianesimo ha mutuato in tutto e per tutto l’esistente adattandolo alle proprie esigenze.

Una parte essenziale della storia dell’uomo moderno ha inizio già con le civiltà arcaiche e si perfeziona poi con la cultura greca che si diffonde per mezzo della colonizzazione e il commercio in Sicilia e in Occidente e fino lungo le coste del Mar Nero e in Oriente.

Non si è dovuto dunque attendere il cristianesimo per udire la denuncia dell’ingiustizia e la condanna delle guerre, e a ciò basterebbe citare Esiodo. Anche in tal caso il cristianesimo segue dopo molti secoli, peraltro predicano il disprezzo di sé stessi, l'avvilimento, la mortificazione, il servilismo, l'umiltà e la viltà, insomma tutte le qualità che nulla hanno a che fare con la dignità di uomini liberi.

È però un fatto che la civiltà greca e quella romana erano costruite su un’istituzione che sfidava la ragione e (molto meno) la morale: la schiavitù. Forse è vero che essa in origine rappresentò un progresso, offrendo un’alternativa all’uccisione dei prigionieri, ma poi questa pratica divenne fine a se stessa, nel senso che la guerra divenne un mezzo per procurarsi forza-lavoro a buon mercato.

Per giustificare la schiavitù, i greci e poi i romani insistettero sul fatto che gli schiavi erano esseri inferiori, e non deve stupire che un gigante quale fu Aristotele aderisse a tale convinzione. L’interesse di classe, ieri come oggi, annichilisce il senso morale e falsa la coscienza. E del resto il prezzo delle coscienze non è mai troppo alto e siamo abili nel reprimere i sensi di colpa.

Per superare la schiavitù sarebbe stato necessario un rivolgimento sociale radicale che nessuna forza poteva imporre. Si sarebbe trattato di una pretesa in contrasto con la vita pratica quale si era stabilita da lungo tempo, ossia con il livello di sviluppo raggiunto dalle forze produttive materiali della società. Nuovi e più avanzati rapporti di produzione potevano essere solo figli del tempo.

Ad ogni modo, il cristianesimo non mutò mai nulla: i suoi principî sociali hanno giustificato la schiavitù antica, esaltato la servitù della gleba medievale, e con la Rerum Novarum si sono prestati anche a difendere l'oppressione del proletariato, sia pure richiamando i padroni a corrispondere la “giusta mercede”. Assumendo un’aria un po’ lamentosa i preti convalidano tuttora la schiavitù su base “volontaria” e trasferiscono in cielo la compensazione di tutte le infamie.

Il cristianesimo al pari delle altre religioni si è sempre ben guardato dal rimuovere le cause sociali della povertà, e la Chiesa si è sempre preoccupata di manovrare gli scambi verso l’inferno o il paradiso stabilendo la povertà come la caparra che il gregge deve versare per il regno dei cieli.

Buon 2016.

(*) Giulio Cesare riformò il calendario civile romano, uscito di fase di tre mesi rispetto a quello celeste, sistemandolo a partire dal primo gennaio del 45 a.C. Ma la sistemazione non fu perfetta, sicché alla fine del XVI secolo si era nuovamente prodotta una sfasatura in eccesso di dieci giorni, e Gregorio XIII ne stabilì l'omissione, sì che il 5 ottobre del 1582 divenne il 15.

Poiché l’anno dev’essere composto di giorni interi, oggi si considera l’anno civile di 365, a cui ogni quattro anni si aggiunge un giorno “intercalare” (il 2016 è uno di questi anni), tralasciando però ogni 400 anni tre di questi giorni intercalari per far corrispondere l’anno civile medio quasi esattamente a quello reale. Tranne questa omissione, introdotta come detto nel 1582 da Gregorio XIII con la bolla Inter gravissimas pastoralis offici nostri curasper, per motivi connessi al calcolo della pasqua, il nostro calendario “gregoriano” è rimasto sostanzialmente quello istituito da Giulio Cesare. Credo sia d’interesse sapere che furono due fratelli calabresi, Luigi e Antonio Lilio, gli ideatori del calendario gregoriano. Soprattutto Luigi, astronomo e matematico, si occupò delle epatte: si chiamano “epatte li undici giorni da aggiungere all'anno lunare per renderlo uguale a quello del sole, così è stato dato lo stesso nome di epatte a questi trenta numeri disposti nel calendario, perché ciascuno di essi preso per epatta di un anno denota il numero dei giorni che restano fin all’ultimo del dicembre precedente dopo compiute le dodici lune, come il num. X, epatta dell’anno 1662, ha fatto vedere che l’ultima luna dell’anno precedente 1661 si è terminata alli 21 di dicembre, d’onde sono rimasti dieci giorni fino al termine del medesimo anno.” (Francois Blondel, La storia del calendario romano, Rovereto, 1747, pp. 198-99.

(**) Il cristianesimo prese possesso di un mondo dapprima in decadenza e poi in disfacimento. I motivi fondamentali del suo successo mi pare di averli riassunti in questi post: (1), (2) e (3).


5 commenti:

  1. L’interesse di classe, ieri come oggi, annichilisce il senso morale e falsa la coscienza

    purtroppo e' questo "l' alfa e l' Omega" della storia ( comunque la si voglia computare)

    Ed e' da ingenui sperare che "il giusto& il bene" trionfino mai, anche se bisogna constatare che il cammino della storia , pur serpeggiando tra tante bassezze, abbia comunque migliorato la media condizione umana.
    Questo,almeno fino ad oggi,per domani non si sa.

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    1. lei si riferisce al paradiso, noi invece puntiamo a una società senza classi, un'utopia concreta di possibilità razionali. ciò distingue un comunista fino a oggi, e anche per il domani.

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    2. "Senza classi".......sociali.
      Il Comunista oltre ad essere dotato di 'possibilità razionali'non comuni,deve avere ,se non di più,grandissima doti di bontà,comprensione e onestà.
      " ai voglia aggiungere rhum chi nasce strunz nun pò diventà babbà".
      E questo non solo da oggi o domani, è da sempre. Buon 2016 a lei(te) e al resto del mondo. lr

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  2. Il correttore automatico ti ha giocato un brutto scherzo: 'ab incarnatione Domini', non 'ad incarnazione'.

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    1. ed infatti, grazie. questo cavolo di correttore corregge ciò che non deve (facendo anche di peggio in taluni casi) e non ciò che dovrebbe. per fortuna ci sono lettori attenti e cortesi.

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