Nel momento del suo massimo splendore l’Impero romano era il più vasto e ricco che la storia avesse mai conosciuto. Roma, la capitale di questo impero, la città più splendida e popolosa: non meno di un milione di abitanti. Altre grandi, ricche e civili città punteggiavano il vasto dominio di Roma. Se avessimo predetto a un cittadino romano di allora, che di lì a qualche secolo gli abitanti dell’Urbe si sarebbero ridotti a qualche migliaio, e che tra i suoi imponenti edifici avrebbero pascolato le capre, quel cittadino ci avrebbe accolto con un sorriso incredulo, così come sorriderebbe incredulo un americano al quale gli si preannunciasse che New York ritornerà ad essere un piccolo borgo.
L’antico romano, di condizione abbiente, leggeva dei libri che ancora oggi ci interessano, ci stupiscono per la loro profondità e libertà di giudizio, e anche ci divertono; se voleva recarsi in Grecia o in Dalmazia non aveva che da informarsi sulla prossima nave in partenza; sua moglie poteva acquistare prodotti provenienti dall’Oriente; i suoi figli venivano avviati a professioni non molto dissimili da quelli di oggi; i suoi commerci, il possesso dei suoi beni, il suo matrimonio erano regolati da leggi sostanzialmente simili a quelle attuali, se non migliori.
Eppure ciò che si preannunciò per l’Impero romano è accaduto, così come prima e dopo di esso accadde similmente per altri imperi e civiltà. Il convincimento che la società moderna non possa scomparire è dovuto al concetto che l’Illuminismo francese prima, e il positivismo indotto dalla rivoluzione industriale in seguito, hanno fornito del progresso: ma si tratta di un convincimento fuorviante e anche pericoloso.
Tanto più si riflette sulle profonde analogie tra il livello di vita dell’epoca romana e quello dell’epoca moderna, pur con le debite e ovvie proporzioni in relazione al diverso grado di sviluppo economico e umano, tanto più si resta impressionati da ciò che accadde tra le due epoche, nonostante gli storici più recenti tendano a magnificare il Medioevo, che almeno nei suoi primi secoli fu inconfutabilmente un’età di ignoranza e barbarie come non si vedeva dalle età preistoriche.
Non che all’epoca di Augusto e dei suoi successori tutto andasse per il meglio, ma non dobbiamo dimenticare che nel secolo scorso, dunque pochi decenni or sono, l’Europa e il mondo sono stati devastati da due guerre mondiali di impareggiabile violenza e crudeltà, arrivando all’impego delle armi nucleari; che ancora oggi divampano conflitti bellici in diversi luoghi del mondo, e che in Europa ci si uccide bestialmente per il controllo di taluni territori o zone d’influenza, ed è presente, anche più che nei decenni della guerra fredda, la minaccia di una guerra nucleare, come del resto non ha escluso poche ore or sono il presidente degli Stati Uniti in riferimento alla Russia, ai cui confini la Nato persiste nelle sue provocazioni e nella sua minaccia.
Mi pare evidente che né l’inetta classe politica, né tantomeno la classe miliardaria sociopatica, né tra coloro che vantano un concetto di realismo politico, che però si rivela assai grossolano, si sia ben compreso chi davvero rappresenta la più grave minaccia per l’equilibrio mondiale e i reali rischi che ciò rappresenta.