martedì 19 marzo 2024

Non siamo un colore

 

Che differenza c’è tra chiamare una persona “negro” e chiamarla invece “nero”? Vero è che la parola negro ha assunto, nel tempo, una connotazione dispregiativa, tuttavia non mi pare che indicare l’essenza di una persona (“nero”) legandola alla colorazione del corpo sia un passo avanti. Il “colorismo” è pur sempre un tratto di razzismo. Un cinese non sarebbe sicuramente contento se fosse indicato come “giallo”.

Negli Stati Uniti, la nozione di “colore” ha potuto fungere, e in parte non marginale ancora oggi, da gerarchia sociale interna. Ma non solo negli Stati Uniti, lo vediamo bene anche in Europa a seguito delle migrazioni di massa. Non dimentichiamoci poi dell’India: più pronunciato è il colore della pelle, più determinato sarà il tuo posto nella società. Esistono quindi diversi livelli di gerarchia per colore e non si capisce nulla se non si integrano queste nozioni.

Siamo nell’ambito degli stereotipi e dei retaggi, delle costruzioni storico-sociali che hanno plasmato e modellano ancora i nostri valori, ne influenzano le modalità di rappresentazione. È come un sistema pubblicitario in termini di vocabolario: la rappresentazione di un colore corrisponde a un messaggio. Pensiamo al fatto che una persona nera è una “persona di colore” e la persona bianca non lo è. Persona di colore è un eufemismo per dire “nero”, ma una “negretta” che faceva da scaldaletto a Montanelli non scandalizzava nessuno.

Non mi sorprende che ci possano essere differenze di sensibilità (autentica o solo simulata) nell’approccio a questa questione e divergenze nel modo di affrontarla. Sento già odore di polemica se dico che il noto calciatore, che domenica ha dato del “negro” a un suo collega, in fin dei conti ha usato uno stereotipo per offendere una persona. Nei campi di calcio e di rugby se ne dicono anche di peggio. Non assolvo quello sciocco che merita sanzione, ma non esageriamo, non sentiamoci chiamati a prendere una posizione categorica.

Nell’ipocrisia di un’infinità di stereotipi ci sguazziamo tutti, volenti e nolenti. Nessuno, né intellettualmente né moralmente, ha il diritto di assumere la postura di supremo giudice. Dobbiamo prendere atto, senza giustificare, di una società che continua ad operare secondo una griglia razziale in fenomeni di gerarchizzazione e discriminazione.

2 commenti:

  1. In USA io sono un Wop (Guappo), in Francia sono un Rital, la mia cameriera è una Collaboratrice familiare, il bidello è Collaboratore Scolastico, lo spazzino è Operatore Ecologico, il contadino è Operatore Agricolo, il paziente se è sordo è Assistito non-udente, se è cieco è Non-vedente, il paraplegico grave è un Portatore di Handicap. se meno grave è Diversamente Abile, se sei omosessuale sei Gay, se sei povero sei Non-abbiente, se sei un padrone sei un Imprenditore, se sei licenziato è solo una "Ridistrubuzione delle risorse umane", il tuo paese può essere miserabile ma è comunque "in via di sviluppo", se sei un fornaio sei un Panificatore, se sei maleducato sei un Beduino, se sei avaro sei un Ebreo, se non paghi il biglietto sei un Portoghese. Però un fatto mi consola: quando morirò non sarà il becchino a portarmi nella tomba ma l'Addetto Cimiteriale

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  2. https://www.amnesty.ch/it/campagne/razzismo/razzismo
    https://www.tuttomondonews.it/i-colori-della-pelle/

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