Mentre stiamo tutti col fiato sospeso per le candidature alle elezioni europee (che vedranno il tasso di partecipazione più basso) di varie personalità, compresa una inossidabile ex comunista esperta in balletti latino-americani, Stellantis, la multinazionale dal nome ridicolo, ha disposto tagli tra vari stabilimenti: 2510 suddivisi tra Mirafiori (1560), Cassino (850) e Pratola Serra (100), quindi altri 500 a Melfi, 424 a Pomigliano, 121 a Termoli, 30 a Cento e 12 a Verrone. Si chiamano licenziamenti “volontari incentivati”.
Per quanto riguarda la produzione di veicoli, va rilevato che nel 2000 l’Italia era il quinto Paese europeo e il nono al mondo per produzione di auto. Nel 2022, ultimo dato completo, è scesa dal quinto all’ottavo posto in Europa e dal nono al ventesimo posto nel mondo. Dettagli, abbiamo pur sempre
L’amministratore delegato Carlos Tavares, quello che un paio settimane fa vantava dei profitti record della società nel 2023 (18,6 miliardi) e un tasso di sfruttamento di +9,6%, ha potuto fare affidamento sulle burocrazie sindacali per ottenere questi licenziamenti, salvo la Fiom, che è comunque e altrimenti un sindacato molto collaborativo. Come riporta La Stampa, Tavares ha detto a febbraio che “per fare volumi servono incentivi”. Quelli del governo, cioè i nostri soldi (abbiamo mai visto un bene di consumo come l’auto così pesantemente sovvenzionato con i nostri soldi?).
Nonostante gli incentivi, nel 2023 le immatricolazioni di veicoli in Italia non hanno raggiunto i livelli prepandemia (un picco di oltre 2,2 milioni nel 2017), raggiungendo quota 1,5 milioni. Stellantis meno di 600.000. Complessivamente, le immatricolazioni si sono ridotte di quasi il 20% rispetto al 2019. Forse per acquistare auto e altre merci servono stipendi e salari più alti? È solo un’ipotesi, per carità (ci sono sempre quelli che osservano che però bisogna migliorare la “produttività”; sono costoro individui che andrebbero nutriti con l’imbuto fino a farli scoppiare).
La produzione di veicoli negli stabilimenti italiani Stellantis ha visto una media di circa 930 mila unità nei cinque anni precedenti la pandemia, 2015-2019, ridursi a 730 mila unità nel triennio successivo.
Questo per quanto riguarda la voce “veicoli” (autovetture e autoveicoli commerciali), ma se ci soffermiamo alla voce “autovetture” la situazione è ancora più tragica. La produzione italiana è passata da 796.394 autovetture nel 2018 a circa 350 mila autovetture in meno nel 2022.
Pertanto, la dinamica negativa ha riguardato principalmente la produzione di vetture, i cui volumi medi sono stati di 660 mila nel periodo 2015-2019 per poi scendere a 455 mila nel triennio successivo. Sarà per questo motivo che Tavares punta tutto sull’esportazione? Il Tavares peraltro annuncia di raggiungere un milione di vetture prodotte in Italia nei prossimi anni (precisando d’astuzia: “se la produzione continuerà a crescere del 10% l’anno”).
Dal canto suo, il ministro delle imprese o come cazzo si chiama ora, in audizione alla Camera ha affermato: “Siamo consapevoli del fatto che è impossibile per Stellantis raggiungere da sola l’obiettivo del milione di vetture prodotte in Italia e non possiamo certo chiedere a un solo produttore di farsi carico dell'intera componentistica italiana e di offrire al mercato quei modelli che il mercato, che i consumatori, che i cittadini richiedono”.
Nei prossimi anni, si ridisegnerà totalmente la filiera dell’automotive nazionale e si definirà la sua competitività in Europa e nel mondo. Tuttavia le nuove auto avranno una dotazione di componenti nettamente inferiore rispetto ai veicoli a combustione interna, inoltre va ricordato che la catena del valore della batteria è oggi per l’80 per cento di dominio asiatico.
Ci salveranno “dazi” europei più alti, come auspicato dal cittadino semplice e socialista liberale Mario Draghi? Che riprende quella di Tavares nel 2022. Diciamocelo chiaramente, una proposta ridicola. Le guerre dei dazi non hanno mai portato bene, soprattutto ai Paesi che non hanno proprie materie prime.
Prendiamo il caso della Germania, un paese che sa quali sono i suoi interessi. I suoi investimenti diretti in Cina hanno raggiunto nel 2023 un nuovo massimo, mentre verso gli altri Paesi sono scesi da quasi 170 a 116 miliardi di euro nello scorso anno. Non penso che alle imprese tedesche interessi perdere un mercato di vendita chiave come la Cina e molte catene di approvvigionamento. Quanto all’Italia, noi siamo notoriamente più furbi.
Una soluzione sarebbe quella d’includere una clausola di acquisto nazionale per le auto, come ha fatto Biden negli Stati Uniti. Ma oltreatlantico sono comunisti e i Paesi europei hanno bisogno che i loro mercati rimangano aperti. La mia proposta è basata su dei vincoli: prezzi fissi, quantità predeterminate e soprattutto una “verticalità” della vita economica dove è lo Stato a decidere e le imprese a obbedire. Troppo marxista, ammetto. E poi non basterebbero delle “riforme”, servirebbe un vero bagno di sangue.
Tavares è un volgare ricattatore. Tiene in ostaggio i dipendenti, e chiede un riscatto di 5 miliardi, che però non risolvono il problema, perché gli ostaggi non vengono rilasciati, per cui altre richieste seguiranno. La risposta dovrebbe essere assai semplice per chi sappia usare un pallottoliere: quanti operai pago con 5 miliardi? Se lavoro con l'importo lordo, circa 100.000. Ma se detraggo tasse e contributi, che tornano allo Stato, sono il doppio, ossia due volte e mezzo i dipendenti Stellantis in Italia.
RispondiEliminasono d'accordo, ma oltre a me e te quanti altri sarebbero disponibili? c'è troppa gente con rigurgiti morali.
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