lunedì 13 giugno 2022

Spieghi l’alunno che cazzo significa

 

Ci vogliono far credere, e ciò è oltremodo anacronistico, che il salario sia il valore e il prezzo del lavoro, ma esso in realtà è solo una forma mascherata del valore, rispettivamente del prezzo della forza-lavoro.

Se l’operaio dovesse produrre solo ciò che serve per pagare il suo salario, al capitalista non resterebbe che il suicidio nel momento stesso del suo fallimento. È vero che poi gli economisti si sono inventati il modo di sostenere che anche gli altri elementi della produzione, e dunque non solo la forza-lavoro, concorrono a produrre valore, ma ciò appunto rientra nelle farneticazioni di quella gentaglia.

Una macchina o una certa quantità di materia prima, per dire, concorrono alla formazione del valore di una merce, ma solo pro rata. Ossia cedendo una parte del proprio valore alle merci prodotte, ma non aggiungono nuovo valore. Eh sì, obiettano, ma senza la macchina, ossia senza il capitale l’operaio che fa? Le seghe si fa, mentre l’economista lecca il culo al capitalista.

Il valore complessivo del prodotto è dato dal valore dei mezzi di produzione consumati e da quella parte di valore che il lavoro vi ha aggiunto ex novo.

La Rerum novarum, l’enciclica papale che nel 1891 fondò “la moderna dottrina sociale della Chiesa” (Wikipedia), stabiliva che il padrone dovesse una “giusta mercede” all’operaio in cambio (dello sfruttamento) del suo lavoro.

Che cosa è la “giusta mercede”? Trovatemi un padrone che non sostenga che il salario che egli paga ai propri operai non è “giusto”. Casomai si lamenta che gli operai altrui sono mal pagati, e dice ciò per ovvi motivi, perché gli operai altrui possano acquistare una quantità maggiore delle sue mercanzie.

«Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa» (art. 36 Cost.).

Trovate un padrone che non sostenga che il salario che paga ai propri operai non è proporzionato alla quantità e qualità del lavoro fornito. Spieghi l’alunno che cazzo significa “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Sarà mai un concetto, non dico economico, ma giuridico questo?

“Sufficiente” secondo quali parametri oggettivi, stabiliti come e da chi? Ognuno può dare la stura alle più diverse interpretazioni. Quanto alla “esistenza libera”, che libertà è mai quella senza il presupposto della libertà dal bisogno?

Per non dire poi che vi sono molti lavori inutili, e persino dannosi alla società stessa, che diventano una fonte di guadagno, dunque devono anch’essi essere retribuiti in proporzione alla quantità e qualità del lavoro fornito? E tutto ciò in una società dove c’è chi (e non sono pochi) può vivere in ozio sfruttando il lavoro altrui.

Queste frasi vuote si possono girare e rigirare come si vuole, chi scrive questo tipo di boiate costituzionali finge d’ignorare la reale natura del modo di produzione capitalistico, il suo scopo precipuo. I rapporti giuridici sono regolati da quelli economici e non viceversa, dunque dai rapporti di forza tra le diverse classi sociali.

In realtà il sistema del lavoro salariato è un sistema di schiavitù, e di una schiavitù che diventa sempre più dura nella misura in cui si sviluppano le forze produttive sociali del lavoro, tanto se l’operaio è pagato meglio, quanto se è pagato peggio, tanto se suda con la fronte e tanto se l’economista suda con la lingua.

Non siamo qui al punto da chiedere di eliminare il lavoro salariato e le sue leggi (cosa che dovrebbe stare in principio a ogni altra), anche se su questo siamo piuttosto in arretrato sui tempi, tanto che i governi sono paradossalmente più avanti rispetto alla “teoria”, elargendo redditi di cittadinanza e bonus anche a chi non ne ha bisogno. Ma questo è già un altro discorso.

4 commenti:

  1. In ozio sfruttando il lavoro altrui 'e non sono pochi'
    No no, praticamente ci siamo dentro tutti: che tu scriva o no su un Apple, tra materie prime e lavoro hai fatto già fuori un piccolo villaggio
    Solo la casualità di essere nati in uno ius soli . Per non parlare degli squallidi maestrini progressisti anticinesi stile Rampini: oltre il danno anche la beffa.

    Il lavoro non dev'essere salariato, è un servizio alla comunità: alla base della potenza fascistoide israeliana c'era un nucleo di socialismo radicale chiamato Kibbutz

    come approfondimento per casa, studiate ragazzi mi raccomando

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  2. Ogni volta che alla cara vecchia sorella di mia madre dicevo "mi raccomando...", mi rispondeva che è il boia a raccomandarsi. Pertanto, sempre smemorato delle sue romanesche parole, mi mordevo la lingua, sperando inutilmente di non ricaderci più.
    Senza inchinarci alle parole quelle della Cvetaeva fanno adesso il caso:
    Non per la città e non per il villaggio -
    parti, figlio mio, per la tua patria,
    per il paese (di tutti i paesi il contrario!)
    a cui tornare indietro è avanti
    andare, specialmente per te
    che la Russia non hai mai visto,
    bambino mio…
    Mio? Suo -
    bambino! Precisamente ciò che è stato
    e diventa storia.
    Quel terriccio ridotto a polvere,
    possibile a un bimbo nella culla
    si debba portare nei pugni tremanti:
    «È Russia questa cenere, venera questa cenere!»
    ...
    Ma non inchiniamoci alle parole!
    La Rus' per gli avi, per noi la - Russia
    per voi - civilizzatori di caverne -
    l'appellante: URSS -
    non è meno nella tenebra dei cieli
    appello del: SOS
    Noi la patria non ci chiamerà!
    Va', figlio mio, a casa - avanti -
    nel tuo paese, nel tuo secolo, nella tua ora - via da noi -
    nella Russia - di voi, nella Russia - delle masse,
    nella nostra-ora - paese! nel di questa-ora - paese!
    Nel paese - verso Marte! nel senza-di-noi – paese!

    La nostra coscienza non è la vostra coscienza!
    Basta! - Liberamente! - Dimenticato tutto,
    figli, scrivete voi il racconto
    dei vostri giorni e delle vostre passioni.
    La famiglia di sale di Lot -
    ecco il vostro album famigliare!
    Figli! Fate voi i conti
    con la città che vi hanno dipinto
    come Sodoma. Non ti batteresti contro tuo fratello
    e la tua causa è pulita, riccioluto!
    Il vostro paese, il vostro secolo, il vostro giorno, la vostra ora,
    il nostro peccato, la nostra croce, la nostra disputa, la nostra
    ira. In mantelline da orfani
    avvolti sin dalla nascita,
    smettetela di celebrare riti funebri
    per un Eden in cui voi
    non c'eravate. Per frutti di cui
    non sapete niente! Capire: è cieco
    chi vi porta alla messa funebre
    per un popolo, il quale il pane
    mangia, e anche a voi lo darà - non appena
    da Meudon partirete per il Kuban.
    La nostra lite non è la vostra lite!
    Figli! Create voi stessi l'ingiuria
    dei giorni vostri

    Versi per il figlio - 1932
    bonste

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  3. Grazie Olympe, ti riesce molto bene smascherare quello che si cerca tenere nascosto. Un sollievo per i miei interminabili dubbi.
    Il consiglio dell’anonimo ai giovani invece mi fa pensare a due cose: ogni volta che dicevo "mi raccomando...", alla cara vecchia sorella di mia madre, mi rispondeva che è il boia a raccomandarsi. Mortificato alle sue romanesche parole, mi mordevo la lingua, sperando inutilmente di non ricaderci più.
    Il secondo pensiero, senza inchinarci alle parole, quelle della Cvetaeva nei “Versi per il figlio”:

    Non per la città e non per il villaggio -
    parti, figlio mio, per la tua patria,
    per il paese (di tutti i paesi il contrario!)
    a cui tornare indietro è avanti
    andare, specialmente per te
    che la Russia non hai mai visto,
    bambino mio…
    Mio? Suo -
    bambino! Precisamente ciò che è stato
    e diventa storia.
    Quel terriccio ridotto a polvere,
    possibile a un bimbo nella culla
    si debba portare nei pugni tremanti:
    «È Russia questa cenere, venera questa cenere!»

    Via dalle perdite che non hai sofferto
    va’ – a perdita d’occhio!
    Di tutti i paesi gli occhi, da tutta la terra -
    gli occhi, e i tuoi azzurri
    occhi, nei quali guardo dentro:
    negli occhi che guardano alla Russia.

    Ma non inchiniamoci alle parole!
    La Rus' per gli avi, per noi la - Russia
    per voi - civilizzatori di caverne -
    l'appellante: URSS -
    non è meno nella tenebra dei cieli
    appello del: SOS

    Noi la patria non ci chiamerà!
    Va', figlio mio, a casa - avanti -
    nel tuo paese, nel tuo secolo, nella tua ora - via da noi -
    nella Russia - di voi, nella Russia - delle masse,
    nella nostra-ora - paese! nel di questa-ora - paese!
    Nel paese - verso Marte! nel senza-di-noi – paese!

    La nostra coscienza non è la vostra coscienza!
    Basta! - Liberamente! - Dimenticato tutto,
    figli, scrivete voi il racconto
    dei vostri giorni e delle vostre passioni.

    La famiglia di sale di Lot -
    ecco il vostro album famigliare!
    Figli! Fate voi i conti
    con la città che vi hanno dipinto

    come Sodoma. Non ti batteresti contro tuo fratello
    e la tua causa è pulita, riccioluto!
    Il vostro paese, il vostro secolo, il vostro giorno, la vostra ora,
    il nostro peccato, la nostra croce, la nostra disputa, la nostra

    ira. In mantelline da orfani
    avvolti sin dalla nascita,
    smettetela di celebrare riti funebri
    per un Eden in cui voi

    non c'eravate. Per frutti di cui
    non sapete niente! Capire: è cieco
    chi vi porta alla messa funebre
    per un popolo, il quale il pane

    mangia, e anche a voi lo darà - non appena
    da Meudon partirete per il Kuban.
    La nostra lite non è la vostra lite!
    Figli! Create voi stessi l'ingiuria

    dei giorni vostri.

    Non dovrai essere uno zero
    fra i giovani – e dannoso!
    Né un re del rame,
    né semplicemente una fronte
    di sportivo, né un cieco in crociera,
    né un affumicatore di cabine,
    né un paio di mascelle
    che masticano

    in ciò supponendo il fine.
    Giacché - in qualsiasi fessura -
    ecco me – col mio vento furioso!
    Non dovrai essere un borghese.

    Né un galletto gallico,
    che ha impegnato la coda in banca,
    né il languido fidanzato
    d’una canuta americana -

    no, neanche uno di quelli
    scritti sino in fondo come un foglio,
    ai quali solamente la risata
    è rimasta, solamente il fischio

    è toccato in eredità dai padri!
    Dall’altra parte della bilancia
    ci sono io – col peso della terra nera!
    Non dovrai essere un francese.

    Ma anche: nessuno
    di noi, fastidiosi ai nipoti!
    Chi sarai - Dio solo…
    Chi non sarai – garante

    né sono io, che in te – tutta la Rus’
    cullandoti ho messo dentro come una pompa!
    Dio lo vede – lo giuro!
    Che tu non sarai un rifiuto

    del tuo paese.

    Marina Cvetaeva – 1932

    bonste

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  4. https://bit.ly/3mKqgz7

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