lunedì 15 novembre 2021

La chiamata da palazzo Chigi

 

Il mostro è tornato: l’inflazione! Grande è il disordine nel dibattito. Ha carattere strutturale, dunque eroderà significativamente salari e pensioni, oppure si tratta di una fiammata e via? Ricchi premi e cotillon a chi offre la risposta più originale.

Che cos’è l’inflazione, concretamente? È l’aumento dei prezzi e questo lo sanno tutti. Non solo: è il deprezzamento del valore dei nostri soldi. La svalutazione è sotto gli occhi quando fai la spesa, ma passa quasi in secondo piano distratti dal cartello dei prezzi.

Avendo fatto studi approfonditi di economia posso spiegare l’importanza del fenomeno con un esempio di econometria applicata. Se una mela vale 1 euro, significa anche che 1 euro vale quella mela. Quando il prezzo della data mela aumenta a 2 euro, vuol dire che 1 euro vale solo mezza mela. L’inflazione è quindi una perdita di potere d’acquisto del denaro: con la stessa moneta da un euro si finisce per avere solo una mezza mela invece di un pomo intero.

Respirate, la parte più difficile è finita e siete pronti per un master alla Bocconi.

Ora una considerazione etico-politica che in questi ragionamenti ci sta sempre bene: i ricchi, i padroni e la categoria sociale che governa in Europa e altrove, se ne fotte se aumenta il prezzo delle Melinda. Infatti, se hai una cospicua rendita, se percepisci canoni fissi, se sei un privato concessionario di un bene pubblico, se hai ereditato cospicuamente e pagato un cazzo d’imposte, se hai un alto stipendio o una ricca pensione da giornalista, l’inflazione ti fa un baffo. L’unica preoccupazione è che l’aragosta non soffra quando la metti a bollire e le forniture di caviale non siano bloccate dai portuali no-green pass.

Partiamo da un altro magnifico esempio, questa volta sull’applicazione della legge di domanda e offerta. Quando cresce la domanda di fragole, aumenta il relativo prezzo. Un po’ più tardi tende ad aumentare anche la produzione di fragole, perché sempre più coltivatori produrranno quel frutto attratti dalla domanda e dal prezzo. Ciò consentirà, man mano, di abbassare i prezzi una volta che l’offerta avrà raggiunto il livello della domanda più elevata. Volendo essere stringati si può dire che i prezzi dei beni di consumo dovrebbero tenere il passo con la domanda.

È la magia del mercato, direbbe Adams Smith sorseggiando compassato il suo tè alla voglia di fragola.

Va peraltro tenuto conto degli effetti dell’importazione di fragole sul proprio mercato, ma non è il caso di complicare il discorso e passiamo ad altre primizie. Nella realtà odierna è necessario tener presente altri fattori legati ai prezzi, quali, per esempio, il monopolio e la rigidità dell’offerta. Se l’esempio di equilibrio citato può funzionare per le fragole, con molta maggiore difficoltà l’esempio s’adatta al mercato degli idrocarburi o degli immobili, per dire. Inoltre, flussi finanziari colossali speculano sulle materie prime e possono far salire i prezzi, senza poi dire del gioco che si può realizzare sui tassi d’interesse, quindi sulla domanda, specialità delle banche in generale e di quelle centrali in particolare.

Poi c’è il capitolo della spesa pubblica, ossia della tentazione più antica del mondo, quella di spendere più di quello che hai, ottenendo prima o dopo inflazione elevata e sul piano sociale nessuna reale risoluzione delle contraddizioni di fondo che scuotono il modo di produzione capitalistico. Pressati dalle ragioni del consenso e condizionati dai tassi di crescita fiacchi non ci sono piani economici di stampo keynesiano che alla prova dei fatti offrano garanzie di crescita di lunga durata, tanto più in situazioni sociali e istituzionali sbrindellate di paesi come l’Italia.

Essendo il modo di produzione capitalistico incapace di sviluppo lineare indefinito, tenuto conto che la protesta sociale a un certo punto si porrà in termini più radicali e generali, la tenuta delle istituzioni democratiche è difficile da immaginare. Non resta altro da fare che trasformare il quadro istituzionale, prendendo al balzo la creazione spontanea o surrettizia di situazioni politiche particolari e l’attuale stato di emergenza prolungato come parametro d’indirizzo tecnico-politico.

Consapevoli di ciò, ora siete pronti per la chiamata da palazzo Chigi.

2 commenti:

  1. La BCE è nata con lo scopo principale di contenere l'inflazione. Nel primo decennio del secolo si è dedicata, con la complicità degli istituti centrali di statistica, a contenere le notizie sull'inflazione ex euro, che era bella pimpante. Nella seconda decade, si è dedicata invece a cercare di provocare inflazione (al 2%, dicevano), avendo qualche genio dell'ufficio studi letto Keynes (o forse i neokeynesiani) e avendo il genio scoperto che lo sviluppo avviene normalmente in presenza di inflazione. Il genio, o i geni, hanno semplicemente confuso concomitanza con causa, o, più probabilmente, bellamente invertito i rapporti di causa/effetto: è lo sviluppo a causare inflazione, non viceversa.
    Poco male: oltre a non saper leggere, alla BCE non sanno neanche agire, per cui il risultante quantitative easing ha portato all'erezione della bolla speculativa sulle borse, mentre l'inflazione (e lo sviluppo) rimanevano mosci.
    Che l'inflazione languisse era, naturalmente, un fatto positivo, come qualunque persona di buon senso ben sa. Oggi l'inflazione ha ripreso, come al solito per i cazzi suoi, senza che la BCE sapesse cosa succedeva. Per cui adesso la signora Lagarde (una che lo ammoscerebbe a un mandrillo) dice che ci vorrà tempo perché l'inflazione si ammosci sotto il 2%. Ma come? Non era l'obiettivo di tutti gli anni 10, il turgore dell'inflazione?

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  2. Gentile Erasmo , la stessa cosa la diceva ieri sera mia moglie, non particolarmente ferrata in economia ma minimamente dotata di memoria : ma il problema non era l'assenza di inflazione ? E allora adesso cos'è che non va ? Non c'è che dire : ogni scusa è buona per coglionarci

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