L’ho cercato e non l’ho trovato. Da principio credevo si fosse intrufolato da qualche altra parte; poi, man mano che lo cercavo senza trovarlo, ho perso la speranza. Perché mai avrebbe dovuto allontanarsi dai suoi fratellini? Forse, furtivamente, se n’è andato con qualcuno: ma con chi e quando? Perché tra gli altri della sua schiatta avrebbero scelto proprio lui? Mi secca quando un mio schiavo evade dal suo ergastolo senza lasciare traccia. Proprio adesso che compiva cent’anni. Quale ingratitudine.
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John Scott Fitzgerald, un autore per il quale molte estati or sono persi la testa per più di un mese, 100 anni fa scriveva il suo romanzo d’esordio: This Side of Paradise. È un’opera imperfetta, ambientata principalmente sui tranquilli prati e sentieri della Princeton University, inseguendo l’educazione morale di un protagonista privilegiato e narcisista. Ma non solo.
Di qua dal Paradiso merita considerazione non solo perché è il primo dei non molti romanzi dello scrittore, un ritratto intimo semi-autobiografico, ma anche per la sua complessità psicologica, con le frasi liriche tipicamente scintillanti di Fitzgerald e con la sua altrettanto caratteristica visione tagliente della società di classe americana.
È vero ciò che si legge su Wikipedia, Fitzgerald canta la più caduca di tutte le realtà: la giovinezza, i suoi momenti indimenticabili e fuggevoli, della generazione emersa dopo la Grande Guerra. Per questi nostalgici e romantici motivi, soggiungo, diventò un cult-book per generazioni di lettori, facendo di lui e di sua moglie, Zelda Sayre, delle figure iconiche di “Jazz Age”, un termine coniato da Fitzgerald stesso.
Iniziato con il titolo The Romantic Egotist, il protagonista di This Side of Paradise è Amory Blaine che, come Fitzgerald, è nato nel 1896 in una famiglia della classe medio-alta del Minnesota. Da ragazzo, Amory viaggia negli Stati Uniti e in Messico con la sua eccentrica madre, Beatrice, soggiornando in un resort dopo l’altro. Da sua madre, che il giovane Amory chiama per nome e su cui non si fa illusioni, apprende i rudimenti dell’arte classica e introietta lo snobismo di classe, parlando con disinvoltura a undici anni di Brahms, Mozart e Beethoven.
Come Fitzgerald, Amory nacque in circostanze favorevoli durante l’era progressista americana, prima dello scoppio della Grande Guerra. Attento all’ambiente in cui vive ma non politicamente cosciente, il giovane Amory è testimone di un mondo fatto di pretese della borghesia medio-alta e della rigida stratificazione di classe, dove è la servitù a prendersi cura di ragazzi lunatici sprofondati nei divani in pelle del Minnehaha Club.
Amory, oltre a diversi innamoramenti con alcune ragazze, tra i quali spicca quello con Isabelle Borgé (consapevole del suo ruolo sociale che interpreta “con un’astuzia infinita che avrebbe inorridito i suoi genitori”) e poi quello per Clara Page, la bella cugina semi-impoverita di Amory, stringe anche amicizie maschili a Princeton, di solito basate su qualche forma di ammirazione intellettuale, come con il poeta Tom D’Invilliers e il radicale Burne Holiday.
Le conversazioni tra Amory e questi compagni di classe forniscono alcune delle più belle soddisfazioni intellettuali del romanzo. Amory mantiene anche una stretta amicizia con monsignor Darcy (padre Sigourney Fay), una sorta di confessore e mentore culturale del giovane Fitzgerald alla Newman School.
Ritornato alla vita civile dopo l’arruolamento, Amory dimostra di aver maturato una certa indipendenza intellettuale. Nella scena finale del romanzo, un Amory disoccupato accetta un passaggio da due uomini d’affari. Conversando con loro, Amory sorprende anche se stesso dichiarando di essere un socialista.
La conversazione prosegue sui temi della rivoluzione e del socialismo, e in definitiva con una critica incisiva della cultura della classe dominante americana. E però fino a quando non recupero l’”evaso” dalla mia casalinga biblioteca non ne posso parlare oltre.
Ci hai lasciato con il fiato sospeso fino all'ultimo! :-) GS
RispondiEliminaio sto battendo a tappeto le case degli amici, con delle scuse tipo posso andare al bagno, per ritrovare certi evasi.
RispondiEliminasono cose orribili che non dovrebbero succedere mai
RispondiEliminaOrribile davvero. Stamane al mercato degli schiavi ne ho acquistato un altro esemplare. Lo sto già frustando. Pagherà dazio anche per il fuggitivo.
EliminaÈ perché, quando usiamo gli schiavi, non facciamo caso al loro dorso. Quando non li troviamo, la ragione principale è che ci incaponiamo a cercare un dorso di colore diverso.
RispondiEliminasì, a volte può succedere, ma ho in tal specie una memoria non comune. questo schiavo è evaso inopinatamente da uno scaffale dedicato. ho ricostruito anche dove ha trovato casa. stava meglio con me, spolverato, e con i suoi fratellini. ora è come orfano.
Eliminama tu vai anche al mercato di schiavi online?
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