giovedì 29 ottobre 2020

Il primo Madoff


Se non è la Cina è la Russia. Patetici.

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Provo a diradare l’interesse e il flusso dei lettori: parliamo di libri.

Domenica scorsa sul Domenicale del Sole 24 Ore si poteva leggere una recensione a firma di Giuseppe Scaraffia dal titolo: John Law, un (geniale) scozzese a Parigi. Una nota alla fine della recensione avverte: L’articolo in pagina è uno stralcio della prefazione [al libro di Silvia Maria Busetti: John Law, vita funambolica e temeraria di un genio della finanza].

Nello stralcio si riporta che il duca Philippe d’Orleans, nipote di Luigi XIV, alla cui morte divenne reggente di Francia, fu “lavoratore inesauribile, in grado di affrontare ogni sera un’orgia in compagnia degli intimi e della duchessa di Barry, la figlia favorita”.

La quale duchessa di Berry era figlia di Francesca Maria di Borbone-Francia, figlia di Luigi XIV e della sua amante ufficiale, madame de Montespan. Vigeva un’universale promiscuità sessuale, tanto che la previdente duchessa di Berry, per risparmiare tempo, aveva invitato il suo confessore ad assistere alla consumazione dei suoi peccati.

Ciò che lo stralcio omette riguarda, tra l’altro, la principessa palatina, ossia il giudizio della madre del duca Philippe, e dunque nonna della duchessa di Barry, su quelle notti agitate: “Qui le dame bevono anche più degli uomini e mio figlio ha una maledetta amante che beve come una spugna e gli è infedele. Lui passa tutte le notti in quella brutta compagnia fino alle tre o alle quattro del mattino”.

Si doleva, la principessa, soprattutto che il figlio devolvesse “tutto ciò che possiede alle sua amanti”. Del resto Madame non si faceva illusioni sui costumi di corte, né sul conto del proprio marito, il quale si dedicava “totalmente ai suoi favoriti maschi” (p. 50 del libro).

Erano tutti, gli aristocratici s’intende, dei bon viveurs. E del resto non avevano obbligo d’alzarsi di buon’ora per andare ad incrementare il prodotto interno lordo della Francia, che anzi dilapidavano con magnifica larghezza avendo in mente soprattutto un altro tipo di Pil, per dirla al modo di un odierno intellettuale di origini calabresi.

L’esempio dell’incesto del Reggente (si può leggere nella Prefazione integrale) era diventato frequente tra la nobiltà di corte. Il campionario della disinvoltura sessuale era assai ampio. Per esempio, la disinvolta marchesa di Richelieu si era infilata nel letto del Delfino, il futuro Luigi XV, “a sua insaputa”. Quelle délicatesse, soggiungo. Era usanza diffusa offrire le proprie amiche agli amanti prediletti senza prima avvertirle. Non solo in Francia, non solo nel XVIII secolo. Un manque de bon ton, sicuramente.

Lasciamo da parte le facezie. Chi fu John Law? Scaraffia, nell’estratto della sua Prefazione pubblicato dal Domenicale, sostiene che Law fu “un avventuriero onesto, che si manteneva con una sequenza impressionante di vincite al gioco”, grazie alle sue “straordinari capacità di calcolo gli incessanti studi di economia con cui sperava di cambiare le sorti della Francia”: la sua idea fu di “saldare i debiti dello Stato con la cartamoneta”. Il suo sistema, “sempre più osteggiato dai suoi nemici, crollò”.

Questo il modo indulgente d’informare i lettori sul maggior responsabile di un crack finanziario che fece epoca. Per quanto riguarda il libro recensito, ossia quello di Silvia Maria Busetti, è ricco di dettagli storici interessanti che meritano il prezzo di 16 euro, ma lo trovo carente e fuorviante per quanto riguarda l’analisi del “sistema Law”. L’Autrice cade nello stesso errore di Law, lo condivide in pieno, come del resto lo condivide la maggior parte della “pubblica opinione”.

John Law, fu uno strano miscuglio tra il ciarlatano e il profeta, elaborò un sistema finanziario basato sulla demonetizzazione dei metalli preziosi e sulla loro sostituzione con moneta cartacea garantita dal valore dei terreni (in seguito ritrattò su questo punto). Fondò a Parigi nel 1716 una banca privata (Banca Generale), che nel 1718 fu convertita in banca statale (Banca Reale). Appoggiandosi ad essa, divenuto di fatto una specie di ministro delle finanze di Francia, aspirava a realizzare la sua idea del tutto assurda, secondo cui lo Stato può aumentare la ricchezza del paese emettendo biglietti di banca scoperti (ossia senza garanzia sottostante in metalli preziosi).

Chi è che diceva che il miglior sistema per rapinare una banca è di fondarne una? Ah sì, quel comunistaccio di B.B.. Soggiungo: meglio se una banca di Stato!

La banca di Law emetteva illimitatamente cartamoneta e incassava contemporaneamente il denaro metallico, si svilupparono e prosperarono così imbrogli di Borsa e una speculazione fino allora sconosciuta. I biglietti stampati dalla banca di Law inondarono il mercato e i prezzi delle merci salirono rapidissimamente. Nel 1720 la banca di Stato e con essa il “sistema di Law” finirono nella più completa bancarotta. Law fuggì all’estero e morì in povertà a Venezia nel 1729.

Montesquieu deplorava: “Ho visto una nazione pervertita in un istante, dall’ultimo al primo dei sudditi”.

Il “sistema di Law”, nella sostanza, è stato l’antesignano dell’attuale sistema del credito basato sulla moneta fiduciaria. Mi pare perciò ovvio il motivo per cui la critica più recente, compresa quella dell’Autrice del libro, abbia scagionato Law di molte colpe, e riconosciuto l’originalità e la genialità di questo finanziere. Perché poi non crolli il sistema odierno come quello di Law è faccenda che riguarda, per dirla breve e semplice, la fiducia pubblica sulla stabilità degli Stati e le garanzie che essi possono offrire al mercato (non ultima quella di esattori fiscali!).

Ciò meriterebbe un post ad hoc, ma bisogna prendere atto che esiste un’insuperabile barriera pregiudiziale sul tema del denaro e del credito, e dunque sarebbe fatica sprecata voler dire di più. Del resto come spiegare altrimenti la fortuna dei Law, dei Bernardo Tanlongo, dei Charles Ponzi, degli Alexander Stavinsky, dei Calvi, dei Madoff, dei Tanzi e degli Zonin (per citare i più noti) e di tutta l’oscura pletora di pescecani che quotidianamente campano (benissimo) a danno di tanti pinocchietti risparmiatori raggirati? 

5 commenti:

  1. «Ciò meriterebbe un post ad hoc».
    Sappi che la fatica non sarebbe sprecata.
    Ah, molto simpatica, anche con ampio passaggio su John Law, è stata la lezione che A. Barbero ha tenuto lo scorso dicembre presso la sede di Intesa S. Paolo, a Torino.
    https://youtu.be/K2zzNbzIcuw

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    1. Az ...! non sapevo. ora vado a comprare le seppie e il merluzzo, poi l'ascolto. certo che presso la sede di Intesa S. Paolo non può aver parlato di corda in casa dell'impiccato. siamo sempre lì, alla critica laterale. cmq ti dirò in privato. buona giornata, mio caro.

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  2. Non so. Personalmente, preferirei il signor Law alla guida della Banca d’Italia invece del sig.Visco. Quest’ultimo, in occasione della giornata del risparmio, ha dichiarato che un’eccessiva propensione al risparmio fa male all’economia, per motivi keynesiani. Che il governatore della Bd’I sia un neokeynesiano da osteria è grave ma non inaspettato. Forse qualcuno potrebbe rivelargli che il risparmio messo in banca dovrebbe essere poi messo in circolo, in base a un concetto a lui certamente oscuro, chiamato moltiplicatore bancario. Pertanto, il governatore potrebbe piuttosto lanciare un appello contro i materassi, luoghi di ristagno del risparmio che non danno luogo ad alcun moltiplicatore.

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  3. ...concordo il signor Massaro, anch'io ho videoascoltato la lezione di Barbero che non mi pare fosse stato tenero con Law...
    maurix

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