mercoledì 4 settembre 2019

Il trasferimento


In tutte le epoche storiche, a ogni scossone sociale faceva seguito un trasferimento della “roba”.  Accadde nell’antica Grecia e probabilmente ancor prima, e durante la repubblica romana, quindi in età imperiale ed inevitabilmente a seguito delle invasioni che durarono fin sulla soglia del X secolo. Il basso medioevo non fu da meno, e massicci sotto questo profilo sono stati anche i “trasferimenti” in età moderna proseguiti in quella contemporanea.


Ciò che meglio riuscì a cementare l’adesione al cambiamento indotto dalla rivoluzione francese fu proprio il trasferimento della “roba” già di proprietà della monarchia, dei nobili e dei preti ricchi. Il trasferimento di ricchezza, fondiaria e mobiliare, non andò solo a vantaggio dei grandi speculatori borghesi, i quali ovviamente si buttarono a capofitto nel ricchissimo piatto offerto da un simile sconvolgimento. Anche i contadini, che costituivano la parte più cospicua della popolazione francese, approfittarono della situazione distruggendo i registri nei quali erano trascritte proprietà aristocratiche e iscritte ipoteche.

Borghesi e contadini mandarono volentieri i propri figli maschi a combattere per la Convenzione nazionale prima e per Napoleone poi. Vi furono ovviamente delle importanti eccezioni, come in Vandea, quando i contadini si opposero alla leva obbligatoria, ma in generale il canto della Marsigliese costituiva garanzia delle proprietà acquisite con la rivoluzione, senza disdegnare l’eventuale bottino di guerra che i propri figli portavano a casa dall’Europa intera, finché ebbero la fortuna di salvare la propria pellaccia. Paradigmatica sotto questo aspetto fu la ritirata di Russia della ex grande armata napoleonica (*).

Anche il XX secolo è stato teatro di grandi trasferimenti di beni di ogni tipo, a cominciare dal più grande trasferimento immobiliare che la storia ricordi, cioè quello che in Russia fece seguito alla rivoluzione del novembre 1917 (**).  Dai feudatari allo Stato. Un trasferimento analogo si ebbe ottant’anni dopo, ma in senso contrario: dalla proprietà pubblica a quella dei nuovi oligarchi. 

Anche in Germania, con il cambio di regime del 1933, seguì un trasferimento massiccio di ricchezza, soprattutto a danno degli ebrei e degli avversari politici (un milione di tedeschi finì nei lager). Non è fuori luogo sostenere che uno dei fattori di maggiore e lucida motivazione, implicito e sottaciuto ovviamente, dell’antisemitismo nazista a livello apicale, fu il furto sistematico, attraverso le confische e i ricatti, delle proprietà di queste vittime innocenti (***).

Il fascismo italiano fu invece, in tal senso, un fenomeno diverso, poiché non ebbe l'obiettivo di trasferire la “roba” in altre mani, ma ebbe lo scopo di mantenere intonso il patrimonio delle élite padronali e anzi di accrescerne la ricchezza con le commesse statali e mantenendo bassi i salari (****).

Un’altra grande operazione di trasferimento di ricchezza si è avuta a cavallo tra la fine del secolo scorso l’inizio dell’attuale. Anche in tal caso si è trattato di un trasferimento dalla proprietà pubblica a quella privata e dal lavoro al profitto di pochi. È un processo ancora in corso e ha luogo in molteplici forme criminali ma legalizzate dalla dittatura borghese.

È vero che tutto ormai contribuisce a stancare la speranza degli uomini, quand’anche fossero i più fiduciosi, tuttavia qualcosa di più della spenta speranza mi dice che, per quanto riguarda il trasferimento della “roba”, il respiro affannoso di questo nostro secolo ci riserverà delle inedite sorprese.

(*) Alla partenza da Mosca tutti i soldati avevano voluto riportare a casa i frutti del saccheggio. Dopo qualche settimana, chi era caricato di campane d’oro, di porcellane Gardner, di orologi Petrodvorets, ambra baltica, di avorio siberiano, invidiava le pellicce, la farina e persino le casseruole ammaccate, infinitamente più preziose delle collane di perle rubate alle contesse moscovite. Il sergente Bourgogne scrive nelle sue memorie di chi dovette disfarsi del bottino: “quadri, candelabri e molti libri, opere di  Voltaire, di  Jean-Jacques Rousseau, la Storia naturale di Buffon rilegata in marocchino rosso, con il taglio d’oro”. Al disastro generale si aggiunse la vergogna dell’usura individuale: si contrattava qualche patata e un po’ di farina in cambio di oggetti preziosi. Morirono a decine di migliaia coperti di neve e d’oro.

(**) Circolano nei media (Paolo Mieli e molti altri) delle asinerie opinioni curiose al riguardo, le quali intendono derubricare l’Ottobre a semplice colpo di Stato. Ed è evidente la motivazione sottesa.

I fatti sono interpretabili in vari modi, secondo le convenienze, tuttavia restano ostinati. L’insurrezione di Pietrogrado e la presa del Palazzo d’Inverno vanno inserite nel quadro più generale del processo rivoluzionario che si sviluppò a partire dal 1917. La presa del Palazzo e la fine del governo Kerenskij furono certamente un episodio di tale processo, come del resto lo fu la presa della Bastiglia il 14 luglio a riguardo della rivoluzione francese. Non per questo possiamo parlare, sia in riferimento alla rivoluzione francese che alla rivoluzione bolscevica, di una sommossa o di colpo di Stato.

(***) Una parte cospicua della ricchezza mondiale è direttamente o indirettamente nelle mani di persone di religione ebraica. Personalmente non reputo che ciò costituisca un demerito e men che meno una “colpa”, ma la dimostrazione di un esprit non convenzionale delle persone appartenenti a questa religione, che le porta al successo non solo nella sfera economica ma anche nell’ambito della produzione culturale. Esclusa la motivazione genetica a riguardo di tali specificità, resta da spiegare come storicamente nell’ambiente ebraico si siano sviluppati certi caratteri e predisposizioni. Dunque va bene Max Weber, ma cum grano salis, cioè senza superfetazioni.

(****) È per questo motivo, di favorevole sintonia con gli interessi della borghesia, che individui come Mussolini, se non fossero caduti malamente per aver spinto troppo oltre il proprio bluff, sarebbero potuti rimanere delle glorie nazionali. Lo dimostra, per contro, la fortuna, anche postuma, di D’annunzio, cioè di un personaggio psicolabile, ridicolo e d’idee politiche reazionarie (checché ne dicano i suoi audaci celebratori), il quale ebbe la cortesia di lasciarci qualche anno prima del patatrac, ossia nel 1938.

4 commenti:

  1. Forse piuttosto che a Weber ti riferisci a Sombart

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    1. protestantesimo, ebraismo, cristianesimo e ogni altra dimensione metafisica per me pari sono.

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  2. La vera Rivoluzione NON è il trasferimento della "roba", ma la gestione che di essa viene fatta. E si otiene solo con la socializzazione dei mezzi di produzione.

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