Affacciandosi di nuovo al suo blog, Malvino scrive:
«La
globalizzazione – diciamocela tutta – non è stata guidata proprio da dio: si è
data una manciata di riso a qualche miliardo di morti di fame, ma il riso si è
comprato a spese del ceto medio, che medio ormai non è più, mentre sono
aumentati i profitti di chi il riso lo distribuiva in cambio di forza-lavoro [a basso costo]».
Quale disonesto imbecille può negare questa realtà di
fatto? Eppure c’è chi nega e continuerà a negare. Del resto sono schiere coloro
i quali credono nelle virtù dell’omeopatia, nella pericolosità dei vaccini,
nelle stronzate religiose, negli extraterrestri (sì, in tv ad ogni ora!), che
se Benito non si fosse alleato con Adolf, ecc.. Dunque, nessuna meraviglia,
anzi una conferma del livello di istupidimento consolidatosi nelle masse non
meno che in congrue frange delle sedicenti élite.
Prosegue Malvino:
«Si è fatto
di tutto per dar ragione a Marx, diciamo, anche se poi, per non dovergliela
dare del tutto, si è mandato Fusaro nei talk show.»
Se ciò è indubbio per quanto riguarda il ruolo di Fusaro
e di tutti i “nuovi filosofi”, per
quanto riguarda invece Marx, osservo che la nota frase (“L’accumulazione di ricchezza all’uno dei
poli è dunque al tempo stesso accumulazione di miseria, tormento di lavoro,
schiavitù, ignoranza, brutalizzazione e degradazione mentale al polo opposto”)
è tutto sommato incidentale rispetto all’analisi delle cause che producono tali fenomeni. Cause delle quali i media
borghesi (dunque tutti i media) non parlano quasi mai se non falsificando di
manica larga. Proprio per le ragioni alle quali allude Malvino, ossia per non
dover ammettere che Marx aveva ragione ben oltre la semplice evidenza
sociologica e che la sua critica del modo di produzione capitalistico è spoglia
di miti e ideologie.
Qualche giorno fa ho chiesto ad un conoscente (brava persona, politicamente vicina al partito democratico) di leggere, per un parere, il suo post del 4 settembre, quello dal titolo "Non facciamoci imbrogliare". Bene, questa persona, dotata di laurea in economia e finanza, la sera stessa, sul bus, mi ha confessato di non aver ben compreso i concetti espressi in quel pezzo ma, nel medesimo tempo, di "sapere per certo" che Marx non poteva che essere in errore dato che "come ampiamente hanno dimostrato dai marginalisti" il plusvalore semplicemente non esiste: il valore è solo soggettivo e "duecento anni di teoria economica" hanno semplicemente "distrutto" (proprio così, ha detto "distrutto") la "teoria marxista del valore-lavoro" (sì, ha usato proprio queste parole). Mi ha chiesto, tra il beffardo e il compassionevole, "..e se il plusvalore non esiste, come può esistere il saggio di profitto? Non lo sai che è dimostrato che l'impossibilità di convertire i valori in prezzi ha del tutto confutato Marx?". Purtroppo io non ho nella mia cassetta degli attrezzi la chiarezza teorica necessaria ad affrontare simili argomenti, sebbene mi sarebbe piaciuto molto poter rispondere a dovere e così ho dovuto abbozzare con molta amarezza. Mi domando quindi quali siano le risposte che avrei potuto dare e mi domando, con timore, se queste posizioni non siano ormai "lo standard" che dobbiamo aspettarci anche tra chi si professa "di sinistra e moderatamente socialista".
RispondiEliminaGrazie mille per il suo prezioso lavoro.
Un proletario qualunque.
Le do un suggerimento: non prenda più quell'autobus.
EliminaTra l'altro: Marx non ha mai usato l'espressione “teoria del valore-lavoro”, inventata invece da Eugen Ritter von Böhm-Bawerk (che è tutto dire) e mutuata poi da marxisti, da diversamente “marxisti” e cialtroni vari
ciao
Risposta semplice: ma 12.000 anni di sfruttamento sono un'invezione?
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