Sul Domenicale,
in prima, c’è una recensione ai Taccuini
di Lev S. Vygotskij curata da Luciano Mecacci. Studioso espertissimo della
psicologia russo- sovietica, Mecacci, oltre a rivelarci che Vygotskij fu
tacciato di simpatie trotskiste, afferma che egli “mise insieme nientemeno che
– in quest’ordine – Trockij, Freud e Marx come autori chiave per la fondazione
di una psicologia marxista”.
Riporto dal primo capitolo della Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori di Lev S. Vygotskij:
«La psicanalisi
invero cerca nella sfera stessa dello psichico la spiegazione dei fenomeni
psichici, e introduce il concetto d’inconscio, restaurando in tal modo la
continuità della vita psichica e tormentandosi per la necessità di ricorrere a
concetti fisiologici. Ma con tutto questo la psicanalisi non ha saputo superare
in psicologia un volgare biologismo. Essa considera primarie le pulsioni
organiche e il sesso come sostrato biologico di ogni successiva metamorfosi. I
fatti culturali nella psicologia dell’uomo costituiscono un fenomeno spontaneo,
secondario, sempre un prodotto causato e mai causante.
La teoria
psicoanalitica, inoltre, incorre in una insanabile contraddizione interna con
se stessa […]; essa spiega infatti la
sublimazione delle pulsioni e delle rappresentazioni ad esse collegate con
l’azione di quelle forze che, d’altro canto, secondo la stessa teoria, sorgono
solo come risultato di questa sublimazione; le esigenze e i motivi culturali
sarebbero così ad un tempo e l’effetto e la causa di questa sublimazione.
Questa contraddizione è condizionata dalla considerazione naturalistica dello
sviluppo psichico culturale e dal tentativo di spiegare ad ogni costo ogni
fenomeno della psicologia dell’uomo con un’unica argomentazione.»
Da Pensiero e
linguaggio, opera fondamentale di Vygotskij, nella nuova edizione curata
proprio da Luciano Mecacci, Laterza, p. 25, riporto:
«I libri di Piaget
possono essere confrontati a pieno titolo con i lavori di Freud, Blondel e
Levj-Bruhl. Gli uni e gli altri sono l’opera della crisi che ha avvolto le basi
stesse della nostra scienza, indicando la trasformazione della psicologia in
scienza nel senso esatto e veritiero di questa parola e dando luogo ad una
acuta contraddizione tra il materiale fattuale della scienza e le sue
fondamenta metodologiche.
La crisi in
psicologia è anzitutto la crisi delle basi metodologiche di questa scienza. Le
sue radici affondano nella sua storia. La sua essenza risiede nella lotta fra
tendenze materialistiche e idealistiche, che si sono urtate in questo campo del
conoscere con una acutezza e una forza che oggi non si trovano, sembra, in
nessun altra scienza.
[…] Freud,
Blondel e Levj-Bruhl hanno creato la loro psicologia. La contraddizione tra le
basi fattuali delle loro dottrine e le costruzioni teoriche, fondate su questa
base; il carattere idealistico di questi
sistemi, che trova un’espressione profondamente peculiare in ciascuno di
questi autori; il sapore metafisico in
tutta la serie delle loro costruzioni teoriche, tutto questo è l’inevitabile
e fatale manifestazione dell’ambiguità di cui abbiamo parlato sopra, come
impronta della crisi. Questa ambiguità deriva dal fatto che la scienza,
compiendo un passo avanti nel campo dell’accumulazione del materiale fattuale,
compie due passi indietro nella sua interpretazione e nel suo chiarimento.»
Come si evince dai brani proposti, non vi è alcun
dubbio, nemmeno su un piano interpretativo più ardito, che vi è una netta
antitesi tra la concezione della scienza e in particolare della psicologia vygotskiana
e il soggettivismo metafisico tipico del freudismo.
Vi è da sperare che i fondamentali contributi di Vygotskij siano recepiti anche nell'ambito delle neuroscienze, oltre che in quello della psicologia. In effetti, il merito del geniale ricercatore sovietico è stato quello di muovere, nel porre e risolvere i problemi di queste discipline, dall’assunto di Marx secondo cui l’essenza individuale della coscienza “è fin dall’inizio un rapporto sociale”, un'essenza esterna e diffusa fra gli stessi individui, come è la stessa lingua da essi appresa e parlata, e sviluppa nei suoi scritti un modo completamente diverso di intendere la mente umana, che, con maggiore coerenza delle scienze cognitive e della cosiddetta “grounded cognition”, pone all’origine del processo di individuazione del soggetto umano la nozione (non di mente individuale o di singolo cervello ma) di ‘rapporto sociale’. Sennonché, come accade nell'impostazione sia cognitivista che costruttivista di questo ambito di problemi, l’individualismo cognitivo è sempre il marchio di fabbrica del cognitivismo e, sia pure in misura minore, del costruttivismo. Tale individualismo discende, peraltro, dal modello che è stato alla base delle scienze cognitive, cioè dal modello del calcolatore e non è sufficiente, per rompere con questo approccio, mettere il cervello nel posto che durante i primi tempi era occupato dal computer. La mia impressione è che, anche quando lo sforzo è quello di svincolarsi dal paradigma dell’individualismo cognitivo allargando i confini della mente individuale oppure situando la mente in un corpo, a sua volta immerso in un particolare ambiente, o ancora studiando come le diverse menti entrano in rapporto fra loro – è il caso, per citare una tendenza oggi di moda, dei cosiddetti neuroni specchio -, tale sforzo resti nondimeno privo di conseguenze teoriche rilevanti, poiché non si tratta tanto di ampliare i confini della mente individuale quanto piuttosto di abbandonare il modello che impone l’individualismo cognitivo e che, per usare una nozione coniata da Gaston Bachelard, costituisce un vero e proprio ‘ostacolo epistemologico’ all’ulteriore approfondimento della conoscenza. In altri termini, a mio avviso, non si tratta di riconoscere che sono importanti anche le relazioni sociali quanto di dedurre tutte le conseguenze metodologiche da due assunti strettamente concatenati: 1) la tesi marxiana per cui l’individuo umano non è un essere sociale (anche altri animali lo sono, perfino più dell’uomo), ma l’individuo umano è l’essere sociale; 2) la necessità di porre la nozione di relazione al centro dello studio della mente umana .
RispondiEliminaottimo commento, grazie
EliminaCiò che scrive Barone è esattamente (i due punti finali!) quanto Vygotskij e Lurija hanno espresso rispetto al riduzionismo fisiologico dell'epoca (e noi diremmo rispetto al riduzionismo delle neuroscienze attuali). Quando si legge un libro come "Un mondo perduto e ritrovato "di Lurija (Adelphi), o si fa finta di non capire o si capisce quanto le neuroscienze attuali non sono solo lontane, ma sono su un'altra direzione, contraria, per comprendere "l'individuo umano" marxianamente inteso.
RispondiEliminaQuanto ai "due Vygotskij" l'osservazione è pertinente: 1) perché il Vygotskij che abbiamo letto non corrisponde al Vygotskij che sta emergendo dopo il 1991 (nel 2016 è uscito a Mosca il primo volume delle "Opere complete" - complete veramente, solo fino al 1923 sono 750 pagine, con materiali mai visti prima); 2) perché il nostro sforzo è di comprendere dialetticamente che cosa sia successo negli anni '20 e '30 nella cultura e nella scienza sovietica.
Grazie per l'attenzione posta al mio articolo. Luciano Mecacci
l' acquisizione del concetto di coscienza di classe riscrive i rapporti tra l'evidenza fisiologica del Robinson irrimediabilmente separato e le linee prospettiche del intreccio sociale (il Dominio) che si prolungano fino a incrociarsi in quel punto di fuga che è la psiche soggettiva
RispondiEliminanon prenderei di punta questa larvale -e in potenza dialettica- soggettività
bel post, bei commenti
buonagiornata
grazie e buona giornata a te
Elimina