«In questo momento vorrei non essere un’elettrice o
un elettore di sinistra.»
È un problema tutto suo, signora Norma Rangeri, il voler
essere elettrice dei sedicenti liberali Bersani e D’Alema, dell’ineffabile Vendola,
passando per quel gouchiste alla crema di cetriolo che risponde al nome di
Pisapia. Nessuno di loro ha in agenda la parola comunismo, così come il Manifesto ha espunto parole come “padroni” e rappresenta una critica disarmata, uno dei variegati strumenti del consenso di cui si serve lo Stato borghese (che vi finanzia).
Costoro si presentano
come lo strascico di ciò che fu la sinistra parlamentare in questo paese. Affermano
che la loro base sono quei ceti sociali sfavoriti dal processo capitalistico in
atto. In realtà, dopo esserne stati complici per lungo tempo, la loro prospettiva politica resta la stessa: il voler prendere posto nella
ripartizione del potere borghese, nel governo del capitalismo, nella gestione
delle sue contraddizioni. Non si vogliono rendere conto che la borghesia, dopo il lavoro sporco, non ha
più bisogno di loro per assolvere un compito per il quale non li ritiene più
adatti.
“Non si vogliono rendere conto che la borghesia, dopo il lavoro sporco, non ha più bisogno di loro per assolvere un compito per il quale non li ritiene più adatti”. O.d.Gouges
RispondiEliminaMa neanche i Lavoratori – emancipatisi da sé – non hanno mai avuto bisogno di loro… “per assolvere un compito per il quale non li hanno mai ritenuti (perché non lo sono mai stati) adatti!”
È questa la fine che tocca, nella storia, ai lacché!
Plinio il vecchio
la borghesia, dopo il lavoro sporco, non ha più bisogno di loro
RispondiEliminail classico " fine contratto " tra capitale e lavoro 😎
ws
Si ma mi domando senza il loro seppur minimo e quasi trascurabile "freno" dove si andrà a finire?
RispondiEliminaPer troppo tempo ho creduto di volta in volta a Bertinotti poi per qualche mese a Dipietro e mi sono messo alla finestra dandogli un mio voto una sola volta ai Cinque Stelle.
Per tanto tempo ho sperato di vedere masse nelle strade che ribaltassero per anche un solo istante lo status attuale italiano; poi ho ripensato al G8 di Genova, ho letto delle manifestazioni represse in Turchia, ho visto eleggere Renzi e poi Macron.
E non trovo più neanche le parole ad oggi.
Non andrò a votare nel futuro prossimo.
Ma mi domando se il piano inclinato non lo diventerà ancora di più in assenza di una Sinistra che da troppo manca in Italia.
Roberto
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/04/su-un-piano-inclinato.html
Elimina"Per tanto tempo ho sperato di vedere masse nelle strade che ribaltassero per anche un solo istante lo status attuale italiano..."
RispondiEliminaAppunto, vedere le masse non essere parte delle.
Alla finestra.
Grazie Olympe.
Evidentemente caro Massimo io non ho il coraggio necessario che forse a te non manca.
RispondiEliminaRoberto
Spetterà agli storici che si occuperanno della stampa politica della sinistra italiana individuare, se ne avranno tempo e voglia, il ‘turning point’ in cui si è prodotta la mutazione del «manifesto» da “quotidiano comunista” (quale fu, forse, nella sua fase di esordio) in una gazzetta social-liberale, mosca cocchiera di una sinistra, come quella italiana, in larga parte opportunista, revisionista e filo-imperialista. Infatti, vi è sempre un inizio: come il virus infetta il corpo, così la ruggine logora il ferro.
RispondiEliminaOccorre pertanto chiedersi: che cosa ha condotto un’importante esperienza politico-culturale, qual è stata quella del «manifesto», alla insulsaggine e alla miseria odierna?
Eppure, alcuni anni fa, in occasione di una delle periodiche crisi di vendite del giornale, ci aveva colpiti, e spinti a riflettere, la coincidenza fra lo scatenamento delle tendenze più reazionarie della destra economica, politica e culturale che domina questo paese e l’Europa, e l’autocritica, ai limiti dell’abiura, recitata da personaggi che, come Rossana Rossanda, erano stati un significativo punto di riferimento per generazioni di intellettuali della sinistra. Come è possibile che questi personaggi arrivino ad affermare che tutto ciò che avevano fatto e in cui avevano creduto era sbagliato e addirittura aberrante? Perché questo ha fatto la Rossanda nel 2012, quando ebbe a fornire la sua spiegazione della crisi di vendite del “manifesto” (meno di quindicimila copie giornaliere). La Rossanda si chiese allora: “Se non possiamo più dirci comunisti che cosa siamo?”.
Orbene, ribadisco la tesi, che ho già esposto in altre occasioni, secondo cui la catastrofe storico-morale dei gruppi dirigenti della sinistra storica italiana nasce dall’opportunismo e dal revisionismo, cioè dall’abbandono, sul piano teorico e ideale, del marxismo come teoria scientifica del capitalismo, della lotta di classe e della transizione al comunismo, nonché dall’adozione, sul piano politico e ideologico, di un punto di vista eurocentrico ed occidentalista.