Che cosa volete che vi racconti di più bello del
trionfo del capitalismo nell’epoca della sua crisi storica? La Perugina
annuncia 340 licenziamenti. Il padrone (Nestlè) punta a far fronte alla
concorrenza e massimizzare i profitti. E c’è una regola aurea per ridurre i
costi e incrementare i profitti: aumentare la produttività della forza-lavoro.
Tradotto: più macchine e meno addetti. L’anno scorso la Perugina ha presentato
un piano d’investimenti da 60 milioni per nuove macchine e attrezzature. Pare
che i sindacati abbiano firmato l’accordo con entusiasmo. E, del resto, che
potevano fare? L’arma degli scioperi è spuntatissima: la Nestlè è una
multinazionale che può trasferire la produzione dove vuole.
Tra dieci anni al massimo sarà disoccupato almeno un
quarto dell’attuale forza-lavoro produttiva e un terzo di quella dei servizi. Gl’insulsi
pensano di tamponare con le “uscite anticipate”, i redditi di cittadinanza e
simili, mentre dall’altro i professori di neorealismo scrivono che bisogna
superare la politica economica fin qui seguita. Vero che il riformismo, in
qualunque salsa, è in totale disfacimento, tuttavia non possiamo attribuire a
una classe dirigente, sicuramente cialtrona e inadeguata, tutte le colpe di ciò
che i secoli hanno preparato. La violenza farà ancora una volta, in un modo o
nell’altro, da levatrice della storia.
Siamo all’esempio classico di quando i rapporti
sociali non reggono più l’impatto dello sviluppo delle forze produttive. Basta
un’occhiata a tutte le più gravi crisi della storia per convincerci di questa
inevitabile verità. Anche la nostra società poggia largamente su forme
dissimulate di schiavitù, perciò il resto non può che essere conseguenza. L’ordine
sociale che ammette ancora, pur mistificandola, questa infame condizione è
destinato a scomparire. Ad ogni modo, noi contemporanei non siamo all’altezza
dell’imparzialità così come nessuno ad oggi può in dettaglio prefigurare quali
saranno i mascheramenti ideologici, di farsa e di tragedia, che assumerà la
faccenda. Un paio di cose però credo siano ferme: non sarà questione di un
quarto d’ora e il mondo del giorno prima apparirà già vecchio.
Mi piacerebbe conoscere la tuo opinione (ben sapendo che non si tratta di un discorso di due parole) sulle implicazioni psicologiche e filosofiche di una società comunista.
RispondiEliminaMi spiego: il Marxismo è prima di tutto una teoria scientifica, le cui conseguenze razionali sono senza dubbio una società comunista.
Il fatto è che una società del genere richiede un'evoluzione enorme per la psicologia dell'uomo medio (e anche noi siamo uomini medi). A fronte di una umanità che puntualmente, di fronte alle difficoltà, sceglie violenza, settarismo, nazionalismo, particolarismo, fascismo... come si fa a credere in un'evoluzione in verso totalmente opposto?
E qui non si tratta solo di speranza: si tratta di affrontare il nodo centrale, ovvero che una società comunista non diventi, di nuovo, un'orrenda dittatura.
il tema della psicologia sociale è sicuramente molto importante, e così come non può essere trascurato non va nemmeno anteposto
Eliminasecondo me sbagli a considerare quei regimi come "società comuniste".
Ah ma certo, mi sono spiegato male forse, ma non era quello che intendevo! :)
EliminaIntendevo che la mia preoccupazione è che si riproducano i gravi errori del passato, con le dovute differenze.
Fuori dalla teoria, che non fa una piega, una società comunista va costruita nella pratica. E per farla ci deve essere una precisa e lucida scelta della popolazione. In secondo luogo, una società del genere va mantenuta e coltivata nel tempo.
E' lì che la psicologia sociale entra a gamba tesa. Ed è su questo nodo centrale che si gioca la possibilità di costruire una società comunista, a prescindere dai presupposti economici.
non so se ho capito male io, ma credo che non si possa prescindere dai "presupposti economici" e che le cose a priori e calate dall'alto non funzionino. insomma non credo alla "creazione" dell'uomo nuovo. il cambiamento dei rapporti sociali di per sé include cambiamenti radicali anche nella sfera della psicologia sociale e dei comportamenti in generale
EliminaConcordo al 100% con quello che scrivi. Hai capito benissimo, per quanto mi riguarda.
EliminaAnche se hai scritto poche poche righe, mi pare di capire che condividiamo una visione molto dinamica della questione. Non ci si può aspettare, cioè, che si crei a priori una nuova società, perchè questo si prefigura, intrinsecamente, come una dittatura (che cos'era, in fondo, la Rivoluzione Culturale di Mao, se non un tentativo di creare un uomo e una società nuova?).
L'unica cosa che si può fare è diffondere il "Verbo" e fare in modo che sia il divenire storico a fare il resto.
@Peperin
EliminaAnche la Chiesa diffonde il "verbo".
eheheh non per niente era tra virgolette :D
RispondiEliminail marxismo è scienza, basta ragionare, il resto viene da sè.
Il problema è la creazione di una consapevolezza globale psico-sociologica che consenta alla maggioranza delle persone di abbracciare una nuova idea di società, esattamente come oggi nessuno si sognerebbe (criminali e squilibrati a parte) di uccidere, violentare ecc. ecc.
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2012/09/banalita-del-liberalismo.html
EliminaLe banalità sono pericolosissime, dato che le si dà per scontate, e non le si mette in dubbio. Poveri i nostri miseri cervelli...
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