Quando sento lo stronzo più odiato dagli italiani
parlare d’industria 4.0 penso a quanto sia ben diversa la realtà. Noi la realtà
la odiamo, le preferiamo gli stereotipi e le insulsaggini. Con ciò non voglio
dire che nell’industria italiana non vi siano punte caratterizzate dall’impiego
di alta tecnologia e informatizzazione, una situazione che però riguarda solo
in minima parte la nostra economia, mentre invece nell’ambito di manifattura e agricoltura il lavoro è ancora fermo a 2.0, e sono settori decisivi del famigerato prodotto lordo interno.
Penso, per esempio, alle calzature che portiamo ai
piedi, prodotte non solo nei distretti di Montebelluna e della Riviera del
Brenta, ma negli stabilimenti in Transilvania dove ogni settimana si producono
migliaia di scarpe con l’etichetta made in Italy o made in France, spesso con
il lavoro di operaie cinesi. Che sono anche lì più a buon mercato di quelle
autoctone, che magari preferiscono i salari italiani (il 3 per cento della
popolazione rumena risiede in Italia, e così l’8 per cento di quella albanese,
280mila cinesi, ecc.).
Insomma, penso al settore della moda che mette in
scena il regime del salario nello spazio globale della produzione. Alle merci
che consumiamo prodotte col lavoro dei più poveri e pagate però ai più ricchi. Penso
alla Toscana, dove proliferano i laboratori cinesi, quindi all’ampio bacino di
operaie a domicilio pagate a cottimo nel napoletano e casertano, dove la
presenza della camorra è funzionale all’organizzazione della produzione delle
multinazionali.
Penso alle condizioni di lavoro nella nostra
agricoltura, al pomodoro e agli agrumi raccolti per due euro l'ora, alle mele, magari respinte
dalla Svezia perché con residui fuori limite di chlorpyrifos. Oppure alle olive,
raccolte sempre a mano, dalle quali si estrae il buon olio d’oliva extravergine
italiano, che però viene respinto alla frontiera degli Stati Uniti perché
contiene chlorpyrifos (ma ci sta pensando Trump a togliere il divieto
nell’impiego di questo insetticida fosforganico nell’agricoltura americana). Allora
compriamo biologico. Certo, e buon appetito. È il capitalismo che ci sfrutta e
avvelena in tutti i modi mentre noi parliamo di elezioni e di leadership.
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