Poste determinate premesse ad un ragionamento, la
deduzione viene da sé. A scuola, il prof di filosofia, per farci sorridere, ne
recitava un sillogismo famoso e paradossale: “La sarda salata fa bere e ribere; bere e
ribere spegne la sete; dunque, la sarda salata toglie la sete”. Anche nel caso
che pongo in esame si parte da una premessa generale, si passa poi a una
seconda premessa di carattere particolare, per giungere a una conclusione
logica ingannevole quanto l’esempio delle sarde salate. Vediamo.
La premessa generale è quella riguardante il welfare:
ha degli elevati costi sociali (questo in tutta l’Europa occidentale). La
seconda premessa, di carattere particolare, è questa:
«Nel 2015 la
spesa totale per pensioni, sanità, politiche attive e passive del lavoro, assistenza
sociale è stata pari a 447,3 miliardi pari al 54,13% dell’intera spesa
pubblica, interessi sul debito compresi. In rapporto al PIL, cioè a tutta la
ricchezza prodotta nel Paese, la spesa sociale pesa per il 27,34%».
La sarda salata che toglie la sete è
data dalla seguente conclusione:
«Questa
incidenza pone l’Italia al quarto posto europeo [per spesa sociale] dopo Danimarca, Francia e Finlandia e davanti alla Svezia».
C’è da chiedersi: che cosa c’entrino gli “interessi
sul debito” con la spesa sociale, vale a dire con pensioni e assistenza, spesa
sociale per la casa, il finanziamento delle politiche regionali del lavoro?
Insomma che cosa hanno a che fare gli “interessi sul debito”con il welfare?
State certi che chi sostiene questa tesi saprà rispondere alla domanda e farvi
passare la sete ingozzandovi di sarde salate, ma vi farà venire anche la nausea.
E veniamo ad un’altra specie di sillogismo non meno
ingannevole:
«[…] su 60,5
milioni di italiani, quelli che fanno la dichiarazione dei redditi sono 40,7
milioni ma quelli che dichiarano almeno 1 euro sono solo 30,7 milioni quindi la
metà degli italiani non ha redditi …».
Premessa generale: gli italiani sono 60,5 milioni.
Come negarlo? A fare la dichiarazione dei redditi sono 40,7 milioni, ma solo
30,7 milioni dichiara un reddito (siamo al “bere e ribere spegne la sete”). E
quindi, deduzione logica, “la metà degli italiani non ha redditi” (“le sarde
salate tolgono la sete”).
Nei 60,5 milioni d’italiani, posti in premessa per
poi arrivare a concludere che “la metà degli italiani non ha redditi”, sono
compresi i neonati, i bambini che vanno all’asilo e alle primarie, i ragazzi
che frequentano le medie secondarie e gli studenti universitari, i degenti nei
cronicari, in genere i carcerati, e, se permettete le tanto bistrattate
casalinghe, eccetera. Invece di affermare – cosa di per sé ineccepibile quanto
il fatto che le sarde salate aumentano la sete – che la metà degli italiani non
ha redditi, sarebbe stato corretto scrivere che il 75% degli italiani che fanno
la dichiarazione dei redditi dichiarano un reddito positivo, mentre, per contro,
il 25% degli italiani non dichiara almeno 1 euro.
Anche in Francia, tanto per dire, “en 2015, il y a 36,5 millions de foyers
fiscaux. Sur l'ensemble de ces foyers fiscaux, 17 millions sont imposables, et
19,5 millions ne le sont pas”. Fatto che conferma che le monde est un village. Con un dato di cui tenere conto, infatti
il “10% des foyers les plus aisés ont représentent 74% de l'impôt collecté
(selon la Commission des finances du Sénat)”. Non proprio ciò che accade in
Italia.
E nella mitica Germania? Cliccate qui, una ricca
messe di dati confermerà che tutto il mondo è paese anche da quelle parti.
La spesa sociale in Italia è tra le più basse
d’Europa occidentale, questa la realtà, anche se è il paese che in proporzione
spende di più per gli anziani. E questa è una buona notizia. Tassando come in
Germania (basterebbe un copia-incolla della loro legislazione) le successioni e
le donazioni, le polizze vita e le abitazioni di pregio e di lusso, si potrebbe
ricavare un bel gruzzoletto da investire sui più giovani senza fare la guerra
agli anziani.