venerdì 20 gennaio 2012

Il monarca assoluto


Ho letto nel dettaglio le misure governative chiamate “liberalizzazioni”, ossia quelle misure che secondo le dichiarazioni di Mario Monti dovrebbero sostenere la famigerata crescita. Tra tutte le misure in via di adozione non ce n’è una che possa considerarsi volta ad accrescere la produzione di questo paese (*). In termini strettamente economici nessuna di queste misure riguarda direttamente le attività produttive ma solo le attività improduttive (**).

Aumentare il numero dei notai, farmacisti, avvocati, tassisti e benzinai, serve solo a diluire i redditi di queste categorie (cosa in sé positiva) e semmai ad aumentare i consumi (è l’offerta che crea in genere la domanda). Il vantaggio per i cosiddetti consumatori, quando c’è, è solo momentaneo poiché il monopolio tende a formarsi “naturalmente”. A dimostrarlo non è solo la teoria economica (naturalmente non la vulgata neoliberista), ma anche l’esperienza pratica di ognuno di noi quando constatiamo la scomparsa del piccolo commercio di prossimità.

Perché dunque è importante sviluppare anzitutto il lavoro produttivo? Il lavoro produttivo è una delle condizioni della ritrasformazione del plusvalore in capitale, è essenziale dal punto di vista del capitale e dell’accumulazione, ma è anche fondamentale per aumentare la ricchezza materiale di un paese.

Il problema della crescita, se vogliamo usare questa terminologia, riguarda la legislazione europea e quella internazionale sul cosiddetto libero commercio. Se il mio concorrente può produrre le stesse merci ma a 1/5 o a 1/10 di costo della manodopera, è evidente che a rimetterci sarà chi la manodopera, per una serie di motivi, la paga di più. Per ovviare a questa concorrenza sleale (perché di questo si tratta) devo a mia volta trasferire la produzione verso paesi e aree dove la manodopera costa di meno. L’abolizione delle barriere e tariffe doganali è servita solo al capitale per fare più profitti e per contrastare la tendenza alla caduta tendenziale del saggio del profitto.

Tre secoli or sono un monarca poteva affermare: l'état, c'est moi. Oggi il nuovo monarca assoluto è il capitale finanziario cui tutti devono obbedienza. Una dittatura del denaro che ha saputo dichiarare la natura ostile e selvaggia allo scopo di depredarla e devastarla, rendendo il pianeta una proprietà fondiaria adatta alla rendita piuttosto che all’investimento. È questa un’economia che guadagna più dalla distribuzione che dalla produzione delle merci; un sistema sociale che tende a spogliare il proletariato delle proprie conquiste destinandolo a una povertà di cui la società dei consumi gli aveva illusoriamente cancellato la memoria. Dunque si tratta di un sistema sociale fortemente squilibrato e instabile, destinato al fallimento.

Fino a quando le proteste restano tali, cioè fino a quando si minacciano forconi allegorici, è inevitabile il rischio d’infiltrazioni d’ogni genere. Nel momento in cui i forconi reali fossero rivolti verso i grandi proprietari e i loro picciotti, allora si vedrebbe subito chi sta con chi. Nessun pregiudizio piccolo borghese, specie quello “de sinistra”, è tanto radicato come quello sulla cosiddetta “violenza”. Parlano bene di Spartacus, ma solo perché è morto più di duemila anni fa, oppure indossano la t-shirt con Che Guevara, ma solo perché è diventato un’icona innocua.

(*) Per produzione non intendo il Pil, il quale rappresenta un aggregato più ideologico che economico. È sulla base del rapporto Pil/debito e sulle prospettive di crescita del Pil che agenti prezzolati valutano la solvibilità di un paese. Ne viene fuori che l’Italia è alla pari con il Kazakistan, Colombia, Irlanda, Perù, una tacca sopra la Bulgaria, la Tunisia e il Marocco. L’Inghilterra che ormai produce solo lattine di birra scadente ha un alto rating perché “può stampare moneta”. Un mondo in mano ai folli.

(**) Per lavoro produttivo s’intende solo il lavoro che si scambia con capitale e produce capitale. Per lavoro improduttivo s’intende il lavoro che si scambia con reddito. Il lavoro di un chirurgo di un ospedale pubblico o di un impiegato del comune, per quanto utili, non sono lavori produttivi. Anzi, sono lavori che consumano ricchezza. Il lavoro di un ingegnere che progetta un’automobile o quello di un designer che schizza una sedia sono lavori produttivi (partecipano alla valorizzazione della merce, quindi sono lavoratori produttivi) al pari di quello degli operai che producono materialmente l’automobile e la sedia. Si tratta, in questi casi, di lavoro intellettuale e manuale che si scambia con capitale e il cui risultato non è solo il capitale iniziale ma la produzione di plusvalore. Infatti non bisogna mai dimenticare che lo scopo della produzione capitalistica non è quello di produrre merci, come molti ritengono, ma di produrre plusvalore.

Se vi raccontano cosa diversa da questa, è per il fatto  che l’ideologia è sempre l’ideologia della classe dominante, la quale pone grande cura specie nell’alimentare pregiudizi su questioni come quelle relative al lavoro e alla sue specifiche determinazioni. Scrive Marx: «Lavoro produttivo, nel senso della produzione capitalistica è il lavoro salariato (Lohnarbeit) che, nello scambio con la parte variabile del capitale (la parte del capitale spesa in salario), non solo riproduce questa parte del capitale (o il valore della propria capacità lavorativa), ma oltre a ciò produce plusvalore (Mehrwert) per il capitalista. Solo per questa via la merce, o il denaro, è trasformata in capitale, è prodotta come capitale. È produttivo solo il lavoratore salariato che produce capitale» (MEOC, vol. XXXIV, Teorie sul plusvalore, I).

Per chi avesse dei dubbi: «La produzione capitalistica non è soltanto produzione di merce, è essenzialmente produzione di plusvalore. L’operaio non produce per sé, ma per il capitale. Quindi non basta più che l’operaio produca in genere. Deve produrre plusvalore. È produttivo solo quell’operaio che produce plusvalore per il capitalista, ossia che serve all’autovalorizzazione del capitale. Se ci è permesso scegliere un esempio fuori della sfera della produzione materiale, un maestro di scuola è lavoratore produttivo se non si limita a lavorare le teste dei bambini, ma se si logora dal lavoro per arricchire l’imprenditore della scuola. Che questi abbia investito il suo denaro in una fabbrica d’istruzione invece che in una fabbrica di salsicce, non cambia nulla nella relazione. Il concetto di operaio produttivo non implica dunque affatto soltanto una relazione fra attività ed effetto utile, fra operaio e prodotto del lavoro, ma implica anche un rapporto di produzione specificamente sociale, di origine storica, che imprime all’operaio il marchio di mezzo diretto di valorizzazione del capitale. Dunque, esser operaio produttivo non è una fortuna ma una disgrazia» (Il Capitale, I, cap. 14°).

E ancora: «Poiché, con lo sviluppo della sottomissione reale del lavoro al capitale e quindi del modo di produzione specificamente capitalistico, il vero funzionario del processo lavorativo totale non è il singolo lavoratore, ma una forza-lavoro sempre più socialmente combinata, e le diverse forze-lavoro cooperanti che formano la macchina produttiva totale partecipano in modo diverso al processo immediato di produzione delle merci o meglio, qui, dei prodotti – chi lavorando piuttosto con la mano e chi piuttosto con il cervello, chi come direttore, ingegnere, tecnico, ecc., chi come sorvegliante, chi come manovale o come semplice aiuto – un numero crescente di funzioni della forza-lavoro si raggruppa nel concetto immediato di lavoro produttivo, e un numero crescente di persone che lo eseguiscono nel concetto di lavoratori produttivi, direttamente sfruttati dal capitale e sottomessi al suo processo di produzione e valorizzazione» (Il Capitale, Libro primo, capitolo VI inedito, La nuova Italia, 1969, p. 74).

23 commenti:

  1. Uno dei post migliori di sempre. Molto chiaro e lucido, come ormai è suo stile. In proposito vorrei raccontarle una piccola storia: qualche tempo fa, una persona che conosco e che abita in campagna ed ha una piccola azienda agricola mi chiese se volevo comprare l'olio da lui. Olio buonissimo, sano, "italiano", prodotto in proprio. Tutto vero, ma un litro costava 6 euro. Al discount sotto casa lo pago 3 o 4 volte meno. Adesso, dovrei spendere di più per sostenere il piccolo produttore locale, o risparmiare? Io preferisco risparmiare. E' la concorrenza, la globalizzazione, come vogliamo chiamarla, e i piccoli produttori locali ci rimettono e tendono a scomparire. Che ci possiamo fare?

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  2. Potresti approfondire il perché una nazione come l'Inghilterra, completamente svuotata di lavoro produttivo, riesce ancora stare a galla rispetto ad altri paesi? Per la "virtù" della sua piazza finanziaria? Per il suo retaggio coloniale? Per il suo ancoraggio americano? In buona sostanza: i milioni d'inglesi improduttivi e disoccupati come campano? Ah già: ci sono gli stadi sempre pieni.

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    1. caro Luca
      probabilmente è un mix dei tre fattori che ricordavi tu.
      certo essere i cani da guardia dello zio d'america qualche vantaggio lo dà. E poi gli inglesi hanno uno stile di vita,birra ed alcolici a parte,molto più parco del nostro e sono più abituati a fare con poco.

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  3. @ Luca:

    di debito (pubblico e privato), di speculazione, di rendita, di sussidi, impieghi pubblici, schiavizzando la manodopera immigrata.

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  4. Rivolte e rivoluzioni.

    La rivoluzione francese ha usato le rivolte e il sangue del popolo per instaurare la rivoluzione borghese.

    Le rivolte egiziane e tunisine, per ora, sono servite unicamente ad abbattere la strozzatura del libero mercato costituita da regimi familiari di Mubarak e Ben Alì, manipolatori dell'economia dei loro paesi. I loro interessi, estesi a dismisura da un parentado insaziabile e nazionale, mal si coniugavano con la libertà sovranazionale dei capitali. Ormai erano servi troppo esosi e arroganti.

    Le rivolte in Libia sono state il grimaldello utile a distruggere per sempre uno stato. Senza uno stato nazionale le multinazionali faranno tutti i cazzi che vorranno.

    In Iraq gli americani non hanno perso. Alimentando terrorismo, rivalità e corruzione hanno fatto terra bruciata. Di nuovo non c'è più uno stato che possa limitare l'esproprio di risorse.
    Se mai gli sciiti dovessero alzare la testa, magari appoggiati dall'Iran, le truppe USA sono pronte a ritornare dai loro acquartieramenti negli Emirati Arabi.

    In Europa le rivolte serpeggiano e, inevitabilmente, aumenteranno. Se non si sarà in grado di trasformarle in rivoluzioni, saranno il brodo di coltura per regimi autoritari - di cui Lei molto spesso ricorda il pericolo - o, come nei casi sopra menzionati, di dissoluzione indotta della rappresentanza politica dei popoli attraverso lo Stato e le sue istituzioni, seppur borghesi o socialdemocratiche.

    Rivolte senza un chiaro orizzonte di cambiamento radicale dei rapporti sociali di produzione diventano sofisticati strumenti in mano altrui.

    gianni

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  5. Caro Mauro,

    tra le sette o otto reincarnazioni occorsemi nell'arco della vita, attualmente sono reincarnato in un contadino ligure.

    Lavorando con altri, produco diverse cose: miele, erbe aromatiche, erbe officinali, frutta, verdura e, naturalmente, esendo in Liguria, olio.

    Gli uliveti sono sempre in terrazzamenti (dialetto fasce) costruiti nei secoli con muretti di pietre, ricavate spaccando le rocce (dialetto scogli), sulla morfologia di colline, sopratutto a levante, erte, parola dialettale che sta ad indicare pendii ripidi. I terreni non sono perciò scarsamente meccanizzabili (niente trattore) e quindi devi sempre spostarti a piedi. Il ciclo dei lavori è questo:potatura una volta ogni due anni, recupero della legna e bruciatura delle ramaglie di risulta, concimatura annuale (possibilmente organica), sfalcio dell'erba due volte anno, trattamenti per la salute delle piante e per la lotta alla mosca dell'ulivo (sempre possibilmente bio), posa delle reti, battitura delle olive,separazione olive/foglie, trasporto al frantoio e frangitura (abbastanza cara), travasi per separazione del fondo vegetale dell'olio, imbottigliatura, etichettatura vendita. Naturalmente, quando puoi, cerchi di rifare qualche metro cubo di muretto a secco franato. Naturalmente la burocrazia è onnipresente, e periodicamente hai un mucchio di scartoffie, contributi, tasse a cui star dietro.

    Tutte le operazioni nelle fasce sono fatte trasportando l'attrezzatura a spalla, nelle cuffe (ceste). Decespugliatori,motoseghe, roncole, scale, legna, ferilizzanti, pompe a spalle per i trattamenti, benzina, reti, forche, e poi quintali di olive che vanno su e giù per la collina passando per sentieri impervi e... dopo che te le scarichi dalle schiena devi iniziare a lavorare.

    Naturalmente lavori all'aperto: sole, pioggia, vento, freddo caldo. Naturalmente può anche succedere che perdi tutto o parte del raccolto, specialmente negli ultimi anni con il riscaldamento del clima. Una gelata mentre raccogli, un attacco eccessivo di mosca, una burrasca di vento, troppa siccità o troppa pioggia... e ciao.

    L'olio è come il vino: ogni cultivar, ogni regione, produce qualità differenti nei sapori e nelle caratteristiche. Ci sono i pugliesi e siciliani corposi, i toscani sobri, i liguri del ponente leggeri con il gusto lineare della monocultura di taggiasche, e quelli del levante altrettanto leggeri ma dai sapori variegati dei tre cultivar differenti di cui è composto.
    Tempo addietro abbiamo portato un campione del nostro olio ad una specie di concorso con assaggio ufficiale da parte di tecnici specializzati. Sono rimasti strabiliati: era buonissimo. Ma poi...il trucco "Un olio con queste qualità
    si potrebbe miscelare benissimo con un ottanta per cento di olio di importazione mantenendo un alto livello di gusto". Ci disse con aria furba l'assaggiatore.

    Le grandi marche del ponenete ligure, infatti, fanno arrivare navi intere di olio da Spagna e Marocco e i loro tecnici sono abilissimi nel tarocco. Quanti diserbanti e coktail chimici siano in uso in quei luoghi tu lo sai?


    continua

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  6. II parte

    I prezzi. In un'annata in cui tutto vada abbastanza bene, senza spese straordinarie per le attrezzature, e danni al raccolto, perchè il tuo lavoro sia pagato dai tre ai sei euro l'ora, un litro d'olio lo devi vendere ad un minimo di 11 euro al litro.
    In regioni come la Toscana, l'Umbria, la Puglia, la Sicilia, puoi usare i trattori per il trasporto e per molte operazioni, così il prezzo può scendere considerevolmente.
    Se poi hai dei buoni tecnici e non te ne frega un cazzo di fottere gli altri, sia in Liguria che nelle altre regioni, puoi fare dei prezzi molto più bassi e... magia della chimica e del mercato... guadagnare molto di più.

    Caro Mauro che dire?
    Le cose a volte si possono vedere sotto punti di vista differenti, a volte si devono vedere sotto un unico aspetto.

    Si potrebbe dire, ad esempio, che se la grande industria/distribuzione butta fuori mercato i piccoli contadini, espropriandoli alla fine dei loro mezzi di produzione, non fa altro che aumentare la massa di diseredati che hanno da vendere solo la loro forza lavoro, e quindi, in prospettiva, non fa altro che avvicinare il punto fatidico della scelta tra barbarie o socialismo.

    Oppure si potrebbe dire che comperando l'olio dai produttori (verificando sul luogo la loro onestà), contribuisco a mantenere in vita i germi di un auspicabile mondo migliore. Un mondo in cui si saranno salvati ambienti, tradizioni, saperi e valori vitali. Un mondo in cui mio figlio avrà uliveti in cui magari un contadino gli racconterà le storie della natura, dei suoi cicli, dei suoi segreti e dei suoi frutti. Un figlio che, magari, con buoni prodotti sarà più sano nel corpo e, con buoni esempi, più sano nella mente.

    A volte però le cose si devono vedere in solo modo, e non c'è verso che risparmiando sul telefonino, sulla benzina, sui video giochi, possa permettermi di sostenere buone cause, perchè le spese superflue le ho già tagliate da molto...

    allora...in questo caso...io spero che la mia prossima reincarnazione avvenga - finalmente - durante la rivoluzione... e che non sia troppo lontana.

    ciao gianni

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  7. caro Mauro, penso proprio che il nostro amico abbia ragione, se possiamo risparmiamo su altre cose ma non sugli alimenti, non cmq sull'olio.

    volevo chiedere (è sempre gradito un nick) ma l'olio dop che acquisto al supermercato è di discreta qualità oppure è taroccato anche quello?

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  8. I prezzi. In un'annata in cui tutto vada abbastanza bene, senza spese straordinarie per le attrezzature, e danni al raccolto, perchè il tuo lavoro sia pagato dai tre ai sei euro l'ora, un litro d'olio lo devi vendere ad un minimo di 11 euro al litro.
    In regioni come la Toscana, l'Umbria, la Puglia, la Sicilia, puoi usare i trattori per il trasporto e per molte operazioni così il prezzo può scendere considerevolmente.
    Se poi hai dei buoni tecnici e non te ne frega un cazzo di fottere gli altri, sia in Liguria che nelle altre regioni puoi fare dei prezzi molto più bassi e... magia della chimica e del mercato... guadagnare molto di più.

    Caro Mauro che dire?
    Le cose a volte si possono vedere sotto punti di vista differenti a volte si devono vedere sotto un unico aspetto.

    Si potrebbe dire, ad esempio, che se la grande industria/distribuzione butta fuori mercato i piccoli contadini, espropriandoli alla fine dei loro mezzi di produzione, non fa altro che aumentare la massa di diseredati che hanno da vendere solo la loro forza lavoro, e quindi, in prospettiva, non fa altro che avvicinare il punto fatidico della scelta tra barbarie o socialismo.

    Oppure si potrebbe dire che comperando l'olio dai produttori (verificando sul luogo la loro onestà), contribuisco a mantenere in vita i germi di un auspicabile mondo migliore. Un mondo in cui si saranno salvati ambienti, tradizioni, saperi e valori vitali. Un mondo in cui mio figlio avrà uliveti in cui magari un contadino gli racconterà le storie della natura, dei suoi cicli, dei suoi segreti e dei suoi frutti. Un figlio che, magari, con buoni prodotti sarà più sano nel corpo e, con buoni esempi, più sano nella mente.

    A volte però le cose si devono vedere in solo modo, e non c'è verso che risparmiando sul telefonino, sulla benzina, sui video giochi possa permettermi di sostenere buone cause, perchè le spese superflue le ho già tagliate da molto...

    allora...in questo caso...io spero che la mia prossima reincarnazione avvenga - finalmente - durante la rivoluzione... e che non sia troppo lontana.

    ciao gianni

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  9. ah, si tratta di gianni. condivido anche le virgole, però aspetto risposta alla mia domanda. grazie molte

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  10. ah, dimenticavo: attento con le reincanazioni, si sa mai ...

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  11. Cara Olympe,

    DOP, ovvero Denominazione di origine protetta, prevede che il contadino si assoggetti ad un disciplinare di produzione verificato dai tecnici di un organismo di controllo.

    In pratica devi riempire un mucchio di scartoffie e pagare per questo "servizio". La correttezza dei controlli e delle garanzie, siamo in Italia, è a "capocchia",

    Il mio amico di Imperia, presso cui a volte lavoro, fa un olio ottimo (ha vinto anche il premio per le migliori olive taggiasche in salamoia) ma la dop ha smesso di farla per i motivi sopra menzionati, pur avendo tutti i migliori requisiti.

    Purtroppo, per avere la certezza dei prodotti agricoli che mangi, non c'è nessuna altra via della conoscenza diretta del produttore.

    Ad esempio,sempre dal mio amico, la gente parte da Torino/Milano etc. per andare a comprare l'olio nuovo in latte per tutto l'anno. Il posto è delizioso, vedi le terre, il lavoro, il laboratorio, conosci la persona; ti fai una scampagnata e, magari, vai in una delle tante buone trattorie economiche di paese.

    Se poi non puoi fare tutto questo di persona, ti puoi associare a qualche GAS serio, in cui ciascuno o chi ha più tempo e disponibilità, visita e sceglie i produttori in azienda o nei mercati regionali di produttori.

    Un'altro mondo è possibile, fatto di persone vere e cose belle e...buonissime

    ciao gianni

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  12. E' arrivata la risposta?

    ...anch'io dimenticavo...

    Purtroppo, quest'anno, nel levante dove abito, olive nisba.

    La pioggia è arrivata abbondante solo dopo la fioritura, e le piante, senz'acqua, hanno perso i fiori. Almeno queste sono le nostre deduzioni contadine.

    Purtroppo, perchè sarei stato molto felice di farLe provare il nostro olio.

    Speriamo il prossimo anno.

    gianni

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  13. Sono d'accordo con te Gianni, infatti io cerco sempre di mangiare sano e biologico, ma cerco anche di risparmiare, non essendo né ricco né benestante. Quindi è chiaro che spesso per far tornare i conti sono costretto a tagliare, e devo andare a fare la spesa con l'obiettivo di risparmiare. Sapessi quanto mi piacerebbe poter sostenere tutti i piccoli produttori! Ma non posso materialmente.
    Come te spero anche io nella futura rivoluzione che sradicherà questo maledetto sistema assassino.

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  14. Ciao Mauro,

    una dritta:uso corretto del tarocco.

    Se le finanze non lo permettono, anche a me che ci vivo in mezzo succede, puoi comprare dal contadino o dai gas olio buono, poi comperare alla coop (esempio xchè c'è l'ho vicino casa) olio di semi di girasole biologico, spremitura a freddo, a 2/3 euro (tra l'altro contiene un acido grasso polinsaturo, l'acido linoleico, buono per bassi colesterolo e trigliceridi, e tanta vitamina E) e mischiarli. Avrai il sapore dell'olio di oliva buono consumandone molto poco e userai due olii sani. Attenzione cq a non friggerli troppo xchè non è così salutare, usali soprattutto a crudo o a fine cottura.

    Buon appetito.

    gianni

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  15. E non finisce qui! Saluti da Salvatore.

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  16. Sono le norme di legge, piaccia o meno, a stabilire la qualità dei cibi. L'olio non fa eccezione, anzi è esemplare per comprendere l'alleanza tra grandi produttori e legislatori: una simbiosi. Un prodotto industriale, per definizione, non deve essere di qualità; sarà invece economico per il produttore e conveniente per l'acquirente. L'olio extra vergine di oliva, che acquistiamo nei supermercati, è tutto, indiscriminatamente, estratto con procedimenti chimici poi miscelato e deodorato. Si, deodorato, perchè altrimenti puzza, cosi' come consente la piu' recente normativa europea, sollecitata dagli industriali spagnoli del settore ai quali appartengono, ormai, tutti i marchi italiani piu' noti. Negli ultimi anni sono innumerevoli le devastanti esplosioni negli stabilimenti oleari, con considerevoli perdite umane. Nessuno spiega le cause di tali disastri, ma non è difficile capire.
    Conscrit

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  17. L'olio extra vergine di oliva, che acquistiamo nei supermercati, è tutto, indiscriminatamente, estratto con procedimenti chimici poi miscelato e deodorato.

    con quali prove dici TUTTO?

    Cap VI Caratteristiche Chimiche Olio 01.pdf

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  18. Sui banchi dei nostri iper-supermercati le merci non possono che essere prodotti dell'industria. Alimentari compresi. Il caso contrario non sarebbe economico. La filiera produttore/distributore/venditore è sostanzialmente appartenente alle medesime aziende multinazionali o da esse controllate. In genere francesi. L'olio che si acquista, per tornare al caso nostro, è prodotto quasi esclusivamente da due o tre grandissime aziende spagnole. I marchi italiani non esistono piu'; è rimasto solo il nome. Le etichettature sono a norma di legge ma la normativa, condizionata dal monopolio iberico, consente operazioni che niente hanno a che vedere con quello che una persona comune, mediamente informata, ritene essere sano e corretto. Le sofisticazioni, lecite o meno, sono praticamente impossibili da accertare, anche per il NAS. L'estrazione dell'olio mediante sintesi chimica(esano)é consentita dalla legge. Dopo il trattamento è comunque impossibile distinguere le modalità di produzione. Per chi è curioso sarà utile rintracciare e leggere "Dall'olivo all'Olio: Classificazione, Chimica e Frodi dell'Olio-Cap.VI". Ma altre notizie interessanti si possono trovare con facilità su internet mettendo in relazione le parole "esplosione oleificio" o "normativa comunitaria per la produzione olearia". Rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti.
    P.S.: Con tre euro un piccolo produttore, escluso dalla filiera, non ripaga vetro, tappi ed etichettatura. Il piccolo e medio produttore vende al grande sia l'olio che la sansa a prezzi stranamente superiori a quelli di vendita al dettaglio. L'industria fa, miracolosamente, il resto.
    Conscrit

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  19. http://www.donnagnora.it/controlesofisticazioni/Olioadulterato.aspx
    Considerazioni di quattro, cinque anni fa. Oggi la situazione è peggiorata.
    Conscrit

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