Sostiene Fausto Bertinotti che “ormai capitalismo e democrazia sono incompatibili”. Trovo sbagliato dire che la democrazia è incompatibile con il modo di produzione capitalistico, mentre è storicamente dimostrato che il capitale favorisce nei casi e nelle situazioni concrete la forma politica più conveniente ai propri interessi. Anzi, è proprio nel modo di produzione capitalistico che la democrazia diventa un sistema politico diffuso e radicato. L’Inghilterra è democratica da almeno due secoli e così gli Usa, anche se le elezioni non cambiano mai nulla nell’insieme.
Ed è appunto soprattutto per quest’ultimo fatto che la forma politica democratica costituisce il miglior involucro per gli interessi del capitale, anche se non l’unico, come prova la storia del capitalismo europeo. Inoltre non esiste una democrazia in astratto, bensì forme politiche democratiche determinate dal rapporto tra economia e politica e tra le classi sociali in un dato momento storico. Se invece Bertinotti intendeva dire, come credo, che il predominio del monopolio e la finanziarizzazione dell’economia, cioè la fase imperialistica del capitalismo, ha trasformato la sostanza della democrazia occidentale e affossato le idee “progressiste”, allora coglie nel segno, ma assai tardivamente, poiché le vecchie forme della politica specializzata sono morte da decenni e si presentano, vedi il caso italiano fra tutti, come spettri.
Se il sistema politico democratico è conservatore, per contro il capitalismo non può mai conservare le sue condizioni di esistenza ma le deve modificare sempre più in fretta e senza interruzione, lasciando che sia sempre il processo di produzione/accumulazione a cambiare le cose. E siamo infine giunti al fatto fondamentale, la prova visibile che il capitalismo non può sviluppare ulteriormente le forze produttive. Le forme della democrazia che esso esprime non possono essere a loro volta che l’espressione di tale empasse e del tramonto della sua ragione storica.
Inoltre Bertinotti avrebbe dovuto osservare come il capitalismo, nelle sue varie espressioni politiche e perciò anche in quella democratiche, risulti incompatibile con la pace tra i popoli e le nazioni. Negli ultimi 70 anni si sono combattuti centinaia di conflitti locali con la regia delle grandi potenze. Se è vero, come sostiene la storiografia borghese, che la deterrenza nucleare, lo spettacolo minaccioso dell’olocausto, ha posto il veto per alcuni decenni alla guerra mondiale, tuttavia bisogna tener conto che c’era abbastanza spazio per l’azione di tutti i principali agenti sulla scena, garantito dalle rispettive sfere d’influenza, e non conveniva a nessuna delle élite contrapposte, al di là della corsa agli armamenti peraltro funzionale al ciclo economico e alla propaganda interna, provocare un conflitto diretto tra grandi potenze dall’esito incerto.
Guardando al futuro, le cose cambieranno ineluttabilmente. La corsa agli ultimi giacimenti di petrolio, tanto per portare un esempio, non potrà essere pacifica. Ma già al punto in cui siamo e soprattutto al punto in cui arriveremo tra qualche anno o tra qualche lustro (un’inezia in termini di temporalità storica), l’opzione nucleare potrebbe non costituire più un tabù. Dipenderà dai rapporti di forza e dalle circostanze e perciò, in caso di una guerra generalizzata, non è detto che si arrivi all’impiego di tali armi. Basti ricordare a tale riguardo che la Germania hitleriana disponeva arsenali di armi chimiche e avrebbe potuto impiegarne di batteriologiche, ma la più grande carneficina della storia fu prodotta con armi convenzionali, seppur potenti e massicce. Solo alla fine del conflitto fu usata l’atomica ma ben sapendo che l’avversario non avrebbe potuto rispondere.
La guerra è una costante nella storia che nemmeno la democrazia, in forza delle dinamiche della sua base economica, cioè il capitalismo, ha saputo superare. Anzi, le crisi economiche del modo di produzione capitalistico e gli squilibri che esse generano hanno condotto e porteranno ancora alla guerra. Nei frangenti dove più acute si fanno sentire le contraddizioni e lo scontro tra interessi imperialistici diversi, la guerra resta pur sempre un’opzione praticabile. Ecco l’urgenza del cambiamento.
E' esattamente lo scenario che si sta profilando, e come ben dici non passerà molto tempo prima che la terza guerra mondiale si materializzi. In sordina quella battereologica è iniziata da anni. Poveri i Nostri giovani, ai quali non abbiamo saputo costruire un mondo migliore.
RispondiEliminaBuona Giornata
Ottimo post, come sempre. Tra l'altro anche io avevo commentato l'esternazione di Bertinotti come fortemente opportunistica...
RispondiEliminaStavolta mi permetto di dissentire.
RispondiEliminaCos'è il capitalismo? Cos'è la democrazia?
Se nel capitalismo è il capitalista (pro quota) a decidere (minoranza), nella democrazia decidono le persone (pro capo) e a maggioranza.
Che il capitalismo e la democrazia siano incompatibili, è scontato, non lo sono invece le definizioni.
saluti
"Una formazione sociale non perisce finchè non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perchè l'umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere"
RispondiElimina(da "Per la critica dell'economia politica" di K.Marx").
Sono consapevole dell'empasse "delle forme della democrazia espresse dal capitalismo, e del tramonto della sua ragione storica".
Tuttavia, mi piacerebbe sapere se lei, nel corso della sua vita, e dei suoi studi (osservazioni) ha immaginato fattivamente, NUOVI RAPPORTI DI PRODUZIONE, che sostituiscano, e superano quelli oramai obsoleti borghesi, fondati sulla PROPRIETA' PRIVATA DEI MEZZI DI PRODUZIONE ECONOMICA ("il potere di asservire e di appropriarsi del lavoro altrui", secondo il barbuto di Treviri).
Inoltre, Marx (ma anche altri) al riguardo, si è espresso, indicando una strada precisa?
E se si, mi indichi dove, in quali opere.
Grazie per la collaborazione, a far evolvermi, dalla mia di...empasse.
Ho dimenticato di firmarmi.
RispondiEliminaIl commento del 09 dicembre 2011 01:48 è mio.
Luigi
@ luigi: ad una domanda molto simile Marx rispose che mancandogli i tarmini dell'equazione non poteva rispondere positivamente, cioè entrare nei dettagli
RispondiEliminaspero di poter articolare una risposta migliore e un pochetto più articolata in un prossimo post. vedremo
@ Francy: il prosdsimo post è un corsivo di valentino parlato
ciao a tutti e grazie
@ Tony: "nella democrazia decidono le persone (pro capo) e a maggioranza"
formalmente è così. c'è un bel libro sull'argomento: Luciano Canfora, La democrazia, laterza