Antartide, un pianeta sconosciuto ai più, o quasi. Vasto 46 volte l’Italia, al netto delle barriere di ghiaccio. Per esempio la Barriera di Ross, vasta più della Francia. È un continente inospitale, bagnato da tre oceani, abitato stabilmente solo da uccelli: pinguini, albatros, procellarie, stercorari, gabbiani, sterne, e poi da foche. Quando il Sole cala sotto l’orizzonte, rimane pressoché costante per tutto l’arco di un semestre.
Vi sono i più grandi giacimenti di carbone e ferro con grandi quantità di nichel, manganese e uranio, e anche molto petrolio. Rappresenta la più cospicua riserva d’acqua dolce (92%), ma è un deserto di ghiaccio dove, causa la scarsa umidità, le precipitazioni sono mediamente scarse.
È il continente più freddo, anche se nel 2020 pare si siano toccate nella parte nord le temperature più alte degli ultimi trent’anni; va comunque ricordato che nei decenni Settanta e Ottanta si erano toccate le temperature più basse, il record con meno 89,2 gradi (1983). Negli ultimi decenni del secolo scorso, secondo rilevazioni satellitari, l’estensione dei ghiacci antartici è andata aumentando, fino a raggiungere 1,8 milioni di km2 di estensione in più. Pare che nel periodo 2014-2017 si sia prodotta una diminuzione delle estensioni di ghiaccio del mare.
Il nome di Ross nella toponomastica antartica è quello che ricorre più di frequente. James Clark Ross frequentò quei posti nel 1841, raggiungendo i 78,4° S, la latitudine più meridionale mai raggiunta fino a quel momento. Chiamò il vulcano attivo più meridionale del pianeta Erebus (4.023 metri), dal nome dalla sua nave, e Terror il vulcano estinto che lo fiancheggiava, dal nome dell’altra nave della spedizione. Riteneva che i due vulcani si trovassero nel continente, e invece quella era un’isola, cui in seguito fu dato il suo nome, così come il Mare di Ross, oggi la più grande riserva marina del mondo (cetacei e ricca fauna ittica), dove il divieto di pesca copre un’area di più di 1.100.000km2.
Il vulcano Erebus è assurto alla cronaca il 28 novembre 1979, quando il volo turistico Air New Zealand 901, partito da Auckland, si schiantò sul monte, nei pressi della base di ricerca antartica statunitense di McMurdo (dal nome del luogotenente di Ross). 237 passeggeri e 20 membri dell’equipaggio persero la vita, in maggior parte neozelandesi ma anche americani, canadesi, giapponesi e australiani.
Inizialmente l’incidente fu attribuito ad errore umano dei piloti ma, molti anni dopo, una commissione d’inchiesta stabilì che testimonianze e prove furono inquinati e la compagnia di bandiera, con l’appoggio del governo, cospirò per depistare le indagini. Il caso fu chiamato l’Ustica neozelandese. In realtà si stabilì che la compagnia aerea statale aveva riprogrammato l’intero sistema di navigazione dell’aeromobile senza avvisarne l’equipaggio.
Ross e Francis Crozier, che comandava l’altra nave della spedizione, ci riprovarono anche l’anno dopo (1842) a mettere piede sul continente, ma dovettero tornare indietro bloccati da un’enorme parete di ghiaccio, dopo essere giunti sei miglia più a sud (a 78° 9’ 30” S ) del record precedente. Ripartirono il 17 dicembre 1842 per un terzo tentativo che convinse Ross che dietro alla barriera di ghiaccio dovesse trovarsi della terraferma. Durante il viaggio di
ritorno, nel tentativo di evitare un iceberg, le due navi ebbero tra loro una collisione, che solo per un caso fortuito non fu fatale. Il 4 settembre 1843 rientrarono in Inghilterra.
In quegli stessi anni, tentativi di esplorazione del continente furono compiuti dai francesi con Jules Dumont d’Urville (*), detto DuDu dagli abitanti britannici della Tasmania, e dagli americani con Charles Wilkes. Mentre le navi di Ross e Crozier si trovavano a Hobart (capitale della Tasmania), giunsero due navi comandate da d’Urville, che poi, dopo molte difficoltà, raggiunse con una sola nave le coste del continente antartico, anche se sostenne di essere sceso a terra con alcuni suoi ufficiali e di averne, ovviamente, preso possesso in nome della Francia.
D’Urville battezzò quella costa Terra di Adélie, il nome di sua moglie (ospita la base Dumont d’Urville). Oggi Adélie è ricordata per aver dato il nome al pigoscelide di Adelia, uno dei pinguini più minuti e vivaci della specie, che per riprodursi si raduna in gruppi enormi. D’Urville ritornò in patria, dove venne nominato contrammiraglio a coronamento della sua carriera. Morì tragicamente di lì a poco in un disastro ferroviario di ritorno da un’occasione ufficiale a Versailles.
Gli inglesi negano che Dumont d’Urville abbia messo piede sulla terraferma antartica prima di Ross (che a sua volta mise piede solo sull’isola di Franklin e costeggiò a lungo il continente), e considerano la Terra Adelia come una semplice costa avvistata dal francese, quella della Terra di Wilkes (a sua volta solo avvistata). Si dovette attendere la fine del XIX secolo perché si mettesse piede effettivamente sulla terraferma del continente antartico.
(*) L’8 aprile 1820 un giovane ufficiale di marina francese, Olivier Voutier, appassionato d’arte, scoprì una delle statue più famose al mondo: l’Afrodite, oggi conosciuta universalmente come la Venere di Milo. In realtà fu un contadino, Yorgos Kentrotas, che scavando aveva trovato qualcosa: il busto di una statua in marmo raffigurante una donna non vestita, in buono stato ma senza le braccia.
Voutier non potevano caricarla nella sua piccola imbarcazione, già colma di uomini e provviste, né permettersi di comprarla al prezzo proposto da Kentrotas, ossia l’equivalente di un buon asino. Passò circa un mese e un’altra nave francese attraccò a Milo. A bordo di questa c’era Jules Dumont d’Urville. Capì di non poterla acquistare in quel momento, ritornò nella sua cabina, fece un disegno della statua e appuntò tutto nel suo diario (dove peraltro si diede tutti i meriti della scoperta).
D’Urville ripartì verso Costantinopoli. A un ricevimento nella capitale ottomana incontrò l’assistente dell’ambasciatore, il conte di Marcellus. Quando d’Urville e il conte di Marcellus arrivarono sull’isola di Milo, la statua era stata però formalmente venduta a un delegato del dragomanno, il quale l’aveva comprata pagando a Kentrotas l’equivalente di 750 franchi. D’Urville e il conte di Marcellus usarono quindi tutti i mezzi a loro disposizione per bloccare l’affare. Il 23 maggio 1820 la statua fu comprata per conto del console francese di Costantinopoli per 750 franchi più un terzo come “risarcimento”, quindi ne fu fatto dono a Luigi XVIII, che a sua volta la destinò al Louvre.
Sole cala sotto l’orizzonte, rimane pressoché costante per tutto l’arco di un semestre.
RispondiEliminaA dire la verità non ho capito chi o che cosa rimanga costante per tutto l'arco di un semestre. Il sole (calato sotto l'orizzonte) o il buio (che, però, non è nominato)?
https://it.wikipedia.org/wiki/Notte_polare
EliminaMi permetto di correggere l'area no-pesca da 1.100 Kmq a 1.100.000 Kmq, ovvero il 72% di 1.5 milioni di kmq.
RispondiEliminaGrazie
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