mercoledì 16 dicembre 2015

Viva l'Arabia Saudita


Quanti di noi si ricordano il nome di Mohamed Bouazizi? Il 17 dicembre del 2011 si appiccò il fuoco a Tunisi, per protestare contro i soprusi della burocrazia locale, e morì il 4 gennaio successivo a causa delle gravi ustioni riportate. Divenne il simbolo di una rivolta. Qualche mese più tardi il presidente Barack Obama ebbe a dire in riferimento a questo fatto: “È lo stesso tipo di umiliazione che avviene ogni giorno in molte parti del mondo, la tirannia implacabile di governi che negano ai loro cittadini la dignità”.

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Quanti di noi conoscono il nome di Ashraf Fayadh? Nel 2013 è stato tra i curatori della mostra Rhizoma alla Biennale di Venezia. Ma non è per questo motivo che il suo nome dovrebbe esserci noto. È stato arrestato nel gennaio del 2014 e nel maggio dello stesso anno è stato condannato a quattro anni di prigione e 800 frustate da un tribunale di Abha, e di recente è stato condannato a morte per “apostasia”. Una notizia che sembra provenire da un’altra epoca. È accusato di aver promosso l’ateismo con i suoi testi inclusi nell’antologia poetica Instructions within (2008), di aver avuto relazioni illecite (cioè di avere immagini di donne sul suo cellulare e di corrompere le giovani), di aver mancato di rispetto al profeta Maometto e di aver minacciato la moralità saudita.


La violazione dei diritti umani! Le libertà individuali sono sacre! Oltre alle armi, il presidente e premio Nobel per la pace Obama non ha mai pensato di esportare in Arabia Saudita la “democrazia”, i diritti umani, le libertà individuali. Viva l'Arabia Saudita, i suoi diritti, le sue prigioni, il suo petrolio e il suo denaro!

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