martedì 13 dicembre 2011

Banalità di base



I paesi del Sud Europa sono solo un latifondo da cui la Germania prende solo ciò che le serve, e un mercato dove smaltire, a strozzo, il suo surplus commerciale. È un gioco pericoloso che può far saltare tutto (post del 19 febbraio).

Quante volte ho scritto sul blog queste banalità di base? Beh, ora l’evidenza è diventata truismo diffuso:

per avere un deficit delle partite correnti occorre che qualcuno abbia un surplus. Ebbene, quel “qualcuno” è la Germania. Un surplus commerciale ampio e crescente è uno squilibrio speculare ad un deficit commerciale elevato e crescente nel tempo. Bisognerebbe riconoscere quello, oltre al fatto che è impossibile avere una Eurozona fatta solo di esportatori (Mario Seminerio).

Solo che a mia volta osservavo nello stesso post invernale:

Vai a dirglielo alla Merkel che il tedesco medio deve bere più birra e mangiare ancora più salsicce, ma soprattutto lavorare meno per l’esportazione.

Eh già, quando la politica economica viene decisa nelle birrerie e nei circoli della cleptocrazia.

La Germania, un territorio poco più vasto di quello dell’Italia, 83mln di abitanti, potenza industriale di prim’ordine, nel 2010 ha registrato un surplus commerciale di 154,3 mld di euro. L’Italia nello stesso anno ha riportato un deficit di 27,314 miliardi. Solo per quanto riguarda gli autoveicoli il nostro paese ha segnato un deficit di 13,073 miliardi di euro. Non serve avere una laurea a pagamento per capire che questo stato di cose non può durare all’infinito e che l’euro serve alla Germania, non a noi. E l’abolizione dei dazi alla Cina e alle grandi multinazionali che ci investono. E che l’Italia non ha una politica energetica decente, ecc.. Le riforme strutturali di cui c'è bisogno sono queste, non l'aumento dello sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di pensionati e salariati. Il resto è solo propaganda di banditi e psicotici.

Pertanto, stabilità, crescita e occupazione, in tale quadro economico sono termini senza senso. Però la causa dei problemi non è la cosiddetta globalizzazione, fenomeno in sé positivo a determinate condizioni, ma che a gestirla, peraltro in assenza di regole e condizioni, sia il grande capitale con il supporto ideologico del “libero mercato”.

6 commenti:

  1. Questo post è delizioso. Da esportazione (senza filtro).

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  2. Bel post, ma ho due commenti da fare:

    1) non credo sia possibile risolvere questa crisi con delle "riforme". Anche il solo accennarvi come alternativa e/o speranza, è fuorviante. Il riformismo non ha mai pagato, specialmente il neoriformismo, o il radical-riformismo, se non ai danni appunto di salariati e pensionati, e dunque del ceto proletario (ma anche della piccola borghesia che, come infatti sta avvenendo, si proletarizza). Questa crisi è ormai sistemica, e si sta presentando sempre più per ciò che è sempre stata: una crisi di sovrapproduzione tipica del capitalismo. L'unica mossa valida, reale, per quanto radicale, è una risposta alternativa al sistema capitalista, non una sua "riforma".

    2) in realtà non può esistere una buona o una brutta globalizzazione. La globalizzazione, a mio avviso, non è altro altro che l'esasperazione della fase imperialistica del capitalismo (sbocciata in seguito alla caduta del muro di Berlino), né più né meno.

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  3. @ mauro

    sono d'accordo sul primo punto. se qualche volta mi pongo da un punto di vista riformista è solo per segnalare ciò che sarebbe meno peggio, non ciò che risolve.

    la globalizzazione ha attraversato diverse fasi e trova origine già nell'espansione europea dei secc. XIV - XV, assumendo i connotati del colonialismo. oggi per controllare i traffici e le fonti i materie prime non è più necessaria, in generale, la presenza fisica delle cannoniere.

    scrivono marx ed engels nel manifesto:

    "Con lo sfruttamento del mercato mondiale la borghesia ha dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto di sotto i piedi dell'industria il suo terreno nazionale, con gran rammarico dei reazionari. Le antichissime industrie nazionali sono state distrutte, e ancora adesso vengono distrutte ogni giorno. Vengono soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diventa questione di vita o di morte per tutte le nazioni civili, da industrie che non lavorano più soltanto le materie prime del luogo, ma delle zone più remote, e i cui prodotti non vengono consumati solo dal paese stesso, ma anche in tutte le parti del mondo. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentrano bisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e dei climi più lontani. All'antica autosufficienza e all'antico isolamento locali e nazionali subentra uno scambio universale, una interdipendenza universale fra le nazioni. E come per la produzione materiale, così per quella intellettuale. I prodotti intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune. L'unilateralità e la ristrettezza nazionali divengono sempre più impossibili, e dalle molte letterature nazionali e locali si forma una letteratura mondiale.

    Con il rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le comunicazioni infinitamente agevolate, la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare. I bassi prezzi delle sue merci sono l'artiglieria pesante con la quale spiana tutte le muraglie cinesi, con la quale costringe alla capitolazione la più tenace xenofobia dei barbari. Costringe tutte le nazioni ad adottare il sistema di produzione della borghesia, se non vogliono andare in rovina, le costringe ad introdurre in casa loro la cosiddetta civiltà, cioè a diventare borghesi. In una parola: essa si crea un mondo a propria immagine e somiglianza".



    questa è la prima globalizzazone che ha termine nel 1914, ed è indubbio che essa, pur in tutta la sua violenza, ha effetti anche positivi.

    perciò, caro mauro, il discorso sul punto sarebbe lungo e non posso liquidarlo in una battuta, spero perciò di ritornarci più avaneti.

    grazie per le tue osservazioni

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  4. Grazie a lei per la risposta. E' indubbio che abbia avuto effetti positivi, ma a che prezzo? Chiediamolo agli indiani d'America, tanto per citare un popolo vittima della "civiltà" :)
    Spero comunque che in futuro abbia tempo e voglia di affrontare quest'argomento in un suo post.
    Saluti!

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  5. http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/11/sangue-lordinario-comburente-della.html

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