Veltroni dovrebbe essere in Africa, Vendola dice anche lui di voler fare le valigie per girare il mondo: «Passare un anno a New York. Un altro a Salvador de Bahia. E poi vorrei scrivere libri, imparare altre cose, studiare», spiega. Di fare un giorno di lavoro, manco a parlarne. «E il destino della sinistra?», chiede l’intervistatore. Vendola risponde: «Non si può discutere di me come di un'ipotesi». Ah, ecco.
giovedì 28 luglio 2011
mercoledì 27 luglio 2011
Il senso autorizzato
Dopo giorni passati a coprire le loro tracce di responsabilità parlando a cazzo di cristianesimo buono e di quello cattivo, di cristianismo e altre puttanate del genere, di anti-isalmismo ma non di anti-marxismo (parola tabù), nei media le notizie dalla Norvegia si sono già raggrinzite. Le banalità, per quello che nascondono, lavorano per l’organizzazione dominante della vita. Passerà anche questa, com’è scivola via la guerra in Libia che doveva finire in qualche giorno, poi in 3-4 settimane, poi ancora “questione di ore”, ma le immagini dei massacri non le abbiamo viste all’ora di cena. Non si adattano con gli sketch pubblicitari.
Breivik ha in gran parte copiato le fobie fasciste nel suo sito su Internet, non solo quelle anti-musulmane e le farneticazioni del movimento americano Tea Party e dei partiti populisti di destra in Europa, ma anche la propaganda dei maggiori partiti e governi borghesi che riempiono ogni giorno i media. Nella sua lotta contro una società multiculturale, Breivik trae sostentamento dai capi di governo dei principali paesi europei. Il cancelliere tedesco Angela Merkel, il premier britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno dichiarato che il "multiculturalismo", cioè la convivenza pacifica di persone di diverse culture, “è fallito”. Ma essi non s’interrogano sui motivi veri e profondi di questo fallimento (e men che meno sono disposti a renderli pubblici), così come non hanno risposte sulle cause della massiccia immigrazione. Ne addossano le responsabilità esclusivamente agli “altri”, magari li bombardano e li affamano nei loro paesi, che tanto son cazzi loro.
L’asse centrale dei programmi di molti partiti che governano attualmente in Europa, cioè Austria, Italia, Paesi Bassi, Danimarca e Ungheria, è per molti aspetti affine a quello di Breivick, politicamente più corretto, ma la sostanza è la stessa. Il senso è diventato solo il loro, e del resto, lo sappiamo, sono loro i padroni del vocabolario. Il senso a denominazione garantita e protetta è solo quello autorizzato anzitutto dalla Tv e dai giornali.
Non dimentichiamo che dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, la propaganda anti-islamica è diventata un mezzo fondamentale di mobilitazione a sostegno delle guerre imperialiste, prima in Afghanistan, poi in Iraq e ora in Libia. Quando il presidente americano George W. Bush ha fatto riferimento alla guerra in Iraq come a una "crociata" non era lontano dal Breivik che si considera una reincarnazione moderna dei crociati. Solo che Bush, responsabile di decine di migliaia di morti, è uno statista, mentre Breivik, data la relativa esiguità dei suoi omicidi, è un criminale. Ma le “sue” idee, come si evince, non sono semplicemente la creazione della mente di un individuo malato, ma il prodotto di un sistema sociale schizoide. Era solo una questione di tempo prima che la promozione incessante di odio razziale e di sciovinismo generasse atti come quelli. E purtroppo non saranno gli ultimi.
martedì 26 luglio 2011
Una sola borghesia, conservatrice
di Piero Ostellino
Letizia Moratti e Giuliano Pisapia hanno come «grandi elettori» le due borghesie nelle quali è (apparentemente) divisa la upper class nazionale. L'una, di (centro)destra, si dichiara «moderata»; l' altra, di (centro)sinistra, «progressista». Ma i due aggettivi sono troppo generici, e logori, per significare qualcosa anche per chi se ne fregia. Il diavolo sta nei particolari. La borghesia progressista è per «la difesa della Costituzione»; quella moderata per la sua «riforma». Ma non sono molti quelli, da una parte e dall' altra, che l'hanno letta, l'hanno capita e sanno perché sono pro ovvero contro. La borghesia moderata è per il mercato; quella progressista per lo Stato sociale. Ma sono una esigua minoranza quelli che, a destra, sanno che cosa sia il mercato e che cosa ne abbiano scritto i classici del liberalismo e, a sinistra, sanno chi era Beveridge e che l' economia sociale di mercato non è una forma di socialismo, ma il mercato i cui esiti sono temperati, ex post, dall' intervento pubblico, là dove producano effetti «collaterali» dannosi per gli individui. In definitiva, non ci sono due borghesie, distinte per metodologia della conoscenza - empirica ovvero filosofica, non ne parliamo neppure - per cultura politica, individualistica ovvero collettivistica. Ce n'è una sola. Conservatrice.
Questa sola constatazione dovrebbe rassicurarci circa gli allarmismi dei rappresentanti di quella di (centro)destra e i propositi multiculturali dei rappresentanti di quella di (centro)sinistra. Non sarà la costruzione di una moschea ad alterare il profilo sociale di Milano. Saranno gli interessi organizzati - i «poteri forti» - che fanno capo alla borghesia detta «progressista» ovvero a quella detta «moderata», a seconda che vinca Pisapia o la Moratti. Le due borghesie non contano molto ai fini del risultato elettorale. Contano parecchio «dopo», quando si tratta di governare le risorse cittadine. Marx chiamava i governi delle democrazie liberali il «Comitato esecutivo della borghesia». Sarà tale Comitato - sulla base degli interessi dei suoi componenti - a disegnare il profilo di Milano. Chiunque vinca, i due pallidi candidati sono stati - per dirla ancora con Marx - la «falsa coscienza» di tali interessi.
[…] La Moratti […] avrebbe dovuto valorizzare quello che ha fatto - welfare, Expo, estensione della rete dei trasporti con le nuove linee del metrò - e spiegare meglio ciò che intende fare se fosse rieletta. Col «Piano di Governo del Territorio», si propone di proseguire sulla stessa linea, supplendo alla mancanza di risorse del Comune con il coinvolgimento dei privati, anche nella costruzione di alloggi a costi e affitti bassi: il mercato fa capolino con il principio di sussidiarietà. Pisapia vorrebbe trasformare l'A2A, la società per azioni, costituita dalla fusione fra le ex municipalizzate di Milano (Aem) e di Brescia (Asm), in «una protagonista dello sviluppo della green economy (...) attraverso interventi di efficienza nella produzione e nella distribuzione dell' energia e del calore». Qui, siamo in piena «politica industriale» - coerentemente con la cultura del candidato di (centro)sinistra - cioè all' indirizzo e alla gestione dello sviluppo da parte del Pubblico con finalità da esso stesso programmate (la green economy). Resta una domanda da fare al candidato di (centro)sinistra: come intende finanziare i suoi interventi di welfare comunale? Nuove tasse non sarebbero una manifestazione di socialità, ma il trasferimento forzoso di reddito da una parte della popolazionme all'altra. I due programmi restano buone quanto generiche intenzioni (anche se sarebbe stato meglio conoscere prima nome e capacità delle persone in giunta) condannate a essere condizionate dal «dopo elezioni», quando chi vincerà farà inevitabilmente i conti con la propria borghesia di riferimento. Conservatrice dei propri privilegi; come la controparte.
(26 maggio 2011) - Corriere della Sera
NB: il titolo redazionale è stato modificato rispetto all'originale.
Impressioni
Fa una certa impressione vedere i contatti dalla Scandinavia verso questo sito (non che disdegni, tutt’altro, i contatti da Costabissara e Pian dell’Osteria, o quelli del mio amico Luigi che però a occhio dev’essere in ferie).
Fa impressione anche il presidente degli Stati Uniti che invita gli elettori americani a prendere contatto con i propri rappresentanti politici al fine di convincerli ad approvare il bilancio federale (Brežnev sarebbe morto dal ridere). Intanto il NYT scrive che «i tagli di tasse di Bush hanno avuto un enorme effetto negativo. Se fossero revocati tutti, come previsto, alla fine del 2012, i futuri deficit sarebbero all’incirca dimezzati, a livelli sostenibili. I tagli alla spasa non bastano, bisogna rilanciare i consumi e aumentare le tasse». Infatti, oggi la pressione fiscale federale è ai minimi degli ultimi 60 anni (circa il 15 per cento del Pil), e gli stati si muovono licenziando personale pubblico per raggiungere il pareggio di bilancio.
Curiosa è anche la notizia che compare in questa immagine:
lunedì 25 luglio 2011
Borghesi, non fate finta di nulla
L’attentato e la strage in Norvegia sono stati atti terroristici a sfondo politico da parte di un fascista contro un partito socialdemocratico, il massimo della sinistra presente nel paese. I fatti finora noti suggeriscono che si tratta di azioni politicamente mirate e non possono essere comodamente liquidate come il mero atto incontrollato di uno psicopatico. Breivik preparava l'attacco da due anni e l’ha portato a compimento con meticolosa precisione. A differenza di molti altri episodi che hanno avuto per protagonisti dei folli, Breivik non si è ucciso, ma si è arreso alla polizia.
L’itinerario di Breivik mostra che le sue idee politiche emergono da tendenze diffuse e radicate in tutta Europa. Il suo blog conferma che le sue idee, i punti di vista che egli esprime, trovano sostegno non solo nei circoli fascisti, ma all'interno dei partiti borghesi e nelle componenti cristiane ai più alti livelli. Dal 1997 al 2007, Breivik è stato un membro del Partito del progresso norvegese e della sua organizzazione giovanile. Nelle elezioni parlamentari del 2005 e 2009, il Partito Progressista ha avuto circa il venti per cento dei voti. Originariamente nato come movimento per la riduzione delle imposte, il partito si presenta ora con una miscela di demagogia sociale contro le politiche economiche di libero mercato, insieme con l'islamofobia e la xenofobia.
Non più tardi dell'anno scorso, due esponenti del Partito del progresso hanno accusato i socialdemocratici di "pugnalare" alla schiena la cultura e le tradizioni norvegesi, scrivendo nel giornale Aftenposten che il partito laburista ogni anno offre la nazionalità a migliaia di nuovi norvegesi provenienti da diverse culture e non culture. Questi sono i presupposti ideologici di Breivik.
I discorsi contro il multiculturalismo diffusi a decine di migliaia di copie non sono molto diversi da quelli che si leggono nei giornali italiani e europei di destra, ma anche in quelli cosiddetti progressisti, poiché quanto a fobie anti-islamiche e anticomuniste non sono da meno. È sufficiente prendere atto come vengono trattate dai media le vicende della Val di Susa, compresa l’adombrata accusa di aver attentato alla stazione ferroviaria di Roma.
Pertanto la caccia alle streghe contro i musulmani e le altre culture non si limita ai circoli di destra. Molti governi europei usano fomentare sentimenti anti-islamici per distogliere l'attenzione dalle montanti tensioni sociali causate dalla crisi e dai tagli. Per esempio, la Francia e il Belgio hanno vietato di indossare il velo, con il sostegno di socialdemocratici e dei partiti della “sinistra” piccolo-borghese. In Germania, il cancelliere Angela Merkel ha recentemente dichiarato che il "multiculturalismo" ha fallito e l’ex ministro delle Finanze Thilo Sarrazin è lodato per il suo anti-islamismo.
La propaganda anti-islamica è giustificata con la "guerra al terrorismo", cioè con le guerre imperialiste in Iraq, Afghanistan e la Libia. Pertanto, è quanto di più cinico l’invito del presidente Obama di rispondere agli omicidi di Oslo chiedendo di intensificare la "guerra al terrore", infatti, è proprio questa "guerra" ideologica che ha direttamente contribuito alla tragedia di Oslo.
Borghesi, non fate finta di nulla, responsabili di questo clima a livello continentale siete voi, perché voi favorite la crescita delle forze fasciste e reazionarie, perché ciò vi serve per distogliere l’attenzione dalle vostre guerre e dalle vere cause che portano al taglio dei salari e dell’assistenza, ai tagli nella scuola e nella cultura, alla dismissione dei diritti politici e sindacali.
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