Martedì scorso, in televisione, il professor Romano Prodi ha affermato: «Siamo di fronte a
uno strano cambiamento del mondo che io non avevo previsto: la politica interna
americana, la politica sociale, è cambiata in modo così radicale che sta cambiando il
mondo dopo quarant’anni di liberismo assoluto». Tanto che «Biden ha parlato d’imposte e
nessuno s’è messo a ridere; anzi, abbiamo avuto i dieci più ricchi che hanno detto: “il
presidente ha ragione”».
Mentre qui da noi, ha rimarcato Prodi, si sono suonate le campane per mezza frase sulla
attuale ridicola aliquota fissa sulla tassazione delle successioni, che era solo una “frasetta”
in mezzo a un discorso molto più ampio del prof. Letta.
Eh già, siamo alle solite: liberali col culo degli altri, dei soliti. Quelli che sono bravi nelle
diagnosi, ma se gli chiedi una goccia del loro sangue sono pronti a farti la guerra. Un
sofisma tra tutti: “e le aliquote sulle altre imposte che paghiamo, allora?”. E poi perché
distribuire 10mila euro ai 18enni? Su quest’ultimo punto con ragione, posto che c’è un
debito pubblico del 160 per cento/Pil che andrebbe velocemente ridotto (figuriamoci).
Per carità, chiedere un po’ più di equità sociale è demagogia. Si fa del populismo se si
rileva che il patrimonio del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41% della ricchezza
nazionale netta) è superiore a tutta la ricchezza detenuta dall’80% più povero (2019). E
lasciamo stare che l’Italia detiene il 6 per cento della ricchezza mondiale con lo 0.0007 della
popolazione, con liquidità bancarie e titoli delle famiglie per 1.800 miliardi.
I super-ricchi, con redditi di oltre 300 mila euro, sono 40.560, lo 0,10% dei contribuenti; i
ricchi, con redditi tra i 100 e i 300 mila euro, sono 416.760, l’1,01%; i benestanti, tra i 70 e i
100 mila euro, sono 616.440, l’1,49%. In queste fasce di reddito ci sono soprattutto dirigenti
pubblici e privati, liberi professionisti, imprenditori. Il resto dei contribuenti ha redditi
sotto i 70 mila euro e comprende il 97,4% dei contribuenti.
Basta un’occhiata alle imbarcazioni, per numero e stazza, nei porti e porticcioli, poi anche
un occhio alle auto sopra di 40mila euro in circolazione, per avere un quadro più realistico
della situazione rispetto alle dichiarazioni dei redditi. Ma queste considerazioni sono da
rosiconi, si sa.
Secondo dati Banca d’Italia (2020), l’1% più ricco della popolazione adulta (circa mezzo
milione di persone) detiene il 14% della ricchezza totale, e tale quota è rimasta invariata tra
il 1995 e il 2016. Al vertice della piramide, la quota dello 0,1% più ricco è cresciuta più
rapidamente dal 5,5% del 1995 al 12% attuale, con valori stimati della ricchezza
individuale che passano da 8 a 21 milioni di euro. Viceversa, il 50% più povero ha visto la
propria quota di ricchezza passare dall’11% del 1995 al 3% attuale.
In quel laboratorio d’idee marxiste che è Credit Suisse, si scriveva che «L’Italia ha fatto la
sua parte entrando nella top ten dei Paesi in cui la ricchezza è cresciuta maggiormente: 1
milione e 288 mila milionari nel 2017 (milionari in dollari), 138 mila in più rispetto al 2016:
è italiano il 4% dei milionari del mondo».
Sempre il medesimo covo marxista, stima i super-ricchi con patrimoni di oltre 5 milioni di
dollari in 111.872, lo 0,23% degli italiani, mentre i ricchi con patrimoni tra 1 e 5 milioni di
dollari sono 1.384.284, il 2,85% degli italiani. Quasi il 97% degli italiani ha patrimoni inferiori al milione di dollari. Il valore del patrimonio mediano è di poco superiore ai 91
mila dollari (*).