Keynes,
il sognatore, credeva con il suo progetto di riforma monetaria di poter
superare le contraddizioni del capitalismo. La creazione di un’International
Clearing Union, la famosa “stanza di compensazione”, e l’introduzione di una
moneta internazionale (il bancor), avrebbero permesso di vivere in un mondo
senza conflitti e “disarmonie” economiche. Un sistema immune da crisi, partendo
dalla sfera della circolazione, dello scambio, trascurando dunque la
contraddizione fondamentale del modo di produzione capitalistico; è così che i
teorici dell’”equilibrio” vogliono riformare il capitalismo. Anche Walther
Funk, ex giornalista economico, già segretario di Stato al ministero per la
pubblica informazione e la propaganda, divenuto ministro dell’economia (1938) e
presidente della Reichsbank (1939), sognava un “ordine nuovo”, e prometteva che
l’oro non sarebbe più stato l’equivalente universale (la posizione degli
industriali tedeschi fu molto più articolata [*]). Anche Keynes definiva l’oro
una “reliquia barbarica”. Scrisse: “Se prendiamo il piano di Funk al valore
facciale, è eccellente ed è esattamente ciò che dovremmo fare anche noi”.
Il
cosiddetto piano Funk, al quale si è data pretestuosamente troppa importanza e sul
quale in Italia recentemente hanno farneticato in molti (non fu – in quanto tale
– un piano di predominio economico sull’intera Europa da parte della Germania,
anche s’è evidente che i propositi dei vertici politici erano tutt’altri), aveva l’obiettivo generale di “promuovere
e intensificare l'integrazione dell'area economica tedesca con altre aree
economiche semplificando i pagamenti e quindi preparare organicamente
l'economia di un più vasto spazio europeo”. Fu il Dipartimento di ricerca
economica (ERD) della Reichsbank, a fornire all'istituzione monetaria centrale
del Reich un’analisi approfondita (il cosiddetto “Piano”, per l’appunto) dello
stato dell'economia mondiale e dei possibili scenari futuri. Va ricordato, tra parentesi, che "l'inetto" ma malleabile Funk aveva realmente un'importanza marginale nella gerarchia del Reich, e cadde ben presto in disgrazia.
Gli
argomenti al centro delle riflessioni dell'ERD possono essere così riassunti:
blocchi economici e valutari (si sosteneva la creazione di un sistema di cambi
fissi in varie fasi: prima con l'Europa sud-orientale – Romania, Bulgaria, Yugoslavia,
Ungheria e Slovacchia –, poi con gli Stati baltici e occidentali – Danimarca,
Norvegia, Svezia e Finlandia –, e infine con l'Italia); sistemi di cambio
alternativi al ruolo dell'oro nelle transazioni internazionali (svalutazione postbellica
del Reichsmark del 40%, la Germania avrebbe evitato gli stessi errori che la
Gran Bretagna aveva fatto nel 1925 quando tornò al gold standard); livelli di
prezzi relativi in Germania e in altri paesi della stessa area economica;
autosufficienza all'interno di ogni blocco (l'area valutaria tedesca includeva
Belgio, Paesi Bassi, Scandinavia e Europa sud-orientale, mentre quella italiana
sarebbe stata limitata a Grecia, Spagna e Turchia).
Le
riparazioni in oro (in caso di vittoria, ovviamente) sarebbero state utilizzate
dalla Germania per creare un conto di perequazione degli scambi, cioè per
costituire un conto di riserva da utilizzare in caso di crisi della bilancia
dei pagamenti senza modificare il tasso di cambio; infine la prospettiva dell'unificazione europea.
In una serie di appunti redatti tra il marzo 1940 e la campagna occidentale
dell'estate-autunno, l'ERD ha considerato gli aspetti rilevanti delle relazioni
monetarie estere. Una nota dell'8 marzo conteneva "un tentativo di
delineare un programma economico per la pace futura".
Gli
autori del “piano” predissero che nel dopoguerra si sarebbe assistito a una
tendenza generale del capitalismo ad evolversi in un'economia regolata dallo Stato,
una metamorfosi che etichettarono pomposamente "la fine del
capitalismo". Pur condannando l'intervento statale che la maggior parte
dei paesi aveva introdotto in conseguenza della Grande Depressione, i funzionari
dell'ERD ritenevano che in un accordo postbellico il ruolo dello Stato sarebbe
stato quello di un controllore più libero dell'economia, soprattutto in
riferimento ai flussi internazionali di denaro e commercio. Per raggiungere l’obiettivo,
tuttavia, l'attuale livello di controllo statale doveva essere mantenuto al
fine di superare gli sconvolgimenti economici del periodo immediatamente
successivo alla guerra. Per almeno vent'anni, i controlli sulla bilancia dei
pagamenti, il razionamento delle materie prime e gli accordi di compensazione
dovevano rimanere in vigore. Alla fine, un'economia mondiale equilibrata avrebbe
preso forma.
Quanto
all'unificazione monetaria dell'Europa, bisogna premettere che a metà giugno
1940, Walther Funk e il segretario di stato del ministero dell'Economia del
Reich, Friedrich Landfried, furono convocati da Hermann Göring, numero due del
Reich, capo della Luftwaffe e dell’intera amministrazione prussiana, ma anche,
cosa meno nota, coordinatore supremo della politica economica nazista. In
quell'occasione Funk fu incaricato di pianificare la futura economia europea.
Quest’ampio incarico fu formalizzato con un decreto pochi giorni dopo (il 22
giugno), che specificò alcune questioni da affrontare, per esempio il
coordinamento dell'economia tedesca con le economie sia nelle aree inglobate
nel Reich che nelle aree occupate, la riorganizzazione economica dell'Europa e
dei suoi rapporti con l'economia mondiale. Ad ogni modo Hitler voleva che “gli
aspetti politici di questo nuovo ordine rimanessero sullo sfondo”, dovevano cioè
restare “indecisi fino alla fine della guerra, per non fare promesse prima che
gli equilibri di potere tra i belligeranti fossero definitivamente risolti” (cfr.
Alessandro Roselli - Paul Corner, Money
and Trade Wars in Interwar Europe, Palgrave Macmillan, p. 180).
[*] «Schacht fu sostituito alla presidenza della
Reichsbank dal più malleabile Walther Funk. Nel giugno 1939, le norme
statutarie della Reichsbank furono riviste per abolire qualunque limitazione
formale all’espansione dell’offerta monetaria. Benché il valore esterno del
Reichsmark restasse ufficialmente legato alla parità con l'oro, l’abbandono del
gold standard invocato dagli economisti filonazisti fin dagli anni Venti
diveniva finalmente una realtà. In quanto Führer del popolo tedesco, Hitler si
vide attribuire il potere di stabilire a suo piacimento l’entità dell’offerta
monetaria. Adesso non c’erano più impedimenti a una spesa militare
incontrollata.» (Adam Tooze, Il
prezzo dello sterminio, ascesa e caduta dell’economia nazista, p. 365).
Il piano Funk, in realtà, era non solo monetario, ma anzi residualmente monetario, come del resto implichi anche tu nella parte finale del post. Si occupava di mercato comune europeo sotto l'egida della Germania. Nei suoi contenuti tecnici, staccati dalle implicazioni egemoniche tedesche, venne effettivamente apprezzato dalla comunità accademica britannica, come risulta da questo articolo:
RispondiEliminaC. W. Guillebaud
Hitler’s New Economic Order for Europe
The Economic Journal, Volume 50, Issue 200, 1 December 1940, Pages 449–460
L'autore, economista con cattedra a Cambridge, è oggi moderatamente ricordato, ma ai suoi tempi, e nei primi anni del dopoguerra, aveva una sua leadership accademica.
grazie, ottimo
Elimina