mercoledì 19 giugno 2019

Il Piano Funk


Keynes, il sognatore, credeva con il suo progetto di riforma monetaria di poter superare le contraddizioni del capitalismo. La creazione di un’International Clearing Union, la famosa “stanza di compensazione”, e l’introduzione di una moneta internazionale (il bancor), avrebbero permesso di vivere in un mondo senza conflitti e “disarmonie” economiche. Un sistema immune da crisi, partendo dalla sfera della circolazione, dello scambio, trascurando dunque la contraddizione fondamentale del modo di produzione capitalistico; è così che i teorici dell’”equilibrio” vogliono riformare il capitalismo. Anche Walther Funk, ex giornalista economico, già segretario di Stato al ministero per la pubblica informazione e la propaganda, divenuto ministro dell’economia (1938) e presidente della Reichsbank (1939), sognava un “ordine nuovo”, e prometteva che l’oro non sarebbe più stato l’equivalente universale (la posizione degli industriali tedeschi fu molto più articolata [*]). Anche Keynes definiva l’oro una “reliquia barbarica”. Scrisse: “Se prendiamo il piano di Funk al valore facciale, è eccellente ed è esattamente ciò che dovremmo fare anche noi”.

Il cosiddetto piano Funk, al quale si è data pretestuosamente troppa importanza e sul quale in Italia recentemente hanno farneticato in molti (non fu – in quanto tale – un piano di predominio economico sull’intera Europa da parte della Germania, anche s’è evidente che i propositi dei vertici politici erano tutt’altri), aveva l’obiettivo generale di “promuovere e intensificare l'integrazione dell'area economica tedesca con altre aree economiche semplificando i pagamenti e quindi preparare organicamente l'economia di un più vasto spazio europeo”. Fu il Dipartimento di ricerca economica (ERD) della Reichsbank, a fornire all'istituzione monetaria centrale del Reich un’analisi approfondita (il cosiddetto “Piano”, per l’appunto) dello stato dell'economia mondiale e dei possibili scenari futuri. Va ricordato, tra parentesi, che "l'inetto" ma malleabile Funk aveva realmente un'importanza marginale nella gerarchia del Reich, e cadde ben presto in disgrazia.


Gli argomenti al centro delle riflessioni dell'ERD possono essere così riassunti: blocchi economici e valutari (si sosteneva la creazione di un sistema di cambi fissi in varie fasi: prima con l'Europa sud-orientale – Romania, Bulgaria, Yugoslavia, Ungheria e Slovacchia –, poi con gli Stati baltici e occidentali – Danimarca, Norvegia, Svezia e Finlandia –, e infine con l'Italia); sistemi di cambio alternativi al ruolo dell'oro nelle transazioni internazionali (svalutazione postbellica del Reichsmark del 40%, la Germania avrebbe evitato gli stessi errori che la Gran Bretagna aveva fatto nel 1925 quando tornò al gold standard); livelli di prezzi relativi in ​​Germania e in altri paesi della stessa area economica; autosufficienza all'interno di ogni blocco (l'area valutaria tedesca includeva Belgio, Paesi Bassi, Scandinavia e Europa sud-orientale, mentre quella italiana sarebbe stata limitata a Grecia, Spagna e Turchia).

Le riparazioni in oro (in caso di vittoria, ovviamente) sarebbero state utilizzate dalla Germania per creare un conto di perequazione degli scambi, cioè per costituire un conto di riserva da utilizzare in caso di crisi della bilancia dei pagamenti senza modificare il tasso di cambio; infine la prospettiva dell'unificazione europea. In una serie di appunti redatti tra il marzo 1940 e la campagna occidentale dell'estate-autunno, l'ERD ha considerato gli aspetti rilevanti delle relazioni monetarie estere. Una nota dell'8 marzo conteneva "un tentativo di delineare un programma economico per la pace futura".

Gli autori del “piano” predissero che nel dopoguerra si sarebbe assistito a una tendenza generale del capitalismo ad evolversi in un'economia regolata dallo Stato, una metamorfosi che etichettarono pomposamente "la fine del capitalismo". Pur condannando l'intervento statale che la maggior parte dei paesi aveva introdotto in conseguenza della Grande Depressione, i funzionari dell'ERD ritenevano che in un accordo postbellico il ruolo dello Stato sarebbe stato quello di un controllore più libero dell'economia, soprattutto in riferimento ai flussi internazionali di denaro e commercio. Per raggiungere l’obiettivo, tuttavia, l'attuale livello di controllo statale doveva essere mantenuto al fine di superare gli sconvolgimenti economici del periodo immediatamente successivo alla guerra. Per almeno vent'anni, i controlli sulla bilancia dei pagamenti, il razionamento delle materie prime e gli accordi di compensazione dovevano rimanere in vigore. Alla fine, un'economia mondiale equilibrata avrebbe preso forma.

Quanto all'unificazione monetaria dell'Europa, bisogna premettere che a metà giugno 1940, Walther Funk e il segretario di stato del ministero dell'Economia del Reich, Friedrich Landfried, furono convocati da Hermann Göring, numero due del Reich, capo della Luftwaffe e dell’intera amministrazione prussiana, ma anche, cosa meno nota, coordinatore supremo della politica economica nazista. In quell'occasione Funk fu incaricato di pianificare la futura economia europea. Quest’ampio incarico fu formalizzato con un decreto pochi giorni dopo (il 22 giugno), che specificò alcune questioni da affrontare, per esempio il coordinamento dell'economia tedesca con le economie sia nelle aree inglobate nel Reich che nelle aree occupate, la riorganizzazione economica dell'Europa e dei suoi rapporti con l'economia mondiale. Ad ogni modo Hitler voleva che “gli aspetti politici di questo nuovo ordine rimanessero sullo sfondo”, dovevano cioè restare “indecisi fino alla fine della guerra, per non fare promesse prima che gli equilibri di potere tra i belligeranti fossero definitivamente risolti” (cfr. Alessandro Roselli - Paul Corner, Money and Trade Wars in Interwar Europe, Palgrave Macmillan, p. 180).

[*] «Schacht fu sostituito alla presidenza della Reichsbank dal più malleabile Walther Funk. Nel giugno 1939, le norme statutarie della Reichsbank furono riviste per abolire qualunque limitazione formale all’espansione dell’offerta monetaria. Benché il valore esterno del Reichsmark restasse ufficialmente legato alla parità con l'oro, l’abbandono del gold standard invocato dagli economisti filonazisti fin dagli anni Venti diveniva finalmente una realtà. In quanto Führer del popolo tedesco, Hitler si vide attribuire il potere di stabilire a suo piacimento l’entità dell’offerta monetaria. Adesso non c’erano più impedimenti a una spesa militare incontrollata.» (Adam Tooze, Il prezzo dello sterminio, ascesa e caduta dell’economia nazista, p. 365).

2 commenti:

  1. Il piano Funk, in realtà, era non solo monetario, ma anzi residualmente monetario, come del resto implichi anche tu nella parte finale del post. Si occupava di mercato comune europeo sotto l'egida della Germania. Nei suoi contenuti tecnici, staccati dalle implicazioni egemoniche tedesche, venne effettivamente apprezzato dalla comunità accademica britannica, come risulta da questo articolo:
    C. W. Guillebaud
    Hitler’s New Economic Order for Europe
    The Economic Journal, Volume 50, Issue 200, 1 December 1940, Pages 449–460
    L'autore, economista con cattedra a Cambridge, è oggi moderatamente ricordato, ma ai suoi tempi, e nei primi anni del dopoguerra, aveva una sua leadership accademica.

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