La metro di Napoli è più pulita e meglio vigilata di
quella di Roma (non ci vuole molto per vincere un simile raffronto). Si arriva
alla stazione Museo (MANN) e si trovano chiare indicazioni per la fermata
dell’autobus per Capodimonte. Il vecchio autobus non è lurido come, per
esempio, gli autobus romani della linea 492 con capolinea Tiburtina, ma è anch’esso
male in arnese, tanto è vero che un pezzo del corrimano è legato con un grosso
spago. Lungo tutto il tragitto, per chilometri e senza soluzione di continuità,
il degrado urbano è assoluto. È evidente la mancanza di ogni minima cura per abitazioni,
marciapiedi, negozi e qualsiasi tipo d’infrastruttura. Scesi alla fermata, ci
incamminiamo lungo una via crucis di rifiuti di varia tipologia, anche se non
incontriamo i grossi cumuli presenti in certi quartieri del centro storico
(dirò nel prossimo post).
Entriamo nel parco dalla “porta grande” e
raggiungiamo il museo. Al terzo piano (si accede dal secondo dove poche opere sono di un qualche vero interesse) sono esposte alcune cose che non ho ben
chiaro cosa rappresentino ma sicuramente non c’entrano nulla con l’arte. Al
primo piano ci sono alcune opere pittoriche di un certo pregio, ovviamente
delle splendide porcellane e una ridondante armeria antica. Alcune stanze, le
più belle del museo, sono chiuse poiché si sta allestendo l’ennesima inutile
mostra. Al piano terra, nella Sala Causa, è allestita la mostra sul Caravaggio.
Alle pareti di piccole stanze sono appesi alcuni dipinti del Maestro e altre
più numerose opere di “caravaggeschi” locali. È affissa anche una fotocopia
della Crocifissione di Sant’Andrea,
del Cleveland Museum of Art, e un’altra fotocopia relativa alla tela Sette opere di misericordia, esposta
presso il Pio Monte della misericordia nel centro di Napoli (altro biglietto,
altra giostra).
Vale la pena di essere saliti fin quassù per vedere
la mostra? No. Un grande artista non produce solo opere eccelse, ma anche di
qualità inferiore, in alcuni casi (non mi riferisco necessariamente al
Caravaggio) non degne della sua firma. Nel caso di questa mostra, l’unica opera
che vale davvero il prezzo del biglietto è, a mio giudizio, la Flagellazione. Si tratta però di
un’opera che risiede stabilmente presso il museo di Capodimonte, perciò questa
mostra si rivela ancor più un pretesto per staccare biglietti e vendere
cataloghi. Nove volte su dieci le mostre in Italia (più che altrove) servono a
questo scopo.
Nota di colore. Alla fermata per scendere fino a
piazza Dante, inganniamo l’attesa, circa venti minuti, contando quante auto di
passaggio non sono ammaccate o strisciate. Quasi nessuna è intonsa, e ciò
risponde alla media delle auto che circolano a Napoli e nel suo hinterland. Contiamo
anche quanti sono gli automobilisti che “indossano” la cintura. Su cerca 200
auto, non più di cinque o forse sei conducenti, quasi tutte donne, indossavano
la cintura. Ciò si discosta dalla media del centro città, dove le infrazioni, ad oculum, sono molto meno comuni.
Perciò è d’uopo dedurre che, a Napoli più che altrove, la cintura s’indossa
soprattutto per il timore di perdere punti patente e di una multa (nel caso poi
fosse relamente pagata).
Da napoletano che vive a Roma posso affermare che la frequenza di senza-cintura è più o meno la stessa. Devo osservare che ingannare il tempo contando i rifiuti, le auto ammaccate e il degrado urbano delle periferie sembra ricalcare le osservazioni dei turisti in viaggio in India in cerca del colore locale.
RispondiEliminaognuno passa il tempo come vuole. il rif. all'india ce l'ha messo lei
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