In ogni epoca la dignità della persona finisce
laddove tale principio entra in conflitto con gli interessi della classe
dominante. Il presidente Mattarella e papa Bergoglio fingono di non sapere che
società di classe e giustizia sociale sono inconciliabili, dunque, che capitalismo
e “dignità della persona e lavoro” sono antitetici.
Esiste uno scontro sociale più segreto e che
essi vogliono con le loro parole esorcizzare, tenere nascosto, depotenziare.
S’è passati, pur con varianti e distinguo, dal “fuori
dalla chiesa non c’è salvezza” al “fuori dal mercato non c’è libertà”. Questa è
la dimostrazione più che sufficiente del significato del termine “libertà” in
questa società alienata a se stessa e al futuro.
Del resto, pare di sentirli: “il comunismo è infinitamente
peggio!”. La borghesia, esibendo per comunismo i regimi che nel Novecento si
sono ad esso richiamati, ha buon gioco a mettere in ridicolo perfino la parola
“comunismo”.
Dove mai Marx ha sostenuto la possibilità del comunismo
in una situazione di grave e persistente penuria, così come in una società
ancorata al valore di scambio che riproduce e prolunga nei suoi schemi e
categorie essenziali la società di classe? Il sovietismo russo e il maoismo
sono stati un salto fuori dalle dinamiche della storia reale.
E tuttavia solo in una società comunista sarà
possibile programmare produzione e distribuzione, dare possibilità di svolgere un’attività
lavorativa a tutti riducendo la giornata e la settimana lavorativa
all’indispensabile, rimodulando tempo di studio e di lavoro nell’arco
dell’intera vita di ciascuno. Tutto ciò è oggi possibile in forza dell’enorme
incremento raggiunto dalle forze produttive in ogni settore di attività e dai
nuovi mezzi di comunicazione in tempo reale, ma non senza passare per una
rivoluzione radicale degli attuali rapporti sociali.
Il capitalismo, pur tra contraddizioni e immani tragedie,
ha segnato un’epoca quale potente volano dello sviluppo industriale e
tecnologico, in certa misura ha anche favorito l’affermarsi di alcune libertà,
paradossalmente in una società nella quale i produttori sono uccisi sul lavoro.
Tutti noi siamo testimoni dell’impossibilità della continuazione e del
funzionamento del modo di produzione capitalistico. Si tratta di un sistema
economico, sociale e politico che nell’insieme sta alterando in modo assoluto e
irreversibile le condizioni di vita su questo pianeta. Abbiamo tutti i mezzi di
controllo e previsione per misurare con esattezza
e in anticipo dove ci sta conducendo.
Pertanto, la questione
del capitalismo si è già posta come il problema stesso della possibilità
materiale di esistenza dell’umanità. Vale a dire che la sua impossibilità è
già perfettamente dimostrata e non si tratta più se non della scadenza. Le
campagne mediatiche, i report, le encicliche servono a nulla se non si ha il coraggio della verità, ossia di chiamare
le cose con il loro nome: questo pianeta è l’ambiente e lo scenario sociale del
capitalismo, della sua classe di
riferimento, la borghesia.
I tempi della storia, ormai l’abbiamo imparato, sono
quelli che sono. Ciò premesso, chi pensa il comunismo prefigura il futuro; chi
difende l’esistente accetta di sopravvivere in una società malata, decadente e
tragica.
L’arma di distrazione di massa più valida: il PROSCIUTTO.
RispondiEliminaSolo con gli occhi foderati di prosciutto si può accettare il paradosso per cui“il comunismo è infinitamente peggio!”, dopo pochi anni di pseudo comunismo. Mentre 12.000 anni di violenza e sfruttamento vengono chiamati Libertà.
cotto o crudo fa lo stesso, immagino :)
EliminaSplendido résumé.
RispondiEliminain ogni caso il "comunismo" cinese ha tuttaltro che fallito anche se è tuttaltro di quello di Marx.
RispondiEliminaws