domenica 11 giugno 2017

La questione del capitalismo



In ogni epoca la dignità della persona finisce laddove tale principio entra in conflitto con gli interessi della classe dominante. Il presidente Mattarella e papa Bergoglio fingono di non sapere che società di classe e giustizia sociale sono inconciliabili, dunque, che capitalismo e “dignità della persona e lavoro” sono antitetici.

Esiste uno scontro sociale più segreto e che essi vogliono con le loro parole esorcizzare, tenere nascosto, depotenziare.  

S’è passati, pur con varianti e distinguo, dal “fuori dalla chiesa non c’è salvezza” al “fuori dal mercato non c’è libertà”. Questa è la dimostrazione più che sufficiente del significato del termine “libertà” in questa società alienata a se stessa e al futuro.


Del resto, pare di sentirli: “il comunismo è infinitamente peggio!”. La borghesia, esibendo per comunismo i regimi che nel Novecento si sono ad esso richiamati, ha buon gioco a mettere in ridicolo perfino la parola “comunismo”.

Dove mai Marx ha sostenuto la possibilità del comunismo in una situazione di grave e persistente penuria, così come in una società ancorata al valore di scambio che riproduce e prolunga nei suoi schemi e categorie essenziali la società di classe? Il sovietismo russo e il maoismo sono stati un salto fuori dalle dinamiche della storia reale.

E tuttavia solo in una società comunista sarà possibile programmare produzione e distribuzione, dare possibilità di svolgere un’attività lavorativa a tutti riducendo la giornata e la settimana lavorativa all’indispensabile, rimodulando tempo di studio e di lavoro nell’arco dell’intera vita di ciascuno. Tutto ciò è oggi possibile in forza dell’enorme incremento raggiunto dalle forze produttive in ogni settore di attività e dai nuovi mezzi di comunicazione in tempo reale, ma non senza passare per una rivoluzione radicale degli attuali rapporti sociali.

Il capitalismo, pur tra contraddizioni e immani tragedie, ha segnato un’epoca quale potente volano dello sviluppo industriale e tecnologico, in certa misura ha anche favorito l’affermarsi di alcune libertà, paradossalmente in una società nella quale i produttori sono uccisi sul lavoro. Tutti noi siamo testimoni dell’impossibilità della continuazione e del funzionamento del modo di produzione capitalistico. Si tratta di un sistema economico, sociale e politico che nell’insieme sta alterando in modo assoluto e irreversibile le condizioni di vita su questo pianeta. Abbiamo tutti i mezzi di controllo e previsione per misurare con esattezza e in anticipo dove ci sta conducendo.

Pertanto, la questione del capitalismo si è già posta come il problema stesso della possibilità materiale di esistenza dell’umanità. Vale a dire che la sua impossibilità è già perfettamente dimostrata e non si tratta più se non della scadenza. Le campagne mediatiche, i report, le encicliche servono a nulla se non si ha il coraggio della verità, ossia di chiamare le cose con il loro nome: questo pianeta è l’ambiente e lo scenario sociale del capitalismo, della sua classe di riferimento, la borghesia.

I tempi della storia, ormai l’abbiamo imparato, sono quelli che sono. Ciò premesso, chi pensa il comunismo prefigura il futuro; chi difende l’esistente accetta di sopravvivere in una società malata, decadente e tragica.




4 commenti:

  1. L’arma di distrazione di massa più valida: il PROSCIUTTO.
    Solo con gli occhi foderati di prosciutto si può accettare il paradosso per cui“il comunismo è infinitamente peggio!”, dopo pochi anni di pseudo comunismo. Mentre 12.000 anni di violenza e sfruttamento vengono chiamati Libertà.

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  2. in ogni caso il "comunismo" cinese ha tuttaltro che fallito anche se è tuttaltro di quello di Marx.
    ws

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