venerdì 30 giugno 2017

I controlli dei libici



Sapete cos’è la missione “Sophia”? La missione prende il nome da una bambina nata il 24 agosto 2015 a bordo della fregata tedesca Schleswig-Holstein al largo di Taranto. È una missione dell’Ue il cui obiettivo principale è identificare, catturare e sequestrare le navi usate dai trafficanti di migranti nel Sud del Mediterraneo. Ovviamente se si tratta d'imbarcare dei migranti fanno anche quello. Anzi, soprattutto quello. La Bundeswehr a buon titolo si vanta di averne imbarcati 40.000. Nulla da eccepire, salvo il fatto che li ha sbarcati tutti 40.000 in Italia, manco uno a Malta (*), Spagna, Francia. E così fanno le navi spagnole e degli altri paesi coinvolti nella missione. Ecco perché in questi giorni si è minacciato, ma solo minacciato, di chiudere i porti italiani alle navi straniere. Perché imbarcano i migranti e li portano in Italia.  Chi è al comando di questa missione? Un italiano, l’ammiraglio Enrico Credendino, il quale ebbe a dichiarare: «Alcune ong lavorano al limite delle acque libiche». Nel marzo scorso, tra le altre cose, diceva: «gli scafisti s’aspettano tempi duri: sanno che stiamo addestrando la Guardia costiera libica. E che a breve il governo di Tripoli avrà dieci motovedette, con le quali sarà in grado di contrastare in modo molto più efficace all’interno delle acque libiche. Per questo, stanno cercando di mandare in Italia il maggior numero possibile di migranti: quando cominceranno i controlli dei libici, sarà probabilmente più complicato».

Spetterà a loro fare il lavoro sporco che gli altri non vogliono fare. Con dieci motovedette su un tratto di costa di 1.770 chilometri.

(*) Nel 2013 il governo italiano ha regalato una motovedetta a Malta e firmato un accordo in base al quale i migranti saranno sbarcati in Italia. Per tale motivo nei giorni scorsi quella motovedetta battente bandiera maltese ha sbarcato centinaia di migranti nel porto di Messina. Le navi straniere sono territorio del paese del quale battono bandiera. Quei migranti dovrebbero essere sbarcati nei paesi ai quali appartengono quelle navi, in conseguenza dell'applicazione del trattato di Dublino.

giovedì 29 giugno 2017

Quella che passa per essere la sinistra …



... è in rotta in tutta Europa. Anche in Inghilterra, dove un nuovo illusionista ha spostato un po’ di voti, governano i conservatori. In Germania la SPD è solo una gruccia alla quale la Merkel appende il suo tailleur pastello, e ad ogni elezione è una batosta. In Francia i socialisti (si fanno chiamare così) hanno subito una débâcle senza ritorno. In Italia la sinistra è semplicemente morta pur in assenza di un necrologio che ne annunci i funerali. Chi non vuol farsi prendere in giro non va a votare.

La sinistra, quella italiana, non ha mai fatto davvero i conti con il proprio passato. L’ha semplicemente rimosso. Né ha mai intrapreso una seria analisi sui limiti del riformismo alla luce delle contraddizioni del capitalismo globale. Anzi, ha sposato in pieno la tesi del neoliberismo: la gestione razionale del capitale giustifica le riduzioni di posti di lavoro e nel suo successo sta la possibilità di un aiuto pubblico agli esclusi. Salvo ora mettere in mostra qualche tardiva e sporadica resipiscenza. Che si traduce nella vaga denuncia delle disuguaglianze, cosa che riesce meglio a don Ciccio papa.

mercoledì 28 giugno 2017

Il ministro



“Si è rotto qualcosa col Paese”, sostiene Franceschini Dario. Il paese si è rotto i coglioni di gente come voi. Quando le persone arrivano a darsi fuoco nella sede dell’Inps significherà pur qualcosa. Un paese che “non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità”, scriveva ad inizio di quest’anno Michele, del quale ci siamo presto dimenticati così come di tanti altri come lui. E continuava nella sua lettera: “Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile”.

Se personaggi come Franceschini Dario avessero preso in considerazione queste parole, gli innumerevoli gesti di disperazione, insomma se vivessero tra la gente e non nel lusso blindato, se la smettessero di manipolare i dati dell'Istat sull’uguaglianza e altro, non avrebbero  scoperto solo dopo il voto amministrativo che ci siamo rotti. E però dubito, fortemente, che a questi personaggi interessi la vita dei molti, dei troppi, che è ormai diventata insopportabile.

Senza scadere in semplificazioni erronee d’identificazione della condizione dei salariati attuali con forme anteriori di oppressine socio-economica, quale ragione per votare può dare il Jobs act, con tanto di strangolamento dell'art. 18? E il giochino sporco dei vàucer, il caporalato legale? Come si fa nel dover scegliere tra destra ed estrema destra, tra liberal-liberismo e ultra-liberismo che in entrambi i casi favorisce un capitalismo che si disinteressa, com’è ovvio, del progresso sociale perché non vi trova il suo tornaconto?

martedì 27 giugno 2017

Quello che è diventato il tuo gusto


Siamo incapaci di verità. E anche quando alcune verità sono dette, sono parziali e ad  uso di fazioni. E, del resto, giornali e tv private rispondono alla proprietà e la televisione di stato alla politica. Parlare di libera informazione e di democrazia è come il gioco delle tre carte: se vinci una mano è perché vogliono fregarti in tutte le altre.

Partiamo da un esempio molto semplice e quasi banale: i decessi per tumore attribuibili a fattori di rischio comportamentali. Chiedo: la prima responsabilità sui comportamenti alimentari di massa, sull’uso di alcolici, l’abuso di farmaci e altre sostanze, a chi fa capo? La programmazione televisiva è realizzata in funzione della pubblicità pagante. Non può essere senza conseguenze il fatto che mentre si guarda un film o un qualsiasi altro programma sia immessa ossessivamente della pubblicità, diretta anche e specie verso un pubblico molto giovane. La persistente sollecitazione raggiunge, volenti o nolenti, il suo scopo, ossia il consumo compulsivo di una vasta gamma di prodotti. Tra i quali e non ultimi quelli alimentari, salvo poi consigliare di bere un dato elisir per abbassare il colesterolo, cui segue l’intervento dell’esperto nutrizionista che serioso invita a consumare regolarmente certi prodotti “naturali” per prevenire chissà che cos’altro. Un circo di domatori e bestie ammaestrate.

lunedì 26 giugno 2017

Il Pd ha perso anche dove correva da solo


Asilo Mariuccia


Si continua nel salvataggio delle banche in dissesto con i nostri soldi. Decine di miliardi, a debito naturalmente. Soldi che poi si lesinano per molte altre cose. I responsabili della rapina sono ancora tutti a piede libero.

Dopo 10 mesi le macerie del terremoto sono ancora tutte lì, gli sfollati negli alberghi.

Se non piove è dramma, se piove per un paio d’ore è già tragedia. E quando nevica, fosse a Roma o nelle Marche, si tratta sempre di fenomeni “eccezionali”.

Domani saranno 37 anni dall’abbattimento dell’aereo di linea presso Ustica: “Alle nostre pressanti richieste gli uffici hanno risposto che non c'è ombra di documentazione alcuna e che non hanno neanche idea di dove dovrebbero essere i loro archivi”.

Si potrebbe continuare ad libitum, ma basta questo per darci un quadro di un paese disilluso e sfiancato, ma anche in tanta parte corresponsabile se non proprio complice di questo stato di cose. E però oggi è festa perché ieri ci sono stati i ballottaggi per le amministrative.

Il Pd ha perso persino a Trapani, dove correva da solo. Infatti, Girolamo Fazio, candidato ammesso al ballottaggio, si è ritirato dal secondo turno. L'unico candidato, Piero Savona, del Partito Democratico, sarebbe diventato sindaco se avesse raggiunto il 25% con un quorum di votanti almeno del 50%. L'affluenza però si è fermata al 26,75%, invalidando l'elezione. Il comune sarà commissariato.





sabato 24 giugno 2017

Il comunitarismo di Zizek


Mancano i fondamentali. Questo è il motivo per il quale si continua a dare credito a frasette come questa:

«i robot lavoreranno al posto vostro e lo Stato dovrà pagarvi il salario».

Questa previsione ha uno scopo ben preciso, quello di affermare che in futuro il capitalismo, per mezzo della tecnologia, avrà risolto le sue contraddizioni, la crisi e il conflitto sociale.

Scrive Slavoj Zizek, in questo articolo:

oggi l’unica vera domanda è questa: sosteniamo la predominante accettazione del capitalismo come fatto di natura (umana), o l’odierno capitalismo globale contiene antagonismi abbastanza forti da impedirne l’indefinita riproduzione? 

Zizek enumera “quattro antagonismi”: 1) I beni comuni della cultura; 2) I beni comuni della natura esterna, minacciata dall’inquinamento umano; 3) I beni comuni della natura interna (l’eredità biogenetica dell’umanità); 4) I beni comuni dell’umanità stessa, dello spazio condiviso sociale e politico: più globale diventa il capitalismo, più sorgono muri e apartheid.

Ebbene nessuno dei “quattro antagonismi” elencati da Zizek ha minimamente a che fare con gli antagonismi reali rilevati da Marx nell’analisi del modo di produzione capitalistico. Vale a dire che Zizek si pone come critico laterale del capitalismo, in buona sostanza come sodale della borghesia.

La critica laterale del capitalismo costituisce il difetto principale di tutti coloro che si ripromettono con magiche ricette di riformare questo sistema economico e sociale, oppure addirittura di reinventare il comunismo come fa Zizek, indicando i motivi della crisi del sistema in questa o quella causa, oppure in un insieme di cause che in realtà hanno solo una relazione parziale o addirittura apparente con il fallimento di questo sistema. Essi denunciano un circolo vizioso di  inefficienza e irrazionalità, di abusi e soprusi, che sono ben evidenti ma che sono solo gli effetti di una situazione nella quale agiscono ben altre leggi e contraddizioni. Ed è per tali ragioni che le loro proposte di cambiamento radicale, di stimolare l’economia e di dotare il sistema di nuove regole non producono alcun frutto o solo dei risultati limitati e in definitiva insufficienti. 

*
Domanda: avete mai visto una macchina, un qualunque oggetto, a qualunque livello di sofisticazione informatica e robotica, cambiare di per sé il proprio valore, ossia produrre di per sé del nuovo valore, del valore – come direbbero gli economisti liberali – aggiunto? Può cambiare il suo prezzo, ma non il suo valore. Nel processo produttivo, il valore del capitale costante (infrastrutture, macchinari, materie prime ed ausiliarie, ecc.) si conserva trasmettendosi al prodotto e cioè per riapparire soltanto nel valore dei prodotti senza aggiungervi alcunché.

Qualunque tipo di macchinario, fosse pure il più “intelligente” dei robot, agisce per intero come mezzo di lavoro, ma aggiunge valore al prodotto solo nella misura in cui il processo lavorativo lo svalorizza, una svalorizzazione che è determinata dal grado di logoramento del suo valore d’uso durante il processo lavorativo.

Oggi per produrre una qualsiasi merce è necessaria una quantità di lavoro vivo (cioè di lavoro immediato) molto inferiore rispetto al passato. Ciò è evidente a tutti qualora si consideri la massa di lavoro oggettivato che il lavoro vivo può mettere in moto. In altri termini, la quantità di prodotti disponibili non è determinata dalla quantità del lavoro erogato, ma dalla sua stessa forza produttiva. E tuttavia la premessa della produzione basata sul valore è e rimane la quantità di tempo di lavoro immediato, la quantità di lavoro impiegato, come fattore decisivo della produzione della ricchezza.

Solo il lavoro umano, in certe condizioni, può creare, nel corso del processo lavorativo, nuovo valore. Le macchine, invece, oltre a cedere progressivamente il proprio valore intrinseco ai prodotti, ossia svalorizzandosi esse stesse, non creano una stilla di nuovo valore.

Nella realtà concreta lo sviluppo della tecnologia permette, da un lato, un maggior grado di sfruttamento del lavoro e l’appropriazione del pluslavoro e del plusvalore, e dunque funziona come antagonista della caduta del saggio del profitto; tuttavia, dall’altro lato, l’impiegare, in proporzione al capitale anticipato, il minor lavoro possibile, fa in modo che le medesime cause che permettono di aumentare il grado di sfruttamento del lavoro impediscono che — impiegando lo stesso capitale complessivo — venga sfruttata la stessa quantità di lavoro di prima.

Questa dinamica, oggi alla luce del sole, mentre spinge verso un aumento del saggio del plusvalore, influisce al tempo stesso nel senso della diminuzione della massa del plusvalore prodotto da un capitale determinato e quindi nel senso della diminuzione del saggio del profitto. Pertanto, lo sviluppo tecnologico è tra le cause che in un primo tempo ostacolano ma in ultima analisi accelerano sempre la caduta del saggio del profitto. E ciò non è senza conseguenze decisive, specie nella fase attuale del capitalismo (*).

E dunque, cari feticisti del capitale, se non si vuole fin dapprincipio menar il can per l’aia, oggetto dell’indagine da cui bisogna necessariamente partire non è in sé e semplicemente lo sviluppo tecnologico, la sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine, ma l’indagare il rapporto tra sviluppo delle forze produttive e i rapporti sociali di produzione nel quadro dei reali antagonismi della dinamica capitalistica.

Qui non si tratta nemmeno di discutere come potrebbero le macchine lavorare al posto nostro e lo Stato pagarci il salario, ma di spiegare come risolvere una questione che sta a monte.

Per appropriarsi di quote maggiori di plusvalore i capitalisti devono costantemente aumentare la produttività del lavoro e dunque migliorare incessantemente il livello tecnico degli impianti e del macchinario. Ciò comporta la riduzione del numero di operai e addetti richiesti per la stessa quantità di produzione, e dunque un mutamento della composizione di valore del capitale, vale a dire un aumento progressivo del capitale costante (impianti, macchine, materie prime, ecc.) in rapporto a quello variabile (salari).

Per farla breve e tralasciando altre determinazioni pur essenziali: poiché l’unica fonte di valore, e quindi di plusvalore, è la forza-lavoro, la diminuzione relativa del capitale variabile in rapporto a quello costante implica che si giunga ad un punto del processo di accumulazione in cui il plusvalore prodotto è divenuto così piccolo, relativamente al capitale complessivo accumulato, che non è più sufficiente a valorizzare l’intero capitale, facendogli compiere il necessario salto di composizione organica.

In altri termini, è dimostrabile che non ogni quantità di profitto (plusvalore) può trasformarsi in un aumento dell’apparato tecnico di produzione: per l’espansione – qualitativa e quantitativa – della scala della produzione è necessaria infatti una quantità minima di capitale addizionale, quantità che nel processo di accumulazione diventa, a causa della crescita accelerata del capitale costante, sempre maggiore.

L’aumento della composizione organica del capitale è una tendenza necessaria allo sviluppo capitalistico e rappresenta la causa delle crisi che si manifesta palesemente nel fenomeno della sovrapproduzione (e folle finanziarizzazione) che investe la società capitalistica. Ciò vuol dire che l’accumulazione capitalistica è un processo gravido di crisi, anche se questo non significa che il crollo del sistema capitalistico debba sopravvenire “automaticamente”.

Questa è una reale contraddizione che agisce come legge immanente nel processo di accumulazione capitalistico, e non dunque le problematiche “antagonistiche” tirate in ballo da Zizek.

Pertanto, quando la produzione sarà largamente dominata dalle macchine, quando cioè la forza-lavoro, quale lavoro vivo, sarà ridotta a una parte trascurabile del capitale complessivo impiegato nella produzione, significherà che il modo di produzione capitalistico si sta estinguendo oppure sopravvive marginalmente e tende a scomparire. Una strada, a guardar bene, che abbiamo già imboccata!

Nella formazione sociale che andrà sviluppandosi e si sostituirà al capitalismo, la forma-valore cesserà di esistere, poiché essa assumerà un contenuto diverso da quello che le è proprio nel modo di produzione capitalistico. Con ciò si dimostra, ancora una volta, come le categorie economiche siano l’espressione di rapporti sociali di produzione storicamente determinati, tanto è vero che laddove la forma-valore sopravvive, ciò accade perché i rapporti di produzione effettivi, reali, che ne giustificano l’esistenza sono ancora di tipo capitalistico. Ed è ciò che è successo precisamente nei paesi cosiddetti comunisti: non per l’incapacità e la cattiveria di una qualche burocrazia di partito in particolare, ma perché erano ancora assenti le condizioni storiche oggettive indispensabili per tale trasformazione.

(*) In termini strettamente scientifici: la massa del plusvalore prodotta da un capitale determinato è il risultato della moltiplicazione del saggio del plusvalore per il numero degli operai occupati a quel determinato saggio. Essa dipende dunque, per un determinato saggio del plusvalore, dal numero degli operai e, per un determinato numero di operai, dal saggio del plusvalore, e, quindi, in genere, dal rapporto composto fra la grandezza assoluta del capitale variabile ed il saggio del plusvalore.

La curva di Adolf

Tv spazzatura


L'altra sera la Rai ha trasmesso la prima di due puntate dedicate alla figura di Adolf Hitler. Si comincia con Hitler, da bambino, accovacciato sul vasino mentre fa la cacca e la sua mamma che lo redarguisce. Segue commento in chiave (pseudo)psicanalitica. Poi, per le serie mitologica, si passa alle ricostruzioni filmate, laddove si vede una donna svestita su un letto con un frustino …. Non è irritante che il fenomeno Hitler venga trattato a questo modo, quanto che un periodo storico così drammatico venga ridotto a burlesque dalla tv pubblica con i nostri soldi. Si può star leggeri su taluni aspetti di un simile frangente storico senza per questo indulgere a cialtronerie.

Leggevo una frase di Stefano Rodotà: “C'è un impoverimento culturale che si fa sentire, la cattiva politica è figlia della cattiva cultura”. Non solo cattiva politica e cattiva cultura, è un sistema di corruzione, un modo di fare e falsificare che è diventato disgustoso e insopportabile. 

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venerdì 23 giugno 2017

In via d’estinzione




Bersani si è più volte dichiarato un autentico e cristallino liberale. Prima di essere deputato da quattro legislature e per una legislatura da parlamentare europeo, fu consigliere regionale, presidente di regione e presidente della conferenza delle regioni e delle province autonome, ministro dell'industria, poi dei trasporti e anche dello sviluppo economico. Infine segretario del Partito democratico. Al massimo promette un articolo 17 e mezzo poiché il ritorno a un 18 tondo non garantirebbe abbastanza il diritto liberale di succhiare il sangue ai salariati.

Di Pisapia si può dire che è un alto borghese meneghino che per un pezzo ha creduto o dava ad intendere d’essere comunista. Ha dovuto rinunciare, fin quando era sindaco con uno stipendio di 9.000 euro il mese, al vitalizio di 4.275 euro mensili quale ex parlamentare. Negli anni precedenti, come avvocato, portava a casa redditi compresi tra i seicentomila e gli ottocentomila euro.

È questo il ceppo della fungaia “de sinistra”.  Sono convinti che nessun’altra strada se non quella tracciata da loro avrebbe la minima influenza nella trasformazione di questo paese e del mondo. Non s’accorgono di essere in declino più ancora del sistema stesso che vorrebbero governare. Non siamo ad un passaggio d’epoca qualunque, siamo ad una cesura come nessun’altra nella storia, in bilico tra il cretacico e il paleogene.


Questi dinosauri non sanno far altro che parlarci di aspirine per una società in via d’estinzione.

giovedì 22 giugno 2017

Nella degradazione di tutte le cose esistenti



Mi piacerebbe leggere qualche tema della cosiddetta maturità, quei temi degli alunni che si sono cimentati seguendo la traccia sulle nuove tecnologie e lavoro, robotica e futuro. Per verificare se c’è anche un solo accenno a Marx, il quale sull’argomento mi pare che da qualche parte scrivesse qualcosina. E poi vorrei fare due chiacchiere con i loro insegnanti e chiedere, innanzitutto, il motivo fondamentale per il quale hanno scelto quel mestiere così avaro di soddisfazioni. Immagino già quali poesie di nuovo genere verrebbero recitate secondo i diversi talenti. Dite che ho scarsa considerazione degli insegnanti? Sì, ma ovviamente non nella loro totalità, bensì nella generalità dei casi. La scuola, nella degradazione di tutte le cose esistenti, gioca un ruolo che viene subito dopo lo spappolamento della famiglia. E dico ciò senza alcun personale risentimento, poiché non mi hanno mai “segato”. In alcune materie fu per merito e in un paio per aver raggiunto la sufficienza sul limite non avendo interesse in quelle di migliorarmi davvero. Senza stilare classifiche, resta un fatto che molti di noi sono venuti su da sé e hanno saputo farsi accettare anche senza aderire pedissequamente alle idee più convenzionali apprese a scuola.

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mercoledì 21 giugno 2017

Quell'anti-nazista di Erwin Rommel


Il mese scorso, nell'esercito tedesco (Bundeswehr), è stata scoperta una cellula terroristica di matrice neonazista. Per farvene un’idea in lingua italiana, leggete qui. La rete sembra più vasta di quella supposta in un primo momento. Ad ogni modo cito questo fatto quale cornice di un altro fatto che ha ad oggetto il quasi mitico feldmaresciallo Erwin Rommel.

Tutti sappiamo grossomodo chi fu Erwin Rommel, il suo ruolo, soprattutto nella guerra in Nord Africa e poi nel cosiddetto vallo atlantico, cioè a difesa dello sbarco degli alleati in Francia. Va notato che egli ebbe parte, in posizioni di rilievo, nella macchina da guerra nazista anche in altre tre campagne: in Polonia, in Francia e nel 1943 nell’occupazione dell’Italia, assumendo il comando del Heeresgruppe B operante nelle regioni settentrionali.

Diventò il più famoso “eroe di guerra” di Hitler, e proprio per tale motivo Rommel non fu solo ciò che scrivono le agiografie, e tantomeno fu un “eroe della resistenza” tedesca, così come sostiene l’attuale ministro della Difesa,  Frau Ursula Albrecht sposata von der Leyen.

martedì 20 giugno 2017

Peggio di così?



Quante balle ci hanno rifilato e alle quali in molti hanno creduto. A cominciare dalle cosiddette liberalizzazioni e privatizzazioni che avrebbero favorito la concorrenza e fatto diminuire le tariffe. E gli investitori che rifuggivano l’Italia per via dell’articolo 18, ricordate? Ora le tipologie contrattuali ci hanno riportato ad una schiavitù di cui s’era persa memoria. Spudoratamente hanno chiamato la cosa “a tutele crescenti”. C’è dell’allegria nel prenderci per il culo. E che dire delle pensioni? Cose da paura. E così per quanto riguarda tutto il resto. Basti pensare alle famose casette per i terremotati promesse entro natale (scorso) dal “mentitore seriale”.

E sullo smaltimento dei rifiuti? I termovalorizzatori uccidono, s’è gridato. Sì, quelli di quarant’anni fa. A Roma e da altre parti sono convinti di fare la raccolta differenziata.  Da quelle parti te lo dicono seriamente e francamente a me non va neanche di replicare. Quando sono a Roma faccio effettivamente la raccolta differenziata, se non altro per abitudine e praticità, poi scendo in strada e metto il tutto nei cassonetti! Peraltro scassati e immondi. Mettessero i romani per la loro città la stessa passione che dimostrano per il calcio e si stessero zitti, per vergogna.

E da vergognarci c’è anche qui da noi. Basta pensare al Mose di Venezia. Non mi riferisco solo alla solita corruzione. È un’opera inutile e, a mio avviso, anche pericolosa, che richiederà spese demenziali per la manutenzione. Peraltro non è ancora operativo. Uno dei motivi fondamentali – noto da più di mezzo secolo – dell’aumento del fenomeno dell’acqua alta è l’escavazione del cosiddetto canale dei petroli (ma non solo quel canale) per consentire alle petroliere di attraccare a Porto Marghera. Le barriere mobili del Mose, peraltro, è previsto che entrino in funzione solo quando la marea raggiunge un certo livello, vale a dire che l’acqua alta invaderà ugualmente tutta la parte più bassa della città, compresa la zona di Piazza san Marco. Decenni e miliardi buttati, anzi, rubati.


Un paese di mentitori seriali, d’ignoranti, di creduloni. Di gente che continua ad andare a votare perché sennò sarà peggio. Peggio di così?