Il suo
nome, Richard (Dick) Severin Fuld jr., immagino dica nulla a molti, presi come
siamo dalle altalenanti vicende politico giudiziarie della più insigne figura
di statista degli ultimi centocinquant’anni, e dal relativo iter procedurale –
a dir poco bizantino – di applicazione della legge 235/2012 nei suoi confronti.
Del resto poco c’importa anche del gorgo miliardario di Montepaschi, ma
lasciamo stare certi discorsi che sennò poi a qualche lettore viene la
depressione e potrei trovarmi in causa per danni esistenziali irreversibili.
Dick Fuld
all’età di 23 anni aveva tra le mani un B.A. (Bachelor of Art) e un B.S.(
Bachelor of Science) dell’università del Colorado, e poi anche un MBA (Master
of Business Administration) presso la Stern School of Business (che quanto a
classifica internazionale è un pelino “più meglio” della Bocconi). La sua
passione per il volo portò Dick a prestare servizio come allievo pilota presso
l’Air Force, ma a causa di uno scambio di vedute troppo vivace con il suo
comandante – come riferirà molto più tardi il NYT –, dovette lasciare l’ala e
dedicarsi a faccende più terrene. Come si suole dire, il destino (pardon, il
caso) è cieco ma quando si tratta di gente con il pedigree di Dick qualche
dubbio in proposito è lecito.
Ed infatti
Dick, con il suo blasone e il suo curriculum, trovò subito un posticino in una
delle più grandi banche d’affari degli Usa, perciò del mondo. Una banca d’affari
investe il proprio denaro e soprattutto quello altrui nel collocamento di
azioni e di obbligazioni in borsa, la specialità di Dick divenne nel tempo il
collocamento di pacchetti di mutui ipotecari (i famigerati mutui subprime).
Arrivare ad
essere number one di quella banca dev’essere stato duro. E lui, che prediligeva
nitide camice bianche e abiti scuri, tanto da creare uno stile a Wall Street,
un duro lo è stato veramente, tanto da meritarsi l’appellativo di "the
Gorilla" per il suo "take-no-prisoners manner of doing
business". Nel 1994 è diventato CEO della sua banca e ha concluso
importanti operazioni, tra le quali spicca quella di affrancamento della Lehman
Brothers – la sua banca – dall’American Express, la società che ha come logo un
gladiatore romano e che aveva acquisito la Lehman nel 1984.
Fuld divenne
così il CEO più longevo di Wall Street, inanellando 14 anni di fila di
successi, di utili stratosferici, tra cui 4,2 miliardi nel solo 2007! Il
settimanale finanziario Barron nel marzo 2008 lo inseriva nella lista dei 30
migliori amministratori delegati. Poi, come sempre avviene, all’improvviso
qualcosa cominciò ad andare storto.
In una
conferenza a giugno 2008, assicurava gli investitori che Lehman era in buona
forma nonostante i suoi 2,8 miliardi dollari di perdita nel secondo trimestre
dell’anno e il crollo del 60% del valore di Borsa della banca. Tuttavia, con
una perfetta faccia da trader, dichiarava – come riportato dal Financial Times
il 13 giugno 2008 – che presto nella Lehman Brothers sarebbe stati immessi da
investitori Usa 6 miliardi di dollari freschi.
«Lehman is
a dead bank walking» – scriveva sempre lo stesso articolo –, e ciò nonostante,
per mesi ancora, la Lehman Brothers riceveva la tripla A di rating da parte
delle ben note agenzie e continuava a piazzare titoli tossici in giro per il
mondo!
Era una
domenica pomeriggio a New York quando le autorità della Banca centrale e del
Tesoro americane, i capi delle grandi banche, le autorità britanniche, si
trovavano in conference call per negoziare il salvataggio di Lehman Brothers.
Dick Fuld non poteva credere che il governo non riuscisse a trovare un modo per
salvare Lehman dopo che aveva sostenuto JP Morgan Chase per l'acquisto di Bear Stearns
e finanziato un massiccio piano di salvataggio di American International Group.
Nel momento
in cui la Fed (Fuld faceva parte nel consiglio di amministrazione della Federal
Reserve Bank di New York) chiuse il rubinetto, Lehman restò a secco e fallì. Ma
non rimase a secco Dick Fuld, che aveva guadagnato 529 milioni di dollari. Quei
soldi sono ancora investiti, nessuno li ha congelati e Fuld non ha dovuto
sborsare un cent in risarcimento. In un'asta Fulds ha venduto una collezione di
disegni per 13,5 milioni, poi il suo appartamento di Park Avenue a New York
City, acquistato per 32 milioni dollari, e venduto per 25,87 milioni.
Nonostante
Fuld sia stato chiamato come imputato in più di 50 cause, molte delle quali per
frode, i procuratori americani pare non siano riusciti a trovare un aggancio
giuridico per farlo condannare. Il capo di Lehman in sostanza non ha
truffato, né ha commesso delle irregolarità, ha semplicemente preso dei «rischi
di mercato». Manco un’imputazione per negligenza, è stato solo azzardato, cosa
che, si sa, non costituisce reato.
Continua a
possedere una casa a Greenwich, Connecticut, una villa di 10.000 metri quadrati
a Jupiter Island, in Florida, acquistata nel 2004 per 13,75 mln di dollari. Il
10 novembre 2009, Fuld ha trasferito l’immobile a sua moglie, Kathleen Ann
Bailey, collezionista d’arte, per 100 dollari, mossa che ha fatto infuriare i
creditori del fallimento Lehman.
Le sue
giornate, scriveva il WSJ nel settembre 2009, iniziano con un lungo giro in
bicicletta o giocando a golf presso il Valley Club, un club privato a sette
miglia dal suo ranch a Sun Valley, Idaho. Fuld, a differenza di molti suoi ex
dipendenti e di milioni di persone ancora senza lavoro dopo il crollo
finanziario del 2008, vive comodamente e con molti soldi.
Al momento
del fallimento la leva finanziaria di Lehman era, secondo stime diverse, 1 a 30
oppure 1 a 40. A tutt’oggi, la situazione per quanto riguarda le banche non è
cambiata.
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